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domenica 16 Novembre 2025
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«Abbassate le armi, alzate i salari», l’arringa dell’Usb

TERMOLI. Per l’Usb, le manifestazioni degli scorsi 3-4 ottobre sono una spinta che viene dal basso. L’Usb nella lotta da anni: «Abbassate le armi, alzate i salari».

«Le mobilitazioni del 22 settembre e del 3 e 4 ottobre hanno segnato un punto di svolta: in decine di città, piazze, luoghi di lavoro, porti, scuole e università si è manifestata una geografia sociale ampia e composita. Giovani, lavoratrici e lavoratori, studenti, collettivi, associazioni, movimenti di solidarietà e organizzazioni sindacali hanno trovato finalmente un terreno comune: dire no alla guerra e sì alla giustizia sociale.

Questa nuova sensibilità condivisa non nasce oggi. L’Usb, insieme ai portuali e ai lavoratori dei settori strategici, è da anni in prima linea nel denunciare l’economia di guerra e il suo impatto devastante sulle condizioni di vita e di lavoro.

Lo slogan che oggi attraversa le piazze – “Abbassate le armi, alzate i salari” – è parte integrante delle nostre campagne da almeno tre anni, una parola d’ordine che unisce la lotta contro la guerra a quella per il salario, per il lavoro stabile, per i diritti.

Le giornate del 3 e 4 ottobre non sono un punto di arrivo, ma l’inizio di un processo di aggregazione reale e trasversale, che nei prossimi giorni troverà un momento di confronto e rilancio nell’assemblea convocata a Termoli e in altre città. Un’assemblea che vedrà la partecipazione di tutte le soggettività sociali e sindacali che hanno animato queste giornate, e nella quale USB porterà il proprio contributo.

A Termoli come a Melfi, Cassino, Pomigliano e in tutto il gruppo Stellantis, USB rappresenta lavoratrici e lavoratori che vivono sulla propria pelle le conseguenze delle riconversioni produttive orientate alla produzione militare. È proprio lì, nel cuore delle fabbriche e dei porti, che il sindacato deve esercitare il suo ruolo politico: difendere chi lavora e smascherare un sistema che toglie pane e diritti per finanziare armi e profitti.

USB accoglie con favore la nascita di una nuova sensibilità comune, ma rivendica la propria autonomia e coerenza: chi oggi scopre la parola “pace” dopo anni di silenzi e complicità con le politiche di guerra e di impoverimento non può e non deve mettere il cappello su un movimento che nasce dal basso.

Le piazze di questi giorni appartengono a chi lotta, non a chi governa o media.

USB continuerà a esserci – nei porti, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze – per costruire un fronte largo e indipendente contro la guerra, la precarietà e lo sfruttamento».