Violenza nella famiglia: il ruolo dell’avvocato nella tutela dei più deboli

L'intervista mer 30 novembre 2022
Attualità di Emanuele Bracone
7min
Il direttivo nazionale dell'Ami ©TermoliOnLine
Il direttivo nazionale dell'Ami ©TermoliOnLine

TERMOLI. Tra gli appuntamenti in calendario per la settimana culminata venerdì scorso nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ce n’è stato uno di caratura nazionale, a Roma, che ha visto protagonista l’avvocato termolese Micaela Bruno, presidente dell’Ami in Molise, l’associazione dei matrimonialisti. Violenza di genere e diritto di famiglia, sempre più spesso a braccetto. La Bruno ha rappresentato il Molise al XIII congresso nazionale dell’Ami sul tema “Violenza nella famiglia tra emergenze e prospettive.

Giustizia, prevenzione e società”. Ad alternarsi negli interventi i maggiori esponenti del diritto di famiglia in Italia, tra magistrati, avvocati, psicologi e giornalisti con l’obiettivo condiviso di toccare in maniera trasversale le criticità delle riforme e le ricadute sulla giurisprudenza di legittimità. Codice rosso, disgregazione familiare e tutela dei soggetti deboli punti focali del dibattito. All’esito del congresso, le linee guida nazionali per un nuovo diritto di famiglia al servizio dei minori e dei soggetti più deboli. Alla Bruno l’onere e l’onore di chiudere il congresso, parlando di «Violenza nella famiglia: il ruolo dell’avvocato nella tutela dei più deboli, dalle indagini difensive al processo». Ne abbiamo voluto sapere di più dalla professionista termolese, direttrice della Scuola forense frentana e delegata alla formazione del Coa di Larino.

«Esaminare compiutamente la disciplina giuridica dei rapporti familiari presuppone che si riesca ad individuare una nozione di famiglia, sforzo che, nel momento attuale, in cui coesistono tendenze alla massima valorizzazione dei diritti individuali e collettivi, ma anche un’evidente crisi dei valori tradizionali e la diffusa sfiducia verso concezioni che avevano trovato una generalizzata adesione per secoli e millenni, appare non poco complesso, come l’impegno dell’avvocato matrimonialista, che va dalla iscrizione della notizia di reato al dibattimento. La fase legata alle indagini difensive rimane, ancora oggi, una opportunità che non sempre il difensore della persona offesa sceglie di sfruttare, spesso contando sul lavoro delle Procure della Repubblica cui è attribuito evidentemente l’esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 112 della Carta Costituzionale.

Tuttavia, il ristagno delle notizie di reato nelle Procure dovrebbe rappresentare un monito ad un utilizzo più diffuso e consapevole delle indagini difensive e delle opportunità che il codice processual-penalistico di rito garantisce anche ai soggetti deboli. Torno a ripetere, ma principalmente a me stessa, che l’unico settore nel quale il diritto penale ed il diritto civile si intersecano indissolubilmente è quello della famiglia. Non si può pensare di essere oggi avvocati matrimonialisti ignorando del tutto le ricadute che un accordo di separazione consensuale o di divorzio congiunto possano avere sulla eventuale remissione di querela, senza conoscere, dunque, la procedibilità ad esempio che regola i reati del Titolo XI del codice penale “dei delitti contro la famiglia”  

Il quadro della disciplina delle investigazioni difensive verte sull’esame dei rapporti tra tale normativa e la legge sulla privacy, che incide sulle indagini difensive sotto due profili, da un lato: le investigazioni devono svolgersi in modo da garantire al loro interno la riservatezza dei dati raccolti; dall’altro: le investigazioni all’esterno incontrano i limiti di riservatezza con i quali gli interessati stessi proteggono i dati della propria vita privata. Resta inteso, che oltre alla disciplina prevista dalla legge sulla privacy il trattamento dei dati raccolti dal difensore nell’esercizio dei poteri di indagine difensiva è regolato altresì dalle prescrizioni dettate dal codice di deontologia e di buona condotta, la cui osservanza è condizione essenziale ai fini del rispetto del principio di liceità e correttezza del medesimo trattamento. In quest'ottica, sempre il Cnf, nella presentazione del codice deontologico ha tenuto ad evidenziarne gli obiettivi rilevanti quali quello di: tutelare l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione; ruolo dell'avvocato nella tutela del diritto costituzionale di difesa; valorizzare la funzione sociale della difesa; tutelare l'autonomia e l'indipendenza dell'Avvocato; garantirne i principi di legalità». La Bruno sottolinea l’importanza della promozione del principio della correttezza dei comportamenti degli avvocati fuori e dentro il processo, tutelando l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione. «In tal senso richiamerei una sentenza del 2021 della nostra straordinaria Presidente del cnf Maria Masi, che sul punto sottolinea: “l’avvocato deve svolgere la propria attività con lealtà e correttezza non solo nei confronti della parte assistita, ma anche dei terzi in genere e della controparte, giacché il dovere di lealtà e correttezza nell’esercizio della professione è un canone generale dell’agire di ogni avvocato, così come i concetti di probità, dignità e decoro costituiscono doveri generali e concetti guida, a cui si ispira ogni regola deontologica, rappresentando essi le necessarie premesse dell’agire degli avvocati e mirano a tutelare l’affidamento che la collettività ripone nella figura dell’avvocato, quale professionista leale e corretto in ogni ambito della propria attività”. nonché della propria vita. Nello svolgimento delle investigazioni difensive il difensore osserva le norme del Codice deontologico forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, fedeltà, competenza e verità, nonché le ulteriori norme nel rispetto del principio di lealtà processuale e a garanzia della reale dialettica nel procedimento. Nessuna distinzione circa i doveri professionali in materia di investigazioni difensive è consentita tra difensore di fiducia e difensore d'ufficio”. Il difensore è legittimato a svolgere investigazioni difensive sin dal momento della nomina senza necessità di specifico mandato ed indipendentemente dal deposito dell'atto di nomina presso l'autorità giudiziaria. La necessità del mandato specifico riguarda esclusivamente la normativa legata ai dati sensibili. Da qui la fondatezza della tesi secondo la quale anche il difensore della persona offesa è senza dubbio legittimato ad esperire indagini difensive, secondo quanto emerge dal tenore letterale della norma

