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lunedì 17 Novembre 2025
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Il respiro degli olivi: il rito antico che torna a vivere in Molise

TERMOLI. All’alba, quando la luce filtra tra i rami d’argento e l’aria porta ancora l’odore della terra umida, c’è chi si sveglia non per dovere, ma per fedeltà. In Molise, ogni autunno, il rito millenario della raccolta delle olive si ripete, e con esso si rinnova un legame che unisce la terra alla memoria, la fatica al benessere, la mano dell’uomo alla sapienza del tempo.

Sono sempre più i giovani che, pur facendo tutt’altro nella vita — insegnanti, psicologi, ingegneri, artisti, studenti — sospendono per giorni il ritmo moderno per tornare tra gli ulivi. Non lo fanno per mestiere, ma per appartenenza. Indossano guanti e giacche, e all’alba si dirigono verso il campo: chi impugna l’abbacchiatore, chi stende le reti, chi riempie e svuota cassette, chi, al tramonto, carica tutto e corre al frantoio per la molitura in giornata.

È un gesto antico, quasi sacro, che affonda le radici nella cultura contadina mediterranea e si trasmette come un’eredità di cura e responsabilità.

L’olio extravergine che ne nasce è molto più di un alimento: è un racconto liquido di storia e di salute, il risultato di una conoscenza tramandata e custodita. Dietro ogni goccia dorata c’è la precisione di un’arte e il rispetto per l’equilibrio naturale. Il raccolto immediatamente molito non solo garantisce la qualità, ma racchiude in sé la promessa di autenticità, Km 0, territorio e benessere.

Oggi l’olivicoltore non è soltanto un produttore: è un testimone. È il garante di una cultura millenaria che ha insegnato all’uomo la lentezza, la pazienza, l’attesa. È colui che tiene viva la memoria del paesaggio, che si piega al ritmo delle stagioni e restituisce valore alla terra.

Ogni olivo curvato dal tempo, ogni tronco a spirale, parla di resistenza, adattamento e continuità. Come se la pianta stessa avesse imparato a danzare col vento e col sole, conservando nel legno la mappa invisibile della vita che attraversa i secoli.

In un mondo che corre, tornare tra gli ulivi è un atto di riappropriazione del senso.
È scegliere la concretezza di un gesto lento contro la dispersione digitale, la comunità contro l’individualismo, la radice contro lo sradicamento.
È ricordare che il benessere non nasce dal consumo, ma dalla relazione — con la natura, con gli altri, con se stessi.

E così, in ogni goccia di olio Evo molisano, c’è un piccolo miracolo contemporaneo: la sintesi di scienza, memoria e cura, la prova che il futuro più sostenibile è spesso quello che profuma di passato.