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martedì 26 Agosto 2025
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I “Vetere de San Giuseppe”: un viaggio tra fede, cultura e sapori della tradizione

TERMOLI. La tradizione dei “Vetere de San Giuseppe” (Altari di San Giuseppe) è una delle più sentite e antiche manifestazioni della cultura e della religiosità popolare a Termoli e in diverse località del Molise. Questa celebrazione si svolge ogni anno il 18 e 19 marzo, in onore di San Giuseppe, e affonda le sue radici in antiche usanze di ringraziamento e devozione.

L’origine della tradizione è legata alla profonda devozione verso San Giuseppe, considerato il protettore della famiglia, dei poveri e dei lavoratori. Gli altari (i “vetere” in dialetto termolese) rappresentano una forma di voto o di ringraziamento per una grazia ricevuta e vengono allestiti nelle case dei devoti con grande cura e solennità.

Gli altari sono preparati con grandi tavolate imbandite con cibi tipici, fiori e immagini sacre. Elementi immancabili sono: Pane di San Giuseppe, a forma di bastone o di altri simboli sacri; pasta e ceci, piatto tradizionale della festa; ‘U San Gesepp’, un misto di legumi cotti (ceci, cicerchia, fagioli, lenticchie e fave); fritture di verdure e pesce, simbolo di abbondanza; dolci tipici, come le zeppole di San Giuseppe; candele e fiori, che decorano l’altare.

In alcune famiglie, la tavolata è arricchita dalla presenza di persone invitate a impersonare la Sacra Famiglia, con un uomo, una donna e un bambino che simboleggiano rispettivamente San Giuseppe, la Madonna e Gesù Bambino. Questi ricevono il cibo dai padroni di casa, rievocando il valore dell’ospitalità e della carità cristiana.

Come da tradizione, abbiamo visitato i vari Vetere allestiti in città. Purtroppo, nel borgo antico il numero di altari è diminuito drasticamente, ma si segnalano comunque alcune significative presenze: all’ingresso del borgo, l’altare allestito dal gruppo folklorico marinaro ‘A Shcaffette’; in via Vescovo Pitirro, il tradizionale altare della famiglia Ronzirri-Cicchino, presente da oltre trent’anni; la minifinestra di Lucia Marinaro, una piccola ma suggestiva espressione della tradizione; in via Giudicato Vecchio, una novità: l’altare in casa di Marilena Battista in Ragni.

Nel centro cittadino: in piazza Mercato Vecchio (“A Mizz’ ‘a Chiazzett'”), l’altare della famiglia Russo, storici commercianti di frutta e verdura; in via Mascilongo 69, un altare dedicato alla memoria di don Bruno Buri, il simpaticissimo sacerdote scomparso pochi anni fa e fondatore del gruppo “Simpatiche Canaglie”.

Le scuole e le parrocchie hanno dato un grande contributo alla festa. Alla scuola Maria Campolieti in Corso Nazionale, i bambini hanno allestito un bellissimo altare e recitato passi della storia di San Giuseppe. All’auditorium della parrocchia Santi Pietro e Paolo, Padre Enzo Ronzitti ha realizzato una scenografia suggestiva, degna di un set cinematografico. Alla parrocchia Sacro Cuore, un allestimento più contenuto ma curato con grande maestria e fascino. All’auditorium comunale di via Elba, la scuola dell’Infanzia Pantano Basso, parte dell’istituto comprensivo Oddo Bernacchia, ha aperto i battenti alle 10 del mattino con una benedizione di don Gianfranco Mastroberardino, alla presenza della dirigente Rosanna Scrascia, degli insegnanti e dei bambini. Nel salone Giovanni Paolo II della parrocchia Santa Maria degli Angeli, il gruppo cattolico ha allestito un altare con una Sacra Famiglia in chiave moderna, ambientata nei giorni nostri invece che nell’antichità.

La tradizione dei “Vetere de San Giuseppe” è presente anche in altre zone del Molise, come Larino e Ururi, ed è diffusa in diverse regioni del Sud Italia, tra cui Sicilia, Puglia e Campania, con alcune varianti locali. Nelle comunità molisane emigrate all’estero (soprattutto in Canada e Stati Uniti), l’usanza è stata mantenuta e viene ancora oggi celebrata con grande partecipazione dalle associazioni di emigranti.

Questa festa non è solo un atto di devozione religiosa, ma rappresenta un momento di aggregazione sociale e identitaria, in cui la comunità si ritrova per rinnovare legami familiari e riscoprire le proprie radici culturali.

È una tradizione che unisce fede, gastronomia e solidarietà, rendendo omaggio alla figura di San Giuseppe come protettore dei più bisognosi.

Per fortuna, la tradizione è ancora ben radicata e non si disperde. Il coinvolgimento dei giovani è fondamentale: saranno loro, un domani, i custodi di queste antiche usanze culturali e religiose, che sarebbe un peccato dimenticare.

Michele Trombetta