TERMOLI. In un’estate così torrida richiamare alla mente la disastrosa alluvione del 2003 potrebbe apparire fuori luogo, ma quanto sta avvenendo dentro e fuori lo stabilimento Stellantis di Termoli, per chi come noi ha vissuto le dinamiche politiche, sindacali, industriali e relazionali degli ultimi 5 lustri (dal 2001 almeno), pone un bivio come avvenne allora.
Il contesto era realmente drammatico, un’azienda a picco nei bilanci (più che nelle vendite), la morte del suo storico patron, Gianni Agnelli, 40mila vetture di mancata produzione dovuta allo stop della fabbrica e danni per centinaia di milioni di euro.
La regia era peraltro quella di Powertrain, che era stata separata dalle carrozzerie, in vista dell’atteso put option di General Motors, che avrebbe dovuto rilevare l’azienda italiana, ma le cose andarono diversamente.
Intanto lo stabilimento di Rivolta del Re, ora viale Giovanni Agnelli, si rialzava e la partita, dopo aver vinto quella del fango, da togliere all’interno dei capannoni, si giocava in politica.
Spinte diverse portarono alla firma di un contratto di programma del valore di 434 milioni di euro, con fondi pubblici che servirono ad avviare la produzione del cambio M40, quello per i furgoni Sevel.
Senza quell’intervento, peraltro sollecitato quasi a tempo scaduto, gli americani avrebbero potuto anche chiudere i cancelli per sempre, senza l’adeguata attenzione a un dramma come quello dell’alluvione, parliamo di cose che conosciamo da molto vicino.
A distanza di venti anni, è la politica ancora una volta ad avere in mano il pallino e il destino e guarda caso, i soldi che ballano sul progetto di Gigafactory sono pressoché gli stessi (ma all’epoca avevano un valore reale più alto).
Dopo la presa di posizione del ministro Urso di ieri (da un governo di centrodestra di allora a quello destrorso di oggi e sempre stesso colore politico in Regione) c’è chi comprende come senza unità sul territorio si torna a rischiare grosso ed alimentare propositi diversi rispetto ai programmi prima annunciati e poi congelati.
Va recuperato quello spirito che tra 2003 e 2004 permise di gettare cuore e non solo oltre gli ostacoli, perché strategicamente la partita potrebbe riservare anche sorprese positive. Diventare, lo si auspica, il centro di riferimento in Italia e tra i primi 3 d’Europa per la produzione di batterie elettriche innescherebbe un movimento virtuoso, se gestito in modo adeguato.
È questa l’opportunità da considerare, non un cambio di pelle della fabbrica che ha trasformato il Molise, nel bene e nel male, ma un nuovo obiettivo di prospettiva, attraverso politiche industriali e infrastrutturali sensate e lungimiranti.