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domenica 16 Novembre 2025
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Il Molise e il mare che cambia: la sfida invisibile della costa più fragile d’Italia

TERMOLI. Poche decine di chilometri di costa, ma una concentrazione di criticità tra le più alte del Paese. Nel XVII Rapporto della Società Geografica Italiana – intitolato “Paesaggi sommersi. Geografie della crisi climatica nei territori costieri italiani” – il Molise emerge come un piccolo laboratorio di tutte le contraddizioni che attraversano oggi l’Italia costiera: consumo di suolo, rigidità delle difese, erosione, mareggiate sempre più violente e un fragile equilibrio tra sviluppo e natura.

Con i suoi 35 chilometri di litorale adriatico, la regione più piccola del Sud concentra infatti una delle percentuali più alte di costa protetta da barriere artificiali: il 65,9%, secondo i dati riportati nel Rapporto, un valore superato soltanto dalle Marche (67,4%). Scogliere, pennelli e frangiflutti si alternano senza soluzione di continuità lungo gran parte del litorale, in particolare tra Termoli, Petacciato e Campomarino, modificando profondamente la morfologia originaria delle spiagge e del mare.

Una difesa che diventa trappola

Il Rapporto, curato da Filippo Celata e Stefano Soriani, parla chiaramente di un “paradosso molisano”: un territorio che ha reagito all’erosione e all’avanzata del mare costruendo opere rigide, ma che proprio per questo ha finito per amplificare la propria vulnerabilità. Le scogliere e i pennelli, concepiti per difendere brevi tratti di costa, alterano infatti il naturale trasporto dei sedimenti: la sabbia si accumula dove le barriere assorbono la forza delle onde, mentre poco più in là le spiagge continuano a erodersi.

È il meccanismo che da anni si osserva a Rio Vivo, al lido di Campomarino e nella zona di Petacciato Marina, dove le mareggiate cancellano metri di spiaggia in una sola notte. Un fenomeno aggravato dalla subsidenza naturale del suolo, dalla diminuzione degli apporti fluviali del Biferno e del Trigno e dal progressivo innalzamento del livello del mare. “Difendersi dal mare costruendo nuove opere rigide – scrivono gli autori – rischia di essere una strategia letteralmente suicida”.

Il porto e la linea del rischio

Termoli è al centro di questo delicato equilibrio. Il suo porto – infrastruttura strategica per la pesca e per i collegamenti con le Tremiti – rappresenta oggi uno dei punti più sensibili del litorale. Il continuo insabbiamento dei fondali, la variazione delle correnti e la necessità di dragaggi frequenti ne testimoniano la fragilità.
Non si tratta però di un caso isolato. Secondo le elaborazioni contenute nel Rapporto, la piana costiera tra Termoli e Campomarino rientra tra le aree italiane che, entro il 2100, potrebbero trovarsi in parte stabilmente sommerse o soggette a inondazioni periodiche, se non verranno adottate misure di adattamento. In uno scenario climatico pessimistico, la risalita del mare e la perdita di sedimenti potrebbero interessare anche infrastrutture chiave come la ferrovia adriatica e la statale 16, situate a quote inferiori ai due metri sul livello del mare.

Una costa che cambia pelle

Il Molise, secondo il Rapporto, paga il prezzo di una “marittimizzazione” recente e disordinata. Fino agli anni Cinquanta il litorale era pressoché intatto: dune, zone umide e macchia mediterranea si alternavano a piccoli insediamenti e porticcioli. L’espansione turistica del dopoguerra ha cancellato gran parte di quel paesaggio, sostituito da una linea artificiale di moli, strade e stabilimenti balneari.
“Il risultato – si legge – è un territorio rigido, impermeabile, sempre più dipendente da manutenzioni costose e da interventi di emergenza.” Ogni estate, per garantire l’apertura della stagione balneare, vengono effettuati costosi ripascimenti con sabbia di cava o marina, un’operazione temporanea che non risolve il problema e anzi, in alcuni casi, lo accentua.

Nel frattempo, la salinizzazione dei suoli agricoli lungo la costa avanza. Le aree alla foce del Biferno, un tempo fertile cerniera tra agricoltura e mare, mostrano già segni di degrado. La risalita del cuneo salino, unita alla scarsità d’acqua dolce, minaccia non solo la produzione agricola ma anche gli ecosistemi retrodunali, ridotti a lembi di vegetazione sopravvissuta.

