GUGLIONESI. Ogni anno, il 2 novembre, ci fermiamo. Ci fermiamo per un gesto semplice e profondo: ricordare. Ricordare chi ci ha preceduto, chi ha percorso una parte della vita con noi e poi se n’è andato, lasciando un vuoto silenzioso e al tempo stesso, un’eredità d’amore, di gesti, di memoria.
La commemorazione dei defunti non è solo un atto di pietà o un rituale formale: è un richiamo alla nostra umanità, al legame che attraversa tempo e spazio. È riconoscere che chi non c’è più vive ancora nelle nostre parole, nelle nostre abitudini, nei nostri pensieri. Come scrivevano gli antichi: «non sono morti, se vivono nel ricordo».
La bellezza del ricordo
Nel nostro paese, la tradizione trova forme delicate e toccanti: si portano fiori freschi sulle tombe, si accendono lumini che nella sera spingono indietro l’ombra del tempo. Si lasciano segni tangibili: un gesto, un fiore, una candela. Non per trattenere ciò che è andato via — ma per portarlo con noi, con il sorriso e forse anche con la lacrima.
In molte case si mantiene viva l’usanza di lasciare un lume acceso o un piccolo pensiero per chi non c’è più. Gesti semplici, che ci parlano di speranza: che nulla della vita vissuta venga disperso, che ogni amore conservi la sua traccia.
La morte come maestra di vita
Parlare di morte non è tristezza fine a se stessa. È anche guardare con occhi nuovi la vita: quanto è breve, quanto è fragile, quanto è preziosa. In questo giorno ci ricordiamo che la perdita ci insegna l’amore, la cura, l’attenzione, per le persone che sono ancora qui, e per quelle che sono andate avanti.
La ricorrenza ci invita alla speranza: non come fuga dalla realtà, ma come lente che ci permette di vedere oltre. Oltre il tempo, oltre il silenzio. È il momento in cui sentiamo che chi ci ha lasciato continua ad accompagnarci, in un modo che non si può spiegare, ma solo sentire.
Cosa possiamo fare oggi
- Prenditi un momento: visita il cimitero, oppure accendi una candela in casa, davanti a una foto.
- Racconta: pronuncia il nome di chi non c’è più, ricordane i gesti, le parole, i sorrisi.
- Condividi: parla con qualcuno, ascolta i suoi ricordi. La memoria diventa comunità, non solitudine.
- Vivi: lascia che questo giorno non sia solo ricordo, ma seme per il futuro. Per vivere con più presenza, più gentilezza, più amore.
Un messaggio di speranza
Sì, le tombe restano silenziose, i luoghi del distacco sono reali. Ma in quel silenzio vive un grido: «Ricordami». E in quel grido c’è la forza più grande: che l’amore non muore, che la memoria non svanisce, che ogni tramonto illumina il cammino di domani.
In questo 2 novembre, lasciamo che la commemorazione dei defunti sia più che un rito: diventi un abbraccio, verso chi è andato, verso chi resta, verso la vita che ci è donata. Perché ricordare è vivere ancora, insieme.
Alberta Zulli


