TERMOLI. Ogni anno, tra metà agosto e fine settembre, arriva puntuale il famigerato fermo biologico per la marineria adriatica, di cui Termoli fa parte.
Per 45 giorni le imbarcazioni restano ferme in porto e i lavoratori sono costretti a rimanere a casa, senza la possibilità di guadagnare per sostenere le proprie famiglie.In teoria, a compensare i mancati introiti dei motopescherecci dovrebbe intervenire lo Stato, attraverso un’integrazione economica, una sorta di “cassa integrazione” specifica per la categoria. Un sostegno che, almeno sulla carta, dovrebbe coprire questo mese e mezzo di stop forzato.
Ma, come denunciano gli stessi marittimi, da tre anni questi pagamenti arrivano con forti ritardi, trasformando un periodo già difficile in un vero e proprio problema sociale ed economico. A complicare ulteriormente la situazione ci sono poi le direttive europee, spesso percepite come lontane dalla realtà del settore.
Un esempio? Quella sulle dimensioni delle maglie delle reti da pesca: troppo piccole per consentire la fuga delle specie giovani o in fase di crescita, con conseguenze che, secondo gli operatori, rischiano di compromettere l’equilibrio stesso del mare.
Normative considerate “incomprensibili”, che unite ai ritardi dei sostegni economici, alimentano il malumore tra i pescatori. Abbiamo raccolto le voci di alcuni armatori e capitani di motopescherecci di Termoli, che ci hanno raccontato in prima persona le difficoltà di una categoria che da anni cerca di resistere tra sacrifici e incertezze.




