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domenica 3 Agosto 2025
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Il Molise tra le regioni più a rischio coi dazi di Trump

TERMOLI. La notizia sta rimbalzando un po’ ovunque, secondo il centro studi Prometeia, che ha pubblicato un’analisi a cura di Carmela di Terlizzi e Livia Simongini, c’è il Molise tra le regioni che più rischiano – economicamente parlando – rispetto ai dazi imposti dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

LO STUDIO

In attesa di conoscere le effettive imposizioni tariffarie sui prodotti italiani da parte degli Stati Uniti, riprendiamo le ipotesi fatte qui per declinare l’impatto dei dazi sui territori italiani secondo due scenari di imposizione delle tariffe. Il primo, Scenario A, prevede un aumento di 10 punti percentuali delle tariffe sui prodotti già daziati, mentre il secondo, Scenario B ipotizza un aumento generalizzato di 10 punti su tutti i prodotti diretti negli Stati Uniti.

Nello scenario A [1], Liguria, Molise, Basilicata e Sardegna sarebbero le regioni più esposte all’impatto dei dazi. La maggiore vulnerabilità di questi territori deriva dalla combinazione di due fattori: il peso del mercato statunitense per l’export regionale da un lato, la concentrazione delle esportazioni nei settori soggetti a dazi dall’altro. In Liguria in particolare i dazi andrebbero a incidere per l’11% sull’export diretto negli Stati Uniti, mercato che assorbe quasi 1/3 dell’export regionale, ed è rilevante in settori chiave del territorio come cantieristica navale e prodotti petroliferi raffinati. Appena inferiore il posizionamento rispetto al potenziale shock del Molise, che destina oltre un quarto del proprio export al mercato USA. Per la regione, penalizzata soprattutto dall’aggravio di costi di chimica e automotive, l’incidenza dei dazi arriverebbe all’11%.

La propensione all’export delle regioni più esposte allo shock dei dazi americani (Campania e Umbria oltre a Liguria, Molise, Basilicata e Sardegna) è comunque inferiore alla media nazionale,  mettendole per certi versi più al riparo dall’attuale periodo di turbolenza. Si tratta, tuttavia, di territori che hanno intrapreso negli ultimi anni un percorso di internazionalizzazione che ha visto il contributo costante del mercato americano: uno scenario che potrebbe essere compromesso con gli aumenti tariffari.

Sempre nello scenario A, un livello di esposizione ai dazi relativamente elevato coinvolge anche l’Emilia-Romagna, le cui esportazioni verso gli Stati Uniti sono trainate dalla meccanica e dall’automotive, ma coinvolgono anche altri settori, tra cui piastrelle, chimico-farmaceutico e agroalimentare. In questo caso, se da un lato l’elevata internazionalizzazione potrebbe amplificare l’impatto negativo dei dazi, dall’altro è ragionevole attendersi che un tessuto produttivo solido e ben inserito nelle catene internazionali sia più pronto a mettere in atto strategie efficaci (diversificazione dei mercati, ad esempio) per mitigare l’aumento delle tariffe.

Nello scenario B la graduatoria della vulnerabilità si modifica, pur non subendo stravolgimenti. Crescerebbe in particolare l’esposizione dell’Abruzzo e della Toscana. L’aumento generalizzato delle tariffe ipotizzato in questo scenario penalizzerebbe infatti quei territori le cui esportazioni verso gli Stati Uniti si concentrano in settori con dazi che oggi sono bassi o assenti.