Il turismo di fronte alla crisi climatica

Il turismo balneare, risorsa economica ma anche fattore di pressione, è un altro nodo che il Molise dovrà affrontare. Il Rapporto 2025 ricorda come l’industria turistica costiera italiana sia tra le più esposte agli effetti del cambiamento climatico, e cita la costa molisana tra le aree dove la perdita potenziale di spiagge potrebbe raggiungere il 40-45% entro fine secolo.
Eppure, la risposta del sistema locale continua a essere difensiva. Gli autori parlano di una “politica del rattoppo”: ogni mareggiata genera nuove opere, ogni stagione balneare nuovi cantieri, senza una visione d’insieme. Manca, scrive la Società Geografica, “una vera pianificazione integrata del litorale molisano, capace di conciliare tutela ambientale, economia turistica e adattamento climatico”.

Il rischio, sottolineano i ricercatori, è quello di un mare sempre più distante dalla sua gente: protetto da scogliere, delimitato da muri e strade, reso inaccessibile proprio nel momento in cui il cambiamento climatico impone di ristabilire un rapporto più naturale con esso.

Dalle barriere alla natura: un nuovo paradigma

Il Molise, spiegano Celata e Soriani, potrebbe però trasformare la sua fragilità in opportunità. La limitata estensione costiera, la bassa densità abitativa e la presenza di tratti ancora semi-naturali consentono di sperimentare forme innovative di gestione basata sulla natura: arretramenti gestiti, rinaturalizzazione di aree depresse, ricostruzione di dune e sistemi di difesa vegetale.
Sono soluzioni già adottate in altri Paesi europei e che il Rapporto invita ad avviare anche in Italia, partendo proprio da regioni come il Molise, dove le dimensioni ridotte rendono più praticabile una riconversione ecologica dei litorali.

Ma la transizione non può essere solo tecnica. Serve, sottolineano gli autori, “una governance nuova, capace di integrare conoscenze scientifiche, pianificazione territoriale e partecipazione delle comunità locali”. Un passaggio che nel Molise potrebbe essere favorito dal radicamento delle comunità costiere, dove il rapporto con il mare resta elemento identitario.

L’appello: conoscenza, coordinamento, responsabilità

Il Rapporto dedica ampio spazio alle lacune della governance costiera italiana, e il Molise ne rappresenta un esempio lampante. Gli strumenti di pianificazione sono frammentati, le competenze divise tra Regione, Comuni e Autorità di Bacino, i dati di monitoraggio spesso incompleti o disomogenei.
Per affrontare la crisi climatica, la Società Geografica Italiana propone un approccio multilivello che unisca conoscenza scientifica, programmazione urbanistica e partecipazione civica. “Non possiamo più considerare la costa come un margine – si legge – ma come un sistema vitale, dove la crisi climatica tocca insieme ambiente, economia, sicurezza e cultura.”

In Molise, questo significa costruire una visione territoriale di lungo periodo che metta in relazione porto, turismo, agricoltura, infrastrutture e paesaggio, superando la logica degli interventi emergenziali.

Un futuro ancora possibile

Se l’Italia del futuro dovrà misurarsi con l’innalzamento dei mari e con la riconfigurazione dei suoi litorali, il Molise sarà una delle prime cartine di tornasole. Piccola e periferica, ma paradigmatica: un territorio dove ogni metro di costa racconta una scelta, un conflitto, una possibilità.
Il Rapporto 2025 lo dice con chiarezza: “Non si tratta solo di difendere la linea di costa, ma di immaginare nuove forme di convivenza tra l’uomo e il mare”.

Per il Molise, questa convivenza significa ripensare la propria identità costiera, non come frontiera da proteggere ma come paesaggio da rigenerare, trasformando la fragilità in consapevolezza e la vulnerabilità in occasione.

Perché se il mare avanza – avverte la Società Geografica Italiana – non è solo la sabbia a scomparire, ma un modo di abitare, di vivere, di pensare il territorio. E in quella sottile linea tra terra e acqua, il Molise gioca oggi la sua partita più grande: imparare a cambiare prima che sia il mare a farlo al suo posto.

Emanuele Bracone