GUGLIONESI. Il sole di settembre scende piano su Guglionesi, ma l’aria è densa di un silenzio fatto di lacrime e cuori stretti nel dolore.
Guglionesi piange Antonio Travaglini e si stringe attorno alla famiglia per l’ultimo saluto. La Chiesa Madre di Guglionesi si riempie lentamente di volti segnati dal dolore, quelli della mamma, del fratello, della sorella, dei parenti, amici e vicini, tutti raccolti per un ultimo saluto che sa di silenzio ma anche di speranza.
Il parroco don Stefano Chimisso prende la parola, e la sua voce rompe con dolcezza quel silenzio.
“Andiamo incontro al Signore in quest’ora di fatica e di dolore per la nostra comunità,” dice, chiamando a raccolta l’anima ferita di chi resta. Il suo è un invito a cercare insieme conforto, perché davanti alla morte, quella morte così incomprensibile, così prematura, nessuno è capace di risposte da solo.
“Nella preghiera chiediamo la luce della fede perché siano oltrepassate le tenebre della morte” continua, evocando l’immagine drammatica ma carica di senso dell’ora della Croce vissuta da Gesù, quell’ora che appare anche nell’esistenza di Antonio, nell’ultimo atto di una vita segnata dal sudore e dedicata alla famiglia e alla terra.
Il cuore della predica riverbera una domanda antica e potente: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare cosa vuole il Signore?”.
Ma don Stefano non lascia solo il dubbio, non lascia solo il vuoto: afferma con forza che la vita di Antonio non è stata vana, né dispersa come lacrime al vento. Quella vita ha seminato – nelle proprie mani, nella memoria di chi lo ha incontrato – un germe di speranza e di benedizione, fiorito ora davanti a Dio.
Le parole di don Stefano diventano un abbraccio per la comunità, un’eco di fede che sfida il mistero e il dolore, un modo per trasformare la perdita in promessa.
“Da lassù Antonio, insieme con Dio, continui a benedire questa terra, la sua terra, la sua mamma e la sua famiglia”.