TERMOLI. A sollevare a fine 2023 sulla nostra homepage la questione dei graffiti scomparsi (o ripuliti) sulle pareti del Castello Svevo era stato proprio l’architetto Luigi Marino. Ora, il docente universitario e fine conoscitore del maniero federiciano simbolo della città di Termoli torna a dire la sua a seguito delle discussioni avvenute in Commissione consiliare.
«Ho letto con ritardo l’articolo della vicepresidente del Consiglio comunale Daniela Decaro sulla interrogazione che aveva presentato a proposito della “scomparsa” degli intonaci graffiti al Castello di Termoli. La risposta del Sindaco è affidata a una relazione del Rup.
Questa è basata su fotografie che, in realtà, documentano uno stato avanzato di cantiere che è certamente successivo alla eliminazione degli intonaci antichi. Il Rup dichiara sbrigativamente che né l’impresa né il direttore dei lavori hanno rilevato la presenza di graffiti.
Visto che la cosa mi tocca da vicino mi permetto alcune osservazioni anche per informare i termolesi.
Le foto che ho presentato in occasione della riunione della IV Commissione competente documentano, al contrario, uno stato ben diverso quando gli intonaci non erano ancora stati asportati. Erano ben visibili e comunque già documentati anche in un fascicolo a stampa.
Sulla perdita dei graffiti avanzo tre ipotesi:
1) L’asportazione potrebbe essere riferita, in data non precisata, a quel folletto, u’ Mazzemarille, che da tempo non si vedeva più nel Castello. Si è divertito a stonacare i due vani e portare a discarica la sterratura senza farsi vedere dal personale della Stazione Meteo che, per la verità, ha sempre utilizzato i vani con molto rispetto.
2) Durante i sopralluoghi preventivi la scarsa illuminazione (o una epidemia di cecità collettiva, in seguito fortunatamente guarita) potrebbe aver impedito la visione degli intonaci.
3) Forse i graffiti sono stati eliminati per una discutibile idea di restauro(?) e perché avrebbero impedito l’intervento di consolidamento(?) dell’arco del muro centrale.
A proposito di questo va osservato che il pilastrino in laterizio, collocato agli inizi del secolo scorso, svolgeva ancora la sua funzione tanto che nell’arco non esistevano quadri fessurativi preoccupanti ma soltanto alcune cavillature negli intonaci che non coinvolgevano il maschio murario.
La relazione del Rup si conclude con la disinvolta dichiarazione che “i lavori […] non hanno evidenziato e, ben che meno alterato i graffiti”. La documentazione grafica e fotografica in mio possesso (ma anche la disponibile testimonianza di operatori di diversa specializzazione che hanno lavorato su quegli intonaci) è disponibile per un confronto con la documentazione dell’Impresa per verificare l’esistenza di significative tracce di lesioni tali da giustificare un intervento così pesante e irreversibile che ha provocato inutilmente la perdita degli intonaci antichi.
Non mi interessa sapere chi è intervenuto con tanta disinvoltura demolitoria. Mi interessa e preoccupa, invece, che siano scomparse tracce documentarie importanti (ancora più importanti perché testimonianze rare per la storia di Termoli) e mi preoccupa soprattutto che questi danni non preoccupino chi è chiamato a evitarli. Temo che legittimeranno, di fatto, ulteriori comportamenti. Ancora più dannosi.
A giorni i Termolesi saranno inondati di promesse. Qualcuna di quelle che riguardano il patrimonio culturale avrà seguito?»
L’architetto Luigi Marino allega una delle schede d’indagine sulle malte del Castello avviate presso il Lam dell’Università di Firenze dal professore e geologo C. A. Garzonio e la dottoressa S. Calandra.


