CAMPOMARINO. Se non fossero nati altri porti nelle vicinanze come quelli di Rodi Garganico, Termoli, Montenero e San Salvo – potremmo anche dar credito alla convinzione di molti secondo cui il porto di Marina di Santa Cristina sia un’opera troppo grande e fallimentare per un paese piccolo come Campomarino.
Ma il grande successo che hanno avuto questi porti ci impone una riflessione. Basti pensare che il Marina di Santa Cristina fu il primo ad aprire, seppur incompleto e dotato di pochi servizi era ed è così ampio da poter ospitare quasi tutte le imbarcazioni che oggi sono ormeggiate negli altri porti citati.
Dovremmo fare un’autocritica sincera: quel sogno poteva diventare realtà. L’umiliante fallimento che oggi osserviamo è anche frutto della nostra responsabilità collettiva. Con un po’ di onestà intellettuale, dobbiamo ammettere che, come cittadini, tutti abbiamo contribuito, in un modo o nell’altro. La maggioranza ha sempre visto il porto come un peso, e non come una grande opportunità di sviluppo per il paese. Non c’è mai stata una vera spinta dal basso.
Come diportisti, abbiamo alzato barricate solo per chiedere dragaggi e piccoli servizi, ma nel profondo del cuore abbiamo sempre temuto un vero decollo, per paura che ciò comportasse canoni più alti. La politica regionale, dal canto suo, non ha mai mostrato né cuore né visione per la nostra terra. Basti pensare alla pineta, abbandonata per oltre trent’anni, trasformata in un cimitero naturale e rifugio per ratti e cinghiali.
Le amministrazioni comunali succedutesi dal 2000 ad oggi non hanno mai creduto realmente nel potenziale del porto. Nessuno ha mai promosso un vero bando pubblico per individuare un soggetto capace economicamente e tecnicamente – di completare e gestire un’area portuale di queste dimensioni.
Abbiamo assistito a numerosi tentativi di affidare la gestione a piccoli imprenditori locali o associazioni, che pur essendo volenterosi e capaci, non avrebbero mai potuto realizzare un progetto di tale portata.
Oggi, osservando tutto ciò, provo una profonda tristezza.
Ma se chiudo gli occhi anche solo per un attimo, vedo tante barche a vela ormeggiate lungo la banchina ancora insabbiata che costeggia la pineta. Vedo eleganti imbarcazioni in legno e lussuosi gommoni nella banchina centrale. Nell’avamporto vedo numerose barche da pesca sportiva attraccate a modesti pontili galleggianti. Vedo bar, ristoranti, negozi e grandi capannoni per il rimessaggio. Vedo aiuole fiorite e viali alberati. È un sogno a occhi aperti… ma a quel sogno torna il sorriso, e con esso la speranza.
Signor sindaco, siamo ancora in tempo. Faccia questo tentativo. Se riuscirà a realizzarlo, il suo nome non sarà dimenticato.
Umberto Di Labbio – cittadino di Campomarino