Immortalare un momento per renderlo eterno: la prima mostra di Nicola Cappella

A tu per tu con l'artista gio 07 aprile 2022

Termoli Sarà una mostra con foto che catturano l'energia creativa di città che sembrano non voler invecchiare, tra viaggi emozionali e voglia di rendere immortali sensazioni altrimenti celate grazie alle immagini che Nicola Cappella ha bloccato nelle sue fotocamere.

Attualità di Valentina Cocco
7min
Nicola Cappella ©Personale
Nicola Cappella ©Personale

TERMOLI. In seconda media ebbe “un’illuminazione” frequentando un corso di fotografia: vedere quel soggetto prendere lentamente vita sulla pellicola, linea dopo linea, all’interno di una camera oscura lo ha affascinato a tal punto da non voler più fare a meno di quell’azione capace di rendere visibili emozioni altrimenti celate nell’animo più profondo.

Nicola Cappella ama l’emozione, per sua stessa ammissione, e nella fotografia è riuscito a catturarne migliaia: imprime digitalmente soprattutto paesaggi, ma le sue foto dei Rolling Stones, di Bruce Springsteen, di Bob Dylan e degli Aerosmith sono in grado di far emergere tutta la passione per la musica. Dopo aver collezionato una moltitudine di colori, Nicola si appresta a inaugurare la sua prima mostra fotografica nel Castello Svevo di Termoli: un viaggio all’interno delle infinite sfumature delle emozioni con ritratti che catturano l’energia creativa di albe, tramonti e sinuose figure che si perdono tra giochi di luci ed ombre che si intrecciano per raccontare una storia.

Proprio il racconto è il fil rouge dell’intera mostra che, non a caso, si intitola ‘Raccontiamoci’ e si svolgerà il 9 e 10 aprile dalle 9 alle 22 presso i locali del Castello Svevo di Termoli. Abbiamo chiesto a Nicola, amico e stimato professionista, di raccontarci qualcosa di lui e della sua mostra a 48 ore dalla sua ‘prima volta in pubblico’.

Partiamo da te, chi è Nicola Cappella?

«Nicola Cappella è un ragazzo che ama l'emozione. Negli anni l'ha trovata nella musica, nello sport, nell'arte. Quando ha scoperto che nella fotografia riusciva a trovare tanta emozione ha iniziato a scattare a raffica a tutto quello che vedeva. Da 4 anni studio fotografia di paesaggio, questa passione mi sta dando tanto sia in termini umani che artistici».

Quando e come nasce la tua passione per la fotografia?

«In realtà ho sempre amato scattare sin da quando ero piccolo. Forse ebbi la prima illuminazione quando in seconda media frequentai un corso di fotografia. Vedere nascere una foto dal nulla in camera oscura è una sensazione difficile da descrivere. Da quel momento in poi non ho più smesso di scattare in analogico prima e in digitale poi. La mia prima compatta fu un regalo di mio papà nel Natale 2004. La portai ovunque, a quei tempi vedevo tantissimi concerti dal vivo, negli anni mi sono costruito una collezione di scatti impressionante».

Ricordi la prima foto che hai scattato?

«Credo fosse durante la gita di quarta elementare in Puglia. Eravamo allo zoo safari di Fasano e quando entrammo nel recinto delle tigri riuscii a prenderne due molto da vicino. Posseggo ancora quella foto, credo che rappresenti il mio piccolo orgoglio».

C’è una foto a cui sei particolarmente legato? Se sì qual è e perché?

«Non credo che ce ne sia una sola... Mi viene in mente il bellissimo tramonto a Masua in Sardegna nel febbraio 2019. Ero in viaggio di piacere organizzato per mettermi alle spalle un periodo complicato dal punto di vista umano. La mia migliore amica che è sarda mi invitò per due giorni e trovammo quel tramonto stupendo. Per noi fu come un regalo venuto dal cielo. Oppure penso all'alba del 7 giugno scorso a Termoli. Avevo visto le previsioni meteo, decisi di provarci. Uscii di casa alle 3 e 50,avevo anche un ginocchio a pezzi per via di un infortunio. Alle 4 e 10 circa il cielo iniziò a colorarsi di rosso, poi di violetto e di arancione. Mi pareva di stare in un cartone animato. Tuttora ho difficoltà a dire che le mie foto non furono ritoccate!».

Cosa rappresenta per te la fotografia?

«Io dico sempre che la fotografia è la rappresentazione di me stesso. Con le mie foto racconto me,le mie insicurezze, le mie imperfezioni e anche le mie emozioni. Le mie foto sono semplici e oneste, con i loro pregi e difetti. Proprio come me».

Quanto conta lo studio dell'immagine nel processo creativo?

«Io parlo spesso di pianificazione. La foto nasce molto prima nella nostra testa, il risultato finale che giunge agli occhi della gente è frutto di lavoro, impegno e studio. Si cerca la condizione di luce giusta, la composizione migliore, il tutto senza snaturarsi o cadere nella banalità. Con le mie foto cerco di fare qualcosa che non è stato mai fatto, non sempre ci riesco, ma in ogni caso c'è sempre un grandissimo studio prima di scattare».

