Alla ricerca di suo padre al campo di aviazione di Canne a Campomarino
CAMPOMARINO. Una storia tragica e delicata, che ha le sue radici nella Seconda Guerra Mondiale e protagonista un bambino di pochi mesi. Max Clover dall’Inghilterra cercava suo padre, un pilota della RAF del 241° squadrone disperso a Canne durante la Seconda Guerra Mondiale. Max non ha mai conosciuto suo padre, ma voleva recuperare quella paternità perduta a causa della guerra. Sua madre gli aveva conservato una lettera della RAF che comunicava la scomparsa di Kenneth Guy Devlin in Italia, nel mare Adriatico vicino al campo d’aviazione di Canne.
Kenneth proveniva dal Nord Africa e nel dicembre 1943 arrivò a Canne come parte del 241 Squadrone della Desert Air Force, operando occasionalmente anche da Madna. Il 5 marzo 1944 Kenneth stava eseguendo delle prove di volo con lo Spitfire JF702, quando precipitò in mare a 200 metri dalla costa di Canne alle ore 15:55. Un militare aeronautico del campo Biferno testimoniò che l’incidente avvenne vicino alla costa, ma il corpo del pilota e i resti dell’aereo non furono mai ritrovati.
Max Clover a giugno del 2016 venne a Campomarino e insieme andammo a Canne. Fu per me un momento emozionante poiché percepivo in lui il desiderio di esplorare quell’area alla ricerca di elementi che potessero ricordargli suo padre.
Il culmine dell’emozione fu quando raccolse delle pietre. Mi guardò e disse: “Qui è passato mio padre. Successivamente, prese delle spighe di grano e ripeté lo stesso gesto, poi prese della terra e la strinse tra le mani.
Ci siamo recati al porticciolo turistico con l’intenzione di uscire in barca per dirigerci al largo.
Tuttavia, a causa del mare mosso, siamo stati costretti a rimanere a terra. Andammo poi sul braccio più lungo del porticciolo dove lì salì sugli scogli per un breve raccoglimento e per lanciare il papavero rosso. Un Simbolo della memoria della Prima Guerra Mondiale che i paesi del Commonwealth britannico indossano ogni 11 novembre a ricordo dei loro veterani
Impossibilitato a procedere a causa delle onde che si infrangevano sugli scogli, mi consegnò il papavero chiedendomi di compiere l’azione quando il mare si sarebbe calmato. Gli riferii che lo avrei aspettato e che avrei messo il papavero in acqua solo al ritrovamento del punto di inabissamento.
Max non è più tornato, ma ogni Natale mi manda i suoi auguri. Sebbene sia avanti negli anni, nutro la speranza che un giorno, magari dopo aver ritrovato i resti dell’aereo, lo vedrò ritornare.
Conservo ancora il papavero rosso.
Giuseppe Marini




