TAVENNA. Ottantadue anni dopo l’eccidio nazista del 13 ottobre 1943, la comunità di Tavenna si è raccolta questa mattina in un momento di profonda memoria civile e religiosa per ricordare il carabiniere ausiliario Vincenzo Simone, il civile Giuseppe Di Lena e il carabiniere Giovanni Iuliano, unico sopravvissuto a quella tragica sera.
La commemorazione si è svolta presso la lapide che sorge nei pressi del luogo dell’eccidio, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose, dei rappresentanti dell’Anpi, delle scolaresche e di numerosi cittadini. Diversi i sindaci o loro rappresentanti presenti, oltre a Paolo Cirulli, primo cittadino tavennese.
La cerimonia si è aperta con la deposizione di una corona d’alloro e la benedizione impartita dai parroci don Michele Di Leo, il cappellano militare e don Luigi Mastrodomenico. Un momento di raccoglimento intenso, accompagnato dalla lettura di pagine tratte dal diario di Iuliano, che ricostruiscono l’efferata esecuzione dei due compagni e la sua miracolosa fuga attraverso un canneto.
Fu proprio quel diario, scritto anni dopo, a tramandare la memoria di un episodio che ancora oggi scuote la coscienza collettiva. Colpito alla gamba, il giovane carabiniere riuscì a salvarsi fingendosi morto e rifugiandosi tra la vegetazione. Otto anni dopo, emigrato in Germania, avrebbe rivisto il soldato tedesco che gli risparmiò la vita. “Io non ho sparato”, gli disse l’uomo in un bar di Stoccarda. Un incontro che racchiude tutta la complessità del destino e la possibilità del perdono.
Nel suo intervento, il generale di brigata Gianluca Feroce, comandante della Legione Carabinieri Abruzzo e Molise, ha ricordato come l’eccidio di Tavenna rappresenti uno dei tanti crimini compiuti dalle truppe tedesche in ritirata dopo l’8 settembre 1943.
«In tutta Italia – ha detto – i carabinieri furono fucilati, torturati, deportati perché restarono al fianco della popolazione. Non combatterono con le armi, ma con la fedeltà al giuramento e con il coraggio morale di proteggere i civili. È nostro dovere onorarne il nome e trasmettere ai giovani il valore di quel sacrificio».
Il generale ha voluto rivolgersi direttamente agli studenti presenti: «Ricordare serve a mantenere viva la memoria, ma anche a capire che la pace si difende con l’integrità morale, con il rispetto delle leggi e con la conoscenza della storia».
Ha poi richiamato il valore dell’Arma come “presidio di umanità” anche nei momenti più bui, citando l’esempio di Salvo D’Acquisto e di tanti altri militari che pagarono con la vita la loro fedeltà allo Stato e al popolo.
È seguito l’intervento del presidente regionale dell’Anpi, Sergio Sorella, che ha ribadito l’importanza della memoria come fondamento della democrazia.
Tra le autorità intervenute anche il presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, che ha sottolineato il valore collettivo della memoria e la necessità di tramandarla alle nuove generazioni.
«Siamo qui – ha detto – per ricordare il sacrificio di uomini che, senza colpa, divennero vittime della barbarie nazista. La loro storia appartiene non solo a Tavenna ma a tutto il Molise e all’Italia intera. La memoria è un bene comune, e custodirla è un dovere civico che ci rende comunità».
Roberti ha poi rimarcato come la pace non sia un’eredità acquisita una volta per tutte: «Viviamo un tempo in cui la guerra torna a insanguinare il mondo. Per questo il ricordo di quegli anni deve spingerci a difendere ogni giorno i valori della democrazia, della libertà e del rispetto umano. Solo così potremo evitare che il passato si ripeta».
«Viviamo un tempo – ha detto – in cui la memoria rischia di affievolirsi. Non possiamo dare per scontata la libertà che è stata conquistata con il sacrificio di giovani come quelli che oggi ricordiamo. Dobbiamo continuare a presidiare i luoghi e i valori della nostra storia, perché tornare indietro è sempre possibile». Sorella ha ricordato come la Costituzione italiana, e in particolare l’articolo 3, sia il punto di riferimento per ogni cittadino impegnato: «L’uguaglianza non è solo formale, ma sostanziale: spetta alla Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono a ciascuno di vivere con dignità. E questo è un compito che ci riguarda tutti».
Un appello, dunque, alla partecipazione e all’impegno civile, soprattutto in un momento storico segnato da conflitti e da una crescente disaffezione politica.
A concludere la cerimonia è stato il sindaco di Tavenna, Paolo Cirulli, che ha rivolto un pensiero commosso ai familiari delle vittime e un messaggio di speranza ai più giovani:
«Oggi celebriamo non solo il sacrificio di due uomini, ma il coraggio di un popolo che non si piegò alla violenza. Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro. Vi ringrazio, bambini e ragazzi, per la vostra presenza: portate con voi questo ricordo come insegnamento e promessa che mai più si ripeta tanta sofferenza».
Il primo cittadino ha poi invitato a riflettere sull’attualità del messaggio di pace: «La guerra non fa vincitori – ha detto – crea solo dolore. Pensiamo ai bambini che oggi soffrono nei conflitti in corso: la guerra la decidono in pochi, ma la pagano tutti».
Un passaggio è stato dedicato anche al valore delle forze dell’ordine: «Quando vedete una divisa, portatele rispetto. Quelle persone sono i nostri angeli custodi, lavorano per la sicurezza e la serenità di tutti. Molti di loro hanno dato la vita per garantire la libertà che oggi viviamo».
La commemorazione si è chiusa con un momento di silenzio e con l’invito, condiviso da tutti gli intervenuti, a fare della memoria non un rito, ma un impegno quotidiano.
L’eccidio di Tavenna resta una ferita nella storia del Molise, ma anche un segno di resilienza e di dignità.
Nel luogo dove la violenza tentò di cancellare la speranza, oggi risuonano le voci dei bambini, i canti delle scuole, e le parole di chi crede che ricordare non sia solo un dovere verso il passato, ma un investimento per il futuro.
Emanuele Bracone