Nel campo fotografico come ti definiresti?

«Non mi ritengo amatoriale, ma nemmeno un professionista. Mi definisco uno studioso ma soprattutto un grande appassionato».

Hai mai pensato di far diventare questa passione un lavoro?

«Ci penso spesso ma come ho già detto cerco di essere innovativo. Trasformare questa passione in lavoro è un passo enorme che ancora non mi sento di fare. Per ottenere successo occorre dare all'utente un servizio originale e moderno. Riguardo la fotografia c'è ancora molta chiusura, spesso si pensa che fare foto sia un gioco di ragazzi che possono fare tutti. In questo senso il duro lavoro che c'è dietro la realizzazione di uno scatto rischierebbe di essere denigrato e non valorizzato. L'idea però c'è sempre».

Qual è il soggetto che ami maggiormente fotografare?

«Le mie prime foto le ho fatte ai concerti. Avevo una Bridge onestissima con un potente zoom che mi ha permesso di "avvicinarmi" tantissimo a gente come i Rolling Stones, Bruce Springsteen, Bob Dylan, gli Aerosmith e i nostrani Ligabue, Negrita o Max Gazzé. Poi è venuta fuori la passione per il paesaggio, trovavo pace e serenità nell'immortalare un tramonto o un'alba. Ogni tanto mi diletto con un po’ di ritratto, ma anche lì ci vuole competenza e studio che al momento non ho».

Le tue foto hanno come protagonista la natura, nella sua moltitudine di colori. Cosa vuoi comunicare?

«Mi piace che le mie foto possano rendere immortale un momento. La luce cambia ad ogni istante, un'           alba è tanto bella quanto breve. Io voglio comunicare a tutti la bellezza della natura anche nei suoi aspetti più semplici. Un campo di girasoli al tramonto è bellissimo, ma anche il riflesso del sole sul borgo Antico di un paesino qualsiasi sa essere romantico».

Si narra che ogni artista abbia una musa. Qual è la tua?

«Non credo di avere una musa, ho avuto e ho tante persone amiche che mi sono accanto e mi sostengono. Ripeto, qualche scatto bello l'ho anche fatto ad alcuni soggetti, ma c'è stato poco merito mio essendo i soggetti molto molto belli».

Questo fine settimana inaugurerai la tua prima mostra fotografica, cosa ti ha spinto a mostrare le tue foto al pubblico dal vivo e non solo sui social?

«Innanzitutto il desiderio di trovarsi faccia a faccia con tutti. Siamo reduci da due anni fatti di profonda e inevitabile alienazione sociale dovuta alla nota pandemia che ha paralizzato il mondo. Poiché sui social spesso mi sono ritrovato a parlare dei miei scatti ho pensato che sarebbe bellissimo trovarsi dal vivo e parlarne meglio, credo che ne abbiamo tutti un grande bisogno di ristabilire un contatto più diretto».

Cosa vedremo all'interno di questa mostra?

«Ho cercato di disporre i miei scatti seguendo un filo logico. C'è tanto paesaggio, Termoli ma non solo, nel quale cerco di enfatizzare questo o quel particolare specifico. Ho parlato di condizioni di luce particolari come le albe e i tramonti ma non solo. C'è spazio per fuochi di artificio, paesaggi cittadini e vedute prettamente rurali. Ogni foto ha una sua storia e mi piacerebbe tanto parlarne con chi sarà presente».

Le foto saranno esposte all'interno della straordinaria cornice del Castello Svevo, uno dei luoghi maggiormente fotografi della città. C’è un legame tra le tue foto e il Castello?


«In un certo senso si. Perché è grazie al Castello che cerco di raccontare Termoli a chi non è di qui. Termoli è il castello. È il nostro simbolo, la sua magnificenza mi lascia ancora senza parole. Non poteva esserci cornice migliore per me, mostrare i miei scatti all’interno del simbolo di questa città. E vi dirò, il Castello è un grande protagonista delle foto che vedrete».

Vuoi ringraziare qualcuno?

«Ringrazio il comune di Termoli per l'opportunità, gli enti che hanno patrocinato l'evento ovvero "La casa del Libro" e il Rotary Club di Termoli, ringrazio mio fratello per l'aiuto concreto nel realizzare questo evento essendo io un neofita assoluto. Poi avrei altre centinaia di persone da ringraziare, penso al mio maestro di fotografia Matteo Bertetto che mi ha dato gli strumenti necessari per riuscire a tirare fuori il massimo da una foto, ringrazio tutti gli estimatori dei miei scatti e tutti quegli amici e amiche che mi hanno sempre sostenuto in questa passione. Credetemi non esiste spinta più bella e importante per me.

E poi ringrazio mia mamma che da un anno ci ha lasciati. Amava profondamente le mie foto, spesso mi accompagnava perché le piaceva vedere tutta la mia cura meticolosa. Mi piace pensare che sia ancora fiera di quello che sto facendo, del concorso fotografico vinto e di questa mostra che voglio dedicare a lei e alla sua memoria».

Galleria fotografica

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