TERMOLI. Oggi, sabato 11 ottobre 2025, nella elegante cornice dell’Hotel Meridiano di Termoli, si è svolto il convegno dedicato al cinquantesimo anniversario (1975–2025) della Delegazione di Termoli dell’Accademia Italiana della Cucina (Aic).
L’evento, intitolato “L’Oro di Termoli – Cucina d’aMARE, Ieri, Oggi e Domani”, ha tracciato un percorso tra memoria, identità gastronomica e prospettive future, celebrando il ruolo di custode culturale che l’AIC ha assunto in Italia e nel Molise.
Il convegno è stato aperto da Italo Sciarretta, delegato AIC per Termoli, che ha offerto una testimonianza appassionata del legame tra la città adriatica e la sua tradizione culinaria. Sciarretta ha definito l’Accademia Italiana della Cucina come un baluardo a difesa dell’arte culinaria, una delle grandi realtà culturali italiane impegnate nella tutela del patrimonio gastronomico nazionale e locale. Nel suo excursus storico ha ricordato che la sera del 20 ottobre 1975, presso Torre Sinarca, si costituiva ufficialmente la Delegazione di Termoli, gettando un ponte tra le radici marinare della città e l’impegno accademico. Sciarretta ha sottolineato che, nel corso di mezzo secolo, essa ha svolto una missione costante di salvaguardia delle antiche ricette, del rapporto con il territorio e del dialogo intergenerazionale.
La moderazione dell’incontro è stata affidata a Giovanni Lombardi, vice delegato AIC per Termoli, che ha scandito i tempi del programma e introdotto i vari relatori Accompagnando le parole con suono e atmosfera, la voce profonda di Nicola Palladino, con la sua chitarra, ha dato corpo e sentimento alle memorie evocative: citazioni tratte da libri, suggestioni poetiche e immagini della terra molisana sono state offerte come un dono agli ascoltatori, inserendosi con naturalezza nel racconto del convegno.
La professoressa e accademica Fernanda Pugliese, membro del Centro Studi AIC Molise, ha condiviso pagine ispirate dallo scrittore Elio D’Ascenzo, in particolare dal suo libro “La buca dei pesci”. Nel suo intervento, Pugliese ha evidenziato Termoli come “città di mare, città ancora sommersa”: un luogo che custodisce sotto le sue acque antiche tracce, ritrovamenti archeologici e memorie di popoli che hanno attraversato la costa. Alcuni di questi reperti, ha ricordato, sono oggi custoditi presso l’Istituto Alberghiero di Termoli, a testimonianza del legame tra storia, territorio e formazione enogastronomica locale.
Il riferimento regionale FedAgriPesca Molise, Domenico Guidotti, ha spostato il discorso sul versante delle risorse marine e della pesca: dalle tecniche tradizionali all’evoluzione moderna, passando per la stagionalità del pescato.
Ha dipinto Termoli come comunità marinara per eccellenza, ricordando che, ancora prima degli anni ’30, l’attività di pesca era il fulcro della sussistenza locale: si lavorava da metà marzo a fine ottobre, per 16–17 giorni al mese, con produzioni che arrivavano a 70 kg giornalieri. Guidotti ha invitato a considerare questo patrimonio come un’eredità da custodire, non come un residuo nostalgico.
Lo storico e giornalista Giovanni De Fanis ha ricostruito la trasformazione del mondo della pesca e della marineria locale, spiegando il passaggio dalle paranze tradizionali (“barche a remi”) ai motopescherecci moderni. In questo racconto, Termoli diventa paradigma di un mutamento culturale e produttivo, ma anche esempio di adattamento e resilienza.
Il giornalista e scrittore Antonio D’Ambrosio ha preso la parola con un intervento titolato “Rosso Triglia”, una riflessione poetico-gastronomica sul mare, il pescato e il colore del figlio del mare – la triglia rossa – come simbolo di continuità tra l’elemento marino e la tavola.
Il professor Giampaolo Colavita, membro del Consiglio Scientifico Nazionale (CSN) dell’AIC, ha affrontato il legame tra materia prima, scienza e cucina, concentrandosi su come il pesce – uomo, acqua e ambiente – si trasformi fino ad arrivare alla tavola. Ha illustrato i profili nutrizionali del pescato locale, le criticità igienico-alimentari e le migliori pratiche in cucina che garantiscono qualità, gusto e salute.
Lo chef executive e presidente dell’Unione Cuochi Regione Molise, Massimo Talia, ha sottolineato l’importanza del ricettario tradizionale come patrimonio vivo: ogni pietanza custodisce storie, saperi e identità. Ha richiamato l’urgenza, in un tempo di globalizzazione gustativa, di proteggere le ricette locali dal rischio di scomparsa, promuovendone un uso consapevole e contemporaneo. Ha mostrato alcune ricette tipiche del comprensorio, enfatizzando la semplicità, la stagionalità e il valore degli ingredienti marinari, ma anche la possibilità di reinterpretarli in chiave innovativa.
L’accademico e consulente della delegazione di Termoli, Pasquale Marino, ha proposto al pubblico una lettura dedicata a “U’ Vredett” di Raffaello D’Andrea, interpretando il brano come metafora della ricchezza identitaria della lingua, del gusto e del legame con la terra: un richiamo poetico a custodire anche il parlato, la memoria orale e l’attitudine a sentirsi cittadini del mare.
Il convegno si è chiuso con le considerazioni finali di Norberto Lombardi, accademico e direttore del Centro Studi Aic Molise. Lombardi ha sintetizzato il senso profondo della giornata: un tuffo tra passato, presente e futuro. Tradizione e innovazione vanno oggi a braccetto, intrecciando mare e cucina, cultura e lavoro.
Ha invitato i presenti – cittadini, operatori della ristorazione, studenti, appassionati – a farsi custodi attivi di questo patrimonio: non solo ricordare da dove proveniamo, ma progredire con consapevolezza. La memoria storica non è un peso, bensì una guida per progettare modalità nuove di raccontare e consumare le ricette del territorio.
Così si è conclusa una giornata bella e propositiva: un momento collettivo di orgoglio per Termoli, per la sua comunità e un atto di fiducia per le generazioni future. In un tempo in cui tutto tende a omologarsi, restare fedeli al gusto locale, al linguaggio del mare e all’equilibrio dei sapori significa riaffermare un’identità da preservare, reinventare e condividere.
Angelica Silvestri









