Luce agli invisibili e mai più tragedie come quella di Pozzo Dolce, la fiaccolata solidale
TERMOLI. Fiaccolata solidale che dà un segnale tangibile: la tragedia di Pozzo Dolce non è stata consumata invano, anche se l'attenzione che il territorio si impegnerà a garantire per i senza dimora, lo auspichiamo, non restituirà la vita al 30enne morto tra le fiamme del rogo che il 29 novembre scorso ha sconvolto una intera regione, non solo la nostra città
Un lievito con cui costruire nuove relazioni sociali, quanto emerso stasera, dove dalle 18 almeno 200 persone si sono ritrovate davanti alla chiesa di Sant'Antonio.
Numerose le adesioni di associazioni, operatori sociali, volontariato e politica locale e regionale. C'erano davvero tutti gli attori del terzo settore dedito ai meno fortunati, in testa assieme agli organizzatori di Faced e Città invisibile anche il vescovo, con vertici Caritas e l'Azione cattolica, le cui testimonianze le renderemo in un pezzo a parte.
Tre quarti d'ora per percorrere via Sannitica, corso Mario Milano, piazza Garibaldi, corso Umberto e giungere in piazza Monumento, con striscioni e un carrello a significare la vita all'insegna della precarietà e dell'indigenza. Tre fermate, la prima in avvio, davanti allo scalo ferroviario e quindi la piazza finale, per esclamare il dolore del lutto, rivendicare un domani migliore attraverso l'impegno di tutti.
La tappa davanti all'ingresso della stazione caratterizzata dalla lettura dei nomi di chi non ce l'ha fatta e non sono pochi, anche senza il clamore di un incendio doloso, come quello di un mese fa.
«Abbiamo deciso di promuovere questa manifestazione dopo alcune settimane di silenzio dai fatti tragici di Pozzo Dolce. Abbiamo sentito la necessità di aprire uno spazio di comunità e nello stesso tempo di lutto e di azione; di silenzio e di presa di parola. Uno spazio in cui possano trovare legittimità le fatiche e le sofferenze di tante e tanti di noi. E uno spazio di riflessione, grazie al quale la città possa ritrovarsi e interrogarsi collettivamente. Termoli fa fatica ad interrogarsi, a guardarsi intorno e a cogliere la complessità e la profondità delle problematiche che emergono in una società che cambia tanto rapidamente come la nostra. La morte atroce e violenta di un giovane uomo senza dimora avvenuta nel cuore di Termoli ci riguarda tutte e tutti. Non come operatori, tecnici, specialisti, addetti ai lavori. O non solo. Ci riguarda prioritariamente come cittadini. Come abitanti di questa stessa città. È un fatto grave, violento, tragico che, al di là del clamore mediatico che può aver suscitato, scuote i nostri cuori e le nostre menti. Vorremmo quindi che, con oggi, si possa, da un lato, ridare dignità a quella giovane vita che se n’è andata; e, dall’altro, ridare dignità alla comunità cittadina stessa, di cui siamo parte, che solo prendendosi cura dell’altro in difficoltà si prende davvero cura di sé.
Quello delle persone senza dimora in Italia è un fenomeno strutturale, drammaticamente in aumento negli ultimi anni: si stima che il numero di persone senza dimora in Italia sia, oggi, almeno raddoppiato rispetto all’ultima rilevazione Istat del 2014, arrivando a toccare 100.000 persone. Parallelamente al numero delle persone che vivono in strada cresce, purtroppo e drammaticamente, il numero delle persone che in strada muoiono: nel 2023 sono 389; sono stati 399 nel 2022: più di una persona al giorno. Molti di loro restano senza nome.
Angelo è morto a Termoli, in un vicolo del corso a pochi metri dal passeggio serale: nel novembre 2018, aveva poco più di 50 anni. Ma Angelo ha vissuto a Termoli: quanti di noi l’hanno visto? Aveva amici, accoglieva sempre con un sorriso e sognava una casa.
