ROTELLO. Cito a mente: “La rete ci offre di dire la nostra. Ma dobbiamo dirla su tutto, avendo due possibilità: essere pluri-opinionista – non remunerato – contro le opinioni di ignoti non remunerati; oppure pluri-opinionista su temi di cui ci si può spacciare esperti in cambio di una mercède”. Insomma, scrive Natalia Aspési, qui si alluderebbe ad “un opinionismo in vendita come un prosciutto”; un po’ come fa la vecchia Tv che resiste ai ‘social’, infliggendo – con le sue tante vetrine – un prodotto di rango che, però, non convince”. Il riferimento di tali accenti è Guia Soncìni, giornalista bolognese, Molisana di origini per essere la mamma una Massari di Rotello, andata in isposa al defunto principe Soncini e sorella dell’ing. Ettore Massari, residente da una vita a Larino. “L’economia del sé” (editore Marsilio, 17 euro) è l’ultimissimo suo libro dove non viene risparmiato alcuno: “Cosa è andato storto, sino ad oggi, se non tutto ciò che è stato speso per farci studiare, facendo di noi solo delle Chiare Ferragni … d’insuccesso?”. La Guia ha scritto – e scrive da anni – per riviste, quotidiani, per la radio, la tv e per il cinema. Il suo primo libro è stato “Elementi di capitalismo amoroso” (Rizzoli, 2008). Cinque anni dopo, con “I mariti delle altre” (Rizzoli), vinse il ‘Premio Forte dei Marmi’ per la satira. Nel 2015 pubblicò, con Giunti, “Qualunque cosa significhi amore”; quindi, per il Mulino, “La repubblica dei cuochi”); nel 2021, “L’era della suscettibilità” (Marsilio). L’immagine del “prosciutto” rimane centrale nella sua ultima fatica che è una breve storia dei nuovi esibizionismi”, un sàpido saggio sulla mutazione antropologica in cui è rimasta bene condensata la sua tesi.
La Soncìni dimostra che il protagonismo, l’ansia di apparire e di contare nelle esistenze degli altri, induce tanti a collocarsi sul mercato, esponendosi (come una merce) al giudizio dei consumatori. Nella sostanza, si finisce col trasformarsi in venditori di salumi come Sophia Loren. Chi non ricorda la famosa chiusa sulla mortadella (“Accattatavèlla!”) o quella del grande Mike Bongiorno a pro’ della grappa ‘Bocchino’ (“Sempre più su!”). Entrambi furono i ‘testimonial’ di marchi che resero persino loro stessi una merce in vendita. Nella sostanza, per influenzare gli altri, avevano conferito alla propria arte un valore economico. «La nostra principale occupazione – dice Guia – è vendere sui ‘social’ merci assortite; di queste la più importante siamo noi stessi». Partendo da tale assunto, infila i tanti grani di un rosario da cui vengono fuori tic, manie e volontà di distinguo di una società che ama specchiarsi quotidianamente nei ‘social’. Abbiamo tutti qualcosa da vendere nell’economia del sé – constata -. E chi non ce l’ha, corre un pericolo. “Chi non è sui ‘social’ per piazzare un libro, la propria attività, il suo studio dentistico, lo farà per mettere in vetrina i suoi lutti, le sue opinioni sull’universo, le sue malattie, i suoi amori, come peraltro in questi ultimi tempi è accaduto proprio alla Ferragni ed a suo marito Fedez. Lei conta 26 milioni di persone che la seguono, eppure fatica a vendere le sue borsette. Il fatto è questo: non è detto che io guardi la tua vita sui social e che – di conseguenza – compri ciò che vuoi vendermi. E’ vero che hai pubblicato uno spettacolo, ma non c’è biglietto che tenga. Magari ti lancio un cuoricino dal divano ma non ordino la merce che imponi”. A questo punto ci sarebbe da chiedersi perché la Ferragni vende comunque, arricchendosi, e noi non possiamo fare l’istesso. Perché no e basta, dice la Guia. La perfezione della signora Fedez consiste nella sua ‘àurea mediocritas’ (che non è cosa di tutti). Solo lei è capace di far pensare che una vita da sogno – quale quella da lei vissuta – potrebbe essere raggiunta da tutti sempre che le idee marciassero nellaz direzione giusta. Ciò detto, buona lettura col nuovo libro della Sancìni!
Claudio de Luca