TERMOLI. A chi non è mai capitato di sentire un nodo allo stomaco varcando le porte della scuola? Quella sensazione che ti stringe il petto, che ti fa controllare mille volte lo zaino, i compiti, la cartella… Negli ultimi anni, però, questo senso di ansia non è più solo un momento passeggero: per molti studenti italiani è diventato quasi quotidiano.
Secondo il Coordinamento Nazionale Docenti, sempre più ragazzi arrivano a scuola con il cuore in gola, pronti a combattere non solo contro i compiti, ma contro la pressione invisibile di voti, aspettative e confronti costanti. Non colpisce solo gli adolescenti: anche bambini della primaria mostrano segnali di stress e preoccupazione, come se la scuola, anziché essere un luogo di scoperta, fosse diventata un terreno minato di tensione.
E non si tratta solo di numeri. Dietro le statistiche – il 70% degli studenti che dichiara ansia durante le verifiche, l’85% che teme il giudizio dei voti – ci sono storie concrete: ragazzi che si svegliano di notte pensando a un’interrogazione, che mangiano in fretta o saltano il pasto per arrivare in orario, che si sentono soli nel loro disagio.
Le cause? Tante. Aspettative familiari e sociali che pesano come macigni. La scuola stessa, con ritmi serrati e carichi di lavoro spesso sproporzionati, che invece di incoraggiare crescita e curiosità alimenta paura e frustrazione. E il rapporto con i docenti, che può essere fonte di sostegno ma talvolta amplificare lo stress.
Il messaggio, però, non è solo allarmante. È un invito: la scuola può e deve tornare a essere un luogo di fiducia, curiosità e benessere. Occorre ascolto, empatia, attenzione ai segnali silenziosi dei ragazzi. Perché dietro ogni ansia c’è un talento che merita di fiorire, e dietro ogni ragazzo c’è un futuro che aspetta solo di essere coltivato.
Alberta Zulli