Angiolino è morto nel febbraio 2022. Ma Angiolino ha vissuto a Termoli: quanti di noi l’hanno visto? Sapeva essere scorbutico, amava prenderci in giro, il suo volto si illuminava quando faceva una risata. Ha cercato una casa fino alla fine.
Roberto è morto da solo in una triste strada di campagna. Ma Roberto ha vissuto qui tra noi. Ha teso più volte una mano. Siamo stati pronti a raccoglierla? Ha sfidato le regole, ma cercava la serenità. I suoi bagagli con tutti i suoi averi sono stati rovesciati in strada e vandalizzati dopo la sua morte.
Emil è morto a Termoli, nel Parco comunale, nell’ottobre del 2020. Ma Emil ha vissuto a Termoli: quanti di l’hanno visto? Invisibile a molti dei nostri sguardi, senza tante parole ha saputo stringere legami e comunicare affetto alle persone intorno.
Pasquale è morto pochi giorni fa. Pasquale ha vissuto a Termoli un bel pezzo della sua vita. Per anni lo abbiamo incrociato in stazione e nelle strade della città come una presenza costante a cui in pochi facevano caso. Pasquale abbiamo scoperto poi che non si chiamava veramente così, ma per noi è rimasto Pasquale perché quello era il nome che si era scelto per questa sua vita tra noi. Il suo sguardo e le sue battute facevano venir voglia di stargli vicino e passare tempo in sua compagnia.
Vittorio se n’è andato anche lui pochi giorni fa nella struttura vicino a Isernia dove stava da alcuni anni, dopo essere diventato improvvisamente cieco e non autosufficiente. Vittorio ha vissuto a Termoli, in mezzo a noi, per anni. Nel parchetto dove stava spesso, sulla panchina che era il suo giaciglio poteva stare a chiacchierare per ore la sera prima di dormire, e poi a un certo punto dal nulla diceva “adesso andatevene”. È stato solo grazie all’intervento della Caritas di Termoli-Larino se, in quel torrido 15 agosto di alcuni anni fa, si è riusciti a trovare un modo per non farlo più vivere in strada.
Paolo se n’è andato ad aprile del 2022. Paolo era nato e vissuto a Termoli. Amava e raccontava il mare, i vestiti alla moda e i ricci di cui andava orgoglioso. Gli piacevano i Depeche Mode e la musica dei suoi anni ‘80. Ha trascorso settimane di sofferenza vivendo in una macchina, prima che la sua malattia venisse riconosciuta: ma noi dov’eravamo?
Occupandoci dei problemi sociali, del disagio adulto, delle persone senza dimora, del dolore mentale diffuso, dei problemi legati alle dipendenze patologiche, della sofferenza giovanile, del disagio abitativo, dello sfruttamento lavorativo, delle difficoltà che incontrano le persone migranti; occupandoci di emarginazione, noi ci occupiamo della società, del suo lato oscuro, cercando, attraverso il nostro lavoro, di illuminarlo, e di rimuovere le barriere e gli ostacoli, (come dice la nostra Costituzione) che impediscono alle persone di essere libere e di svilupparsi.
Quindi agiamo politicamente, nel senso più radicale del termine. Lo facciamo con quanto più senso di responsabilità possibile verso le Istituzioni, con professionalità e anche con spirito di abnegazione; ma, allo stesso tempo, non ci sottraiamo dal prendere parte, dal prendere posizione a favore dei diritti, di una società più giusta, che oggi non c’è.
Pronti anche a pagarne le conseguenze, ad esempio in termini di precarietà e di ostilità nei nostri confronti da parte di alcuni.
Ma lo facciamo, anche e soprattutto, per far sì che il lavoro sociale ritrovi la sua originaria vocazione, ossia torni ad essere lavoro che promuove cambiamento sociale, trasformazione della società nella direzione della giustizia e dei diritti per tutti.
