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mercoledì 1 Ottobre 2025
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L’abbraccio “social” per Ilaria e la sua bambina: «Un dolore immenso»

MONTENERO DI BISACCIA. Una distesa di cuori. È l’immagine che accompagna ovunque la notizia della giovane mamma Ilaria Forgione, di 25 anni, morta nel giorno del suo compleanno, insieme alla bambina che portava in grembo. Non solo il piccolo paese molisano, ma persone da ogni parte d’Italia hanno riempito le bacheche dei social con cuori, “R.I.P.”, preghiere e simboli di vicinanza. La tragedia, infatti, ha fatto il giro dei quotidiani nazionali: in poche ore, il dolore è diventato collettivo, sentito in tutta Italia, perché certe perdite non conoscono confini e toccano l’anima di chiunque ne venga a conoscenza.

I social, spesso accusati di superficialità, diventano in questi momenti un luogo di raccoglimento collettivo. Non ci sono discorsi lunghi, solo gesti essenziali: cuori, mani giunte, croci, angeli. Parole brevi come “Che tragedia”, “Che dolore immenso”, “Non ci sono parole”, si ripetono, si moltiplicano, si intrecciano. E anche i silenzi, rappresentati da un semplice emoji o da un punto di sospensione, diventano un modo per dire “ci sono, sento con voi”. Sono piccoli gesti, ma insieme compongono un coro di vicinanza, un abbraccio virtuale che attraversa confini geografici e sociali.

Il destino ha deciso di colpire con una crudeltà quasi incomprensibile, trasformando un giorno che avrebbe dovuto portare festa in un momento di lutto. Due vite spezzate, un futuro che non si realizzerà mai. E di fronte a questa brutalità, le persone reagiscono come possono: con lacrime, preghiere, incredulità, e con una domanda che rimane sospesa nell’aria: “Come si va avanti dopo qualcosa di così ingiusto?”

Tra i messaggi, si legge la disperazione e l’umanità più autentica: qualcuno scrive che non riesce a trovare conforto, altri invocano la fede o si aggrappano al ricordo, al legame d’amore spezzato, cercando un senso in mezzo al caos. Altri ancora si chiedono con rabbia come sia possibile che vite innocenti possano finire così, e invocano maggiore sicurezza sulle strade, come se fosse possibile prevenire l’imprevedibile.

Il dolore si manifesta anche nelle parole di cordoglio che arrivano dalla comunità locale: le istituzioni esprimono il più sincero sentimento di vicinanza alla famiglia Forgione, sottolineando come la tragedia abbia colpito tutti, dal paese agli sconosciuti che si stringono simbolicamente attorno a questa perdita.

Montenero si stringe nel dolore, ma non è sola. L’abbraccio collettivo che si forma attorno a Ilaria Forgione e al bambino che non ha mai visto la luce diventa un simbolo di umanità e solidarietà. E non è solo Montenero a piangere: la notizia sui quotidiani nazionali ha fatto sì che migliaia di persone in tutta Italia sentano il dolore come proprio, condividendo il lutto, anche a distanza, con un cuore virtuale o una preghiera.

Le tragedie ci ricordano quanto la vita sia fragile, quanto i legami, anche virtuali, possano offrire conforto, e quanto la compassione possa trovare spazio anche nel silenzio dei social. Di fronte a commenti come “Non ci sono parole”, “Che strazio”, “Due stelle in cielo”, emerge un sentimento comune: la partecipazione emotiva, la volontà di non lasciare sola una famiglia nel dolore, e il bisogno universale di riconoscere la sofferenza degli altri. In un mondo spesso frammentato e distante, questi momenti dimostrano che l’empatia non ha confini: si manifesta in un cuore cliccato, in una preghiera sussurrata, in un pensiero condiviso.

Montenero piange due vite spezzate, ma attorno al lutto cresce un senso di comunità che trascende confini fisici e virtuali. E anche se le parole non bastano, anche se il dolore resta, questi gesti diventano testimonianze concrete di umanità, segnali luminosi in mezzo all’oscurità della tragedia, che ricordano a tutti noi quanto sia importante restare vicini, anche solo con un gesto semplice, ma sincero.