TERMOLI. Ha preso il via, presso la sala Ecclesia Mater nella sede della Curia Vescovile di Termoli, la quarta edizione dei corsi di formazione politica promossi dall’Associazione Culturale “Girolamo La Penna”, diretta dall’ingegner Nicola Felice, curatore del corso e consigliere comunale.
Gli incontri si terranno ogni sabato, dalle ore 9.30 alle 11.30, dal 18 ottobre al 21 febbraio. Anche in questa edizione, il programma prevede la partecipazione di relatori di primo piano nei rispettivi ambiti, chiamati ad approfondire temi di grande attualità e interesse.
Il primo appuntamento si è aperto con un ospite d’eccezione: il professor Roberto D’Alimonte, docente di Sistema Politico Italiano alla Luiss Guido Carli di Roma. Già visiting professor presso le università di Yale e Stanford (2001-2002), ha insegnato anche alla Stanford Graduate School of Business. Fondatore nel 2005 del Centro Italiano Studi Elettorali (CISE), che ha diretto fino al 2018, collabora stabilmente con Il Sole 24 Ore. Dal 2014 al 2017 ha ricoperto l’incarico di direttore del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss. Considerato il “padre dell’Italicum”, la legge elettorale approvata nel 2016 sotto il governo Renzi, D’Alimonte ha inaugurato il ciclo di incontri con un intervento di grande spessore sul tema: “I rapporti Stati Uniti – Europa prima e dopo Trump”.
Come da tradizione, il saluto iniziale è stato affidato al professor Giovanni Di Giandomenico, direttore del corso. Anche in questa occasione, la sala si è presentata gremita, a testimonianza del crescente interesse che i corsi continuano a suscitare.
Al debutto presenti anche il sindaco, Nico Balice, e il vescovo Claudio Palumbo, padrone di casa.
L’INTERVISTA AL PROFESSOR ROBERTO D’ALIMONTE
Quanto l’esperienza Trump ha modificato in modo strutturale — e non solo temporaneo — il legame storico tra le due sponde dell’Atlantico?
«È cambiato tutto. Esiste un rapporto prima di Trump e un nuovo tipo di rapporto dopo Trump. Con lui è stata messa in discussione una politica americana di sostegno all’Europa, sia dal punto di vista economico che da quello della sicurezza. Oggi noi europei non possiamo più contare, come in passato, sull’appoggio incondizionato degli Stati Uniti. Lo abbiamo visto sul piano commerciale — basti pensare ai dazi — e lo vediamo sul piano della sicurezza, dove l’America non è più disposta a garantire la difesa europea come faceva un tempo. Ci chiede un maggiore impegno. Dobbiamo spendere di più per la difesa».
L’Europa deve ripensare il proprio ruolo?
«Assolutamente sì. Dobbiamo chiederci come renderci meno dipendenti dagli Stati Uniti. È una sfida enorme. Si parla molto di autonomia strategica europea, ma di fatto continuiamo a dipendere dagli americani, soprattutto sul piano militare. La vera domanda è: potrà mai esistere una politica estera europea davvero indipendente? Io spero che l’esperienza Trump sia l’occasione per ripensare al nostro futuro in termini di sicurezza. Non credo che vogliamo continuare a dipendere dalla volontà degli elettori americani. Dobbiamo cercare di diventare autonomi. Serve investire di più nella difesa, coordinare meglio le politiche europee in materia di sicurezza. È una discussione che va affrontata seriamente, ma ci vorrà tempo. Non è un obiettivo che possiamo raggiungere in pochi anni. La mia speranza è che il disimpegno americano dall’Europa sia graduale, così da darci il tempo necessario per costruire una vera difesa europea».
Michele Trombetta





 
				 
				 
															