Stimolati e supportati dalla Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora, spesso ci chiediamo: “perché, nonostante le nostre migliori intenzioni, ci sono ancora persone nella nostra comunità che vivono e muoiono per strada?”.
Questa domanda ci porta ad affrontare il problema, andandolo ad indagare in una prospettiva sistemica.
Certo, non esiste una risposta univoca a questa domanda, e comunque nessuno ha la soluzione in tasca per problematiche così complesse; ma questa domanda ci aiuta, se non altro, a spostare lo sguardo, ad interrogarci diversamente, che poi è quanto vorremmo che facessero tutti i soggetti che di grave emarginazione si occupano nel territorio. È quanto, peraltro, stiamo provando a fare, ad esempio avviando delle sperimentazioni per l’accesso alla casa in favore di persone senza dimora che sono sul nostro territorio: il principio è che la casa è un diritto umano universale, a partire dal quale ricostruire nuove esperienze abilitanti di abitare il territorio. L’obiettivo è homeless zero, che nessuno più viva per strada. Si tratta di un obiettivo raggiungibile: cominciamo a fare il nostro, cominciamo da Termoli.
Tuttavia bisognerebbe fare molto meglio e di più: a Termoli sono troppo frammentati gli interventi per il contrasto al grave disagio adulto, e spesso addirittura incoerenti tra loro. Manca una visione che connetta, che metta insieme i pezzi dando senso e prospettiva: la grande assente, come al solito da queste parti e di questi tempi, è la politica. È la società intera ad essersi depoliticizzata. Ma ognuno di noi non è un’isola, e i problemi di ciascuno sono problemi di tutti.
Il disagio abitativo oggi è una grande questione nazionale.
Anche in Molise, e proprio in provincia di Campobasso, nel 2022 abbiamo registrato il più alto numero di sfratti eseguiti degli ultimi 10 anni (390).
Ma perché questo problema non è in cima all’agenda politica? Perché la sofferenza che incontriamo ogni giorno in città non ha spazio nei dibattiti pubblici e nelle campagne elettorali, se non in modo sommario e strumentale?
Noi operatori sociali ci sentiamo spesso soli: facciamo un lavoro delicato, complesso, anche rischioso, ma spesso non ci sentiamo riconosciuti nella società. E spesso le nostre stesse vite sono precarissime, a rischio povertà. Solitudine e precarietà sono paure che condividiamo con le persone più in difficoltà che cerchiamo di aiutare con il nostro lavoro: questa situazione di smarrimento trasversale e generalizzata va superata!
Ciò che ci preme sottolineare è l’importanza del lavoro sociale e che le politiche per la marginalità escano fuori dalla marginalizzazione in cui, paradossalmente, sono state esse stesse relegate.
Il senso che vorremmo dare a questa giornata, infine, è nello stesso tempo un “mai più” e un inizio.
Il “mai più”: mai più indifferenza; basta con una visione della società mercantile, con una idea di lavoro sociale solo tecnica, senz’anima. Combattiamo l’ignoranza, i pregiudizi, le stigmatizzazioni che generano esclusione ed emarginazione.
Con oggi vorremmo iniziare un percorso, attivare un processo con quanti vorranno esserci. Ci piacerebbe, almeno una volta al mese (sarebbe significativo farlo ogni 29 del mese, già a partire dal prossimo gennaio) ritrovarci con chi vorrà esserci per approfondire insieme i problemi dell’emarginazione e dell’esclusione delle persone senza dimora che vivono nella nostra città.
Uno spazio itinerante, in cui incontrarci con i vari pezzi della nostra comunità cittadina sensibili e interessati (e, sappiamo, ce ne sono tanti) per continuare ad interrogarci collettivamente e, magari, trovare delle buone soluzioni insieme!
Un percorso comunitario per il benessere delle persone più in difficoltà che abitano il territorio, e, quindi, per il benessere di ognuna e ognuno di noi. Grazie!»
Una fiaccolata che abbiamo voluto seguire in diretta, per l'intero percorso.