Tra l’altro, a sostegno di questo assunto, non si può non rilevare come siano molteplici i diritti riconosciuti alla parte offesa nella fase procedimentale e predibattimentale. Né può ritenersi che la persona offesa non possa esercitare la facoltà di nominare un difensore per l’espletamento di indagini difensive solo perché non titolare di un diritto di prova, non risultando parte processuale sino alla costituzione di parte civile. Al contrario, l’attuale orientamento normativo e giurisprudenziale è quello di garantire alla persona offesa ogni più ampio diritto, di impulso e acquisizione probatoria, attribuendosi così nuova valorizzazione alla vittima del reato». 

Quali sono le ipotesi nelle quali è possibile svolgere delle indagini difensive? 

«Richiesta la riapertura delle indagini preliminari dopo il decreto di archiviazione; richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere; richiesta di revisione; opposizione all’archiviazione. L’obbligo del difensore, fin dal momento dell'incarico e successivamente fino alla sua conclusione, è quello di valutare, in relazione alle esigenze e agli obbiettivi della difesa, la necessità o l'opportunità di svolgere investigazioni, sia ai fini delle determinazioni inerenti alla difesa stessa, sia per l'ipotesi di un impiego dei risultati nel procedimento, secondo le forme, i tempi e i modi previsti dalla legge. Nelle separazioni più complicate, quando il conflitto sfocia nelle aule penali, quando la violenza nelle famiglie diventa un’emergenza, sia nella fase processuale sia in quella predibattimentale, valgono ovviamente le disposizioni deontologiche che regolano i rapporti civilistici». 

L'avvocato che ha assistito entrambi i coniugi non può poi assistere uno di essi contro l'altro.

«Nel processo penale è opportuno che, nelle ipotesi di elevata conflittualità legate magari a maltrattamenti in famiglia, il minore sia munito di difensore diverso rispetto a quello della mamma o del papà».

L'avvocato non può colloquiare con il minore su circostanze oggetto del processo.

«Vero è che il più delle volte le dinamiche processuali impongono al difensore delle scelte di strategia immediata, nel rispetto del mandato conferito dall’assistito, nell’ottica di un indispensabile bilanciamento di beni giuridici costituzionalmente orientati, In modo particolare nella necessaria tutela dei più deboli. È d’altra parte lo stesso Carnelutti, ignaro dello scempio cui l’istituzione della famiglia sarebbe andata incontro nei giorni a lui a venire, a sostenere in uno dei suoi testi di maggior rilievo che: “Vi sono liti le quali tollerano meglio la soluzione ingiusta, perché esigono più intensamente la soluzione rapida e viceversa”. Il criterio dell’affidamento che la collettività ripone nella figura dell’avvocato è il perno attorno al quale ruota la deontologia forense, in modo particolare per l’avvocato familiarista. 

Nessuno si rivolgerebbe a noi se non avesse una reale necessità. Una difficoltà legata ad un dolore. Ad una sofferenza. Ed è questa per noi la grande opportunità di misurare la nostra professionalità, la nostra competenza, ma principalmente la nostra umanità. È un mestiere il nostro che non si può fare senza cuore.

Sono le nuove generazioni, quelle rappresentate dai nostri figli a richiedere l’abbandono delle furbizie e delle banalità, dei luoghi comuni, il riconoscimento ed il rispetto dei principi». 

Il ritorno della speranza nella giustizia. A questo servono le regole.

«La verità è che all’avvocato matrimonialista si chiede di accompagnare l’essere umano tra i complicati meandri del negozio giuridico in assoluto più inspiegabile: il matrimonio. 

Nel quale le ragioni giuridiche si intrecciano inevitabilmente con le ragioni affettive e non sempre è la Ragione a prevalere».

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