Allarme cinghiali, distrutti cento ettari di girasole: migliaia di euro di danni

L'emergenza ungulati mer 01 settembre 2021

Montenero Continua l’emergenza cinghiali in Molise: dopo i numerosi incidenti avvenuti sulle strade, si aggiunge l’ennesimo danno all’agricoltura con 100 ettari di girasoli completamente distrutti.

Attualità di La Redazione
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Il campo di girasoli distrutto dai cinghiali ©TermoliOnLine
Il campo di girasoli distrutto dai cinghiali ©TermoliOnLine

MONTENERO DI BISACCIA. Cento ettari di girasole completamente distrutti: è il bilancio, ultimo solo in ordine di tempo, dei danni provocati dai branchi di cinghiali in Molise che, ormai da diversi anni, seminano panico per le strade e devastazione dei terreni.

A cadere nella rete degli ungulati è un agricoltore contoterzista originario di Palata che, in una notte, si è visto distruggere cento ettari di terreno coltivato con i girasoli, che ricadeva nei territori di Montenero di Bisaccia, Guglionesi e Palata.

Una devastazione, nel vero senso della parola, che genera un danno enorme per l’agricoltore che, quest’anno, si è visto privare di una fonte di reddito dopo aver investito sia nel terreno che nella semina e nella cura dello stesso per la crescita dei girasoli.

Distruzione ben visibile dalle foto, dove si notano i girasoli prima verdi ora piegati e ingialliti o completamente strappati via dal terreno, in seguito al passaggio degli ungulati.

La denuncia arriva dal MaM (Movimento Agricolo del Molise) che scrive: «Lo scrivente  movimento agricolo molisano segnala l'ennesimo disastro che si verifica ormai ogni giorno ai danni di agricoltori esasperati. A Montenero di Bisaccia un agricolo con oltre 100 ettari di girasole non raccoglierà  nulla».

La questione cinghiali, sfortunatamente, riguarda tutta Italia e, in particolar modo, il Molise dove la popolazione di ungulati è cresciuta soprattutto durante la pandemia, quando hanno aumentato il loro raggio d’azione approfittando delle chiusure e dell’impossibilità di uscire per cercare nuovi luoghi di approvvigionamento di acqua e cibo.  

Sulla vicenda è intervenuto anche Nestore Mogavero, Presidente di ‘Acli Terra’ che scrive: «Gli imprenditori agricoli vogliono vivere di reddito da lavoro e non con il sussidio che l’abolizione della caccia favorirebbe. Nella discussione giornaliera cresce l’indignazione per i branchi di cinghiali che vagano per le città e sulle spiagge del Molise.

È di pochi giorni fa, un video sui social che mostrava una famiglia numerosa di cinghiali a spasso sulla spiaggia tra i numerosi bagnanti spaventati e preoccupati. Anche i numerosi appelli delle Organizzazioni Agricole nei confronti delle istituzioni, per risolvere il problema cinghiali che per l’agricoltura è diventato un vero flagello, sono ormai, per i più, lamenti e piagnistei.

Ora, a pochi giorni dall’apertura dell’annata venatoria ecco che ancora una volta il mondo degli ambientalisti/animalisti riparte con una campagna quasi diffamatoria contro la caccia e chi la pratica.

Dal 1 luglio è partita la raccolta firme per la presentazione di un referendum contro la caccia portando come argomenti lo sterminio di animali, eppure, in Italia le normative di legge sono le più severe in assoluto rispetto agli altri paesi membri dell’Unione europea, ed il prelievo venatorio, incide dell’ 1% della mortalità ed è un mezzo per tenere sotto controllo l’ambiente e la fauna selvatica. Senza la caccia, quella praticata in modo serio e corretto, la fauna selvatica prevarrebbe sulla natura e sull’ambiente stesso.

Non serve fare un referendum, ma una regolamentazione seria della pratica venatoria che accontenti ambientalisti, coltivatori e cittadini sicuramente risolverebbe anche il problema dell’aumento indiscriminato della popolazione di cinghiali, senza che si continui a parlare di studi universitari, riportati sulla stampa, che indicano nelle recinzioni elettrificate, sensori avvisatori luminosi ed acustici, la risoluzione del problema. Cosa assurda per le grandi superfici aziendali.Gli imprenditori agricoli vogliono ricavare dal loro lavoro il proprio reddito e non il sussidio che l’abolizione della caccia favorirebbe».

 

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