TERMOLI. Il Castello Svevo di Termoli rimane il simbolo indiscusso della città, un punto di riferimento che supera la sua mera presenza architettonica per diventare il cuore pulsante della comunità termolese. Se ne è parlato approfonditamente durante la conferenza di ieri sera, che ha visto protagonisti il professor Luigi Marino, autore di un’importante opera dedicata al castello, il sindaco di Termoli, studiosi e appassionati del territorio, alle ore 18:30 presso il cinema Sant’Antonio di Termoli, si è svolta la presentazione di “Il Castello di Termoli”, nuova opera di Luigi Marino (Università di Firenze) per Regia Edizioni, dedicata all’edificio simbolo del patrimonio storico locale.
La serata, moderata dal giornalista Maurizio Varriano, ha visto la presenza di autorevoli rappresentanti istituzionali e studiosi. Ad aprire l’incontro è stato il sindaco di Termoli, Nico Balice, con i saluti istituzionali, rimarcando quanto il Castello Svevo continui a incarnare l’identità cittadina e a essere volano d’attrazione turistica e culturale in ogni stagione.
Sono intervenuti:
- Antonio D’Ambrosio, storico, che ha sottolineato il valore simbolico e identitario del monumento, citando anche il legame personale del professor Marino con il castello attraverso la figura del nonno Raffaello D’Andrea, massimo poeta dialettale termolese e autore della poesia “La mazza de Gastill”.
- Lucio Giorgione, architetto dell’Istituto Italiano dei Castelli, e Gabriella Di Rocco, archeologa SIPBC Molise, che hanno arricchito la riflessione promuovendo la necessità di una valorizzazione e studi costanti sul monumento.
Il professor Marino, protagonista della serata, ha ricordato come la storia del castello affondi le radici ben prima dell’epoca federiciana. “La storia del castello di Termoli comincia almeno 500 anni prima della venuta di Federico II – ha spiegato – i suoi muri hanno visto susseguirsi epoche e dominazioni, e si sono trasformati fino a pochi decenni fa”. Un aspetto particolarmente interessante, secondo Marino, è la presenza nella muratura del cosiddetto traccellus gallicum, una tecnica costruttiva menzionata da Giulio Cesare e resa caratteristica dai Normanni, che nel Molise trovarono terreno fertile per la diffusione delle loro competenze architettoniche. Le torri angolari, rare nella tipologia dei fortilizi, sono un altro segno distintivo di questa struttura.
Malgrado la sua imponente presenza, il castello rischia ancora oggi di non essere adeguatamente valorizzato. Storici e cittadini si sono detti concordi con Marino sulla necessità di costituire un centro studi dedicato, che indaghi costantemente la storia e la trasformazione del monumento. “Se non si conoscono i monumenti, non si può nemmeno salvarli”, ha dichiarato il professore, auspicando un’osservazione costante non solo per fini accademici, ma anche per coinvolgere profondamente la cittadinanza.
Particolarmente toccante l’intervento di Antonio D’Ambrosio, che ha ricordato come il castello sia non solo un elemento architettonico, ma anche un potente simbolo identitario. C’è una coincidenza speciale nella storia che lega il castello alla famiglia del professor Marino: il nonno, Raffaello D’Andrea, è stato il più importante poeta dialettale di Termoli, autore della celeberrima poesia “La mazza de Gastill”, che ancora oggi identifica la comunità locale. “A settant’anni di distanza il nipote scrive una delle opere più importanti dedicate al castello,” ha ricordato D’Ambrosio, segnalando come la narrazione di Termoli e del suo castello sia patrimonio vivo, trasmesso di generazione in generazione.
Al centro della discussione anche il dibattito sulla presenza della torretta dell’Aeronautica, che secondo Marino ha avuto il merito di preservare il castello da guasti e vandalismi. Tuttavia, si auspica che in futuro l’aeronautica lasci spazio a una nuova visione della struttura, purché questo avvenga nel rispetto della storia e dell’integrità del luogo. “Finché c’è l’Aeronautica – ha detto – non succedono guai”.
Il sindaco di Termoli ha sottolineato l’aspetto identitario del castello, che continua a catalizzare le emozioni cittadine e ad attirare turisti in ogni stagione. Non solo memoria, ma occasione di crescita sociale e culturale: tra le proposte emerse spiccano la creazione di un museo del mare o l’organizzazione di eventi culturali capaci di restituire centralità a questo magnifico monumento.
La conferenza si è chiusa con un invito alla riflessione collettiva sul destino del castello di Termoli: una riflessione che parte dalla conoscenza, passa per la valorizzazione e coinvolge la responsabilità di tutta la comunità. Emblema di una storia stratificata, il Castello Svevo di Termoli non è solo pietra e mura, ma l’autentica anima della città, che merita di essere capita, tutelata e raccontata alle future generazioni.




