mercoledì 5 Febbraio 2025
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Lavoro agricolo nel Molise, Pcl: «Regolarizzare gli immigrati»

CAMPOBASSO. «Anche nel Molise è essenziale evitare la perdita dei raccolti agricoli, ma solo ora ci si accorge di quanto siano indispensabili gli immigrati, visto che senza di loro adesso si grida all’allarme».

E’ il pensiero del Partito comunista dei lavoratori, che chiede la regolarizzazione dei migranti.

«Ed infatti, anche nel Molise il lavoro agricolo risente del blocco delle frontiere che ha tolto molti lavoratori al settore: la Coldiretti lamenta una mancanza di 200.000 lavoratori agricoli che “minaccia la raccolta primaverile ed estiva” .

Ovviamente è giustissimo e necessario colmare il vuoto, ma non di certo con la proposta antioperaia della Coldiretti, che fa presentare a “propri” parlamentari di Forza Italia e Italia Viva la proposta di un voucher semplificato per l’agricoltura che consentirebbe ai padroni una precarizzazione estrema del lavoro agricolo, senza controlli, senza tracciature, largamente in nero, secondo la peggiore ideologia del capitale e del profitto.

Ed anzi al contrario, mai come ora, la migliore risposta per evitare la perdita dei raccolti, è la regolarizzazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori immigrati, fermo restando che essa è una priorità in ogni caso, tanto più in piena epidemia; una regolarizzazione immediata e incondizionata che consenta agli immigrati, anche nel Molise ed a partire dal settore agricolo, di godere delle tutele previste per tutti i lavoratori dipendenti. Lo hanno fatto in Portogallo, va fatto anche in Italia.

La rivendicazione avanzata dalla Flai-Cgil è da questo punto di vista giustissima. E tuttavia è necessario combinarla, anche nel Molise, con la battaglia per condizioni di vita e di lavoro realmente degne di ogni essere umano: via i voucher e via ogni forma di precarizzazione del lavoro. A parità di lavoro, parità di diritti e di salario. Tanto più in tempo di coronavirus.

Non ci riferiamo solo ai migranti reclusi nei lager libici, ma agli immigrati che stanno qui, e che qui lavorano per 10 o 12 ore al giorno nei campi di raccolta dei pomodori come ad esempio del foggiano, di Gioia Tauro o di Rosarno. Quelli che reggono sulla propria schiena, con paghe da fame, larga parte della filiera alimentare. A decine di migliaia sono privi di permesso di soggiorno o hanno un permesso di soggiorno scaduto senza la possibilità di rinnovarlo, ombre che spesso si aggirano in cerca di cibo, e che vengono multati dalla polizia per trasgressione del divieto di circolazione. Persone costrette ad ammassarsi nella notte in ghetti fatiscenti e baracche di amianto, senza possibilità di distanziamento e di disinfettanti, non di rado senza acqua e senza bagni.

E ricordiamo nel Molise la emblematica tragedia di Georghe Radu il bracciante super sfruttato e vilmente abbandonato morto a Campomarino.

Mai come ora, anche nel Molise, la ripresa del lavoro agricolo si connette al principio dell’uguaglianza sociale e della solidarietà di classe che sono nati col movimento operaio. In tempi di coronavirus è ancora più importante di ieri. E la lotta per l’abolizione del precariato in ogni sua forma è necessariamente la lotta del lavoratori italiani e migranti uniti in un tutt’uno.

La frontiera non passa per il colore della pelle, ma tra chi sfrutta e chi è sfruttato.

E i padroni sono ovunque gli stessi, anche quando sono tricolori.