SAN GIULIANO DI PUGLIA. Ventitré anni dopo il crollo della scuola “Jovine”, San Giuliano di Puglia si stringe di nuovo attorno a un dolore che non passa. Alle 11:32, l’ora esatta in cui la tragedia ha spezzato 27 vite di bambini e la loro maestra, il paese si ferma. Le campane suonano a lutto, il vento muove le foglie, e tra il silenzio si sente solo il fruscio dei passi e qualche singhiozzo soffocato.
Le autorità civili e militari, i volontari, i rappresentanti dei comitati delle vittime di stragi e calamità, insieme a chi quel giorno c’era, si raccolgono al cimitero. Gli sguardi sono fissi, le mani si stringono: ventitré anni dopo, la memoria resta viva, dolorosa e fragile. Ogni nome pronunciato riecheggia nella mente dei presenti, e sembra che ogni passo del corteo sia un ponte tra passato e presente.
Il cammino dal cimitero al Parco della Memoria, costruito sulle macerie della scuola crollata, è lento e rispettoso. I giunchi artificiali che punteggiano i percorsi creano piccoli spazi di meditazione, dove il silenzio diventa parola e il ricordo si trasforma in sentimento condiviso. Le corone di fiori deposte intorno al pilastro della Jovine e tra le lapidi dei banchi non sono solo un omaggio: sono un gesto di presenza, di cura, di responsabilità verso chi non c’è più.
Non ci sono applausi, non ci sono discorsi pomposi. C’è il peso della memoria e la forza del silenzio. Bambini e ragazzi camminano insieme agli adulti, imparando che la memoria non è solo commemorazione, ma impegno quotidiano. Ogni passo, ogni fiore, ogni sguardo testimonia che la tragedia non è stata dimenticata e che il dolore può trasformarsi in consapevolezza e attenzione per il futuro.














