Il ruolo della Polizia postale nelle minacce online a ragazzi e bambini

Safer Internet Day mar 06 febbraio 2024
Attualità di La Redazione
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Il ruolo della Polizia postale nelle minacce online a ragazzi e bambini ©TermoliOnLine
Il ruolo della Polizia postale nelle minacce online a ragazzi e bambini ©TermoliOnLine

CAMPOBASSO. Negli ultimi 10 anni, il panorama del rischio online per i minorenni si è ampliato, arrivando ad esprimersi con manifestazioni cibernetiche per ogni tipo di fragilità tipica dell’adolescenza.  La pandemia ha impresso un’accelerazione ulteriore al processo di alfabetizzazione informatica dei bambini e degli adolescenti, mostrando subito la complessità che tale anticipazione può determinare. Sono ben 3444 le denunce sporte negli Uffici della Specialità nel 2023 che hanno riguardato forme di aggressione online in danno di minorenni: un numero impressionante di casi in cui le fragilità evolutive, lo sviluppo tecnologico, la socializzazione via web hanno prodotto un disagio e pericolo per bambini e ragazzi richiedendo un impegno incessante della Polizia di Stato e degli specialisti della Polizia Postale. Lo sfruttamento sessuale online ricomprende diversi fenomeni di aggressione ai minori: è nato quasi contestualmente all’avvento della rete internet e prevede l’uso del computer e di altri supporti tecnologici, per attività di pedofili prevalentemente. 

Il fenomeno è in rapida espansione poiché sfrutta le opportunità che via via la tecnologia offre e si inserisce nei cambiamenti sociali e di comunicazione che interessano tutta la società civile. La presenza di un supporto informatico, smartphone o computer, costituisce una variabile di peso psicologico non trascurabile nella definizione delle dinamiche tipiche del fenomeno. Le vittime si sentono più protette nelle interazioni online, sono inclini a condividere informazioni private tramite i social, cercano la popolarità e fanno fatica a credere che dietro ad un atteggiamento confidenziale e seduttivo possa nascondersi un’autentica intenzione criminale. 

L’impegno della Polizia Postale si è concentrato sul traffico di foto e video che ritraggono vittime minorenni di abusi sessuali, sulla loro identificazione attraverso un’intensa attività di monitoraggio delle comunità e dei siti dove il materiale viene scambiato, prodotto e commercializzato, per l’individuazione dei soggetti, anche stranieri coinvolti. Sono state numerose e significative le indagini condotte dagli Uffici della Specialità secondo la modalità sottocopertura, con agenti infiltrati in questi gruppi di élite criminale in cui il primato triste e deprecabile spetta sempre a persone che abusano di bambini a cui spesso sono legati da vincoli familiari e di vicinanza.  

I soggetti che hanno interesse sessuale verso i minori hanno imparato a sfruttare la familiarità dei più giovani con i social network e i servizi di rete, per avvicinarli ed interagire con loro. Spesso la tendenza al narcisismo e al presenzialismo che caratterizza preadolescenti e adolescenti è diventato un fattore facilitante per il groomer nel costruire un legame “pseudo affettivo” con le vittime, anche usando un linguaggio fatto di emoticons, stickers, per creare una confidenza crescente, fino alle richieste esplicite di immagini sessuali, induzioni ad atti di autoerotismo ed incontri reali. 

Anche le nuove piattaforme e le app di gioco online sono diventate un luogo virtuale non privo di rischi. Si pensi alla comunità virtuale costituita dai fruitori dei giochi online di grande richiamo, che consentono a milioni di minorenni di costruire crew di gioco, di comunicare in tempo reale con altre squadre, di sfidarsi in battaglie virtuali. L’insieme di questi “luoghi” virtuali può diventare il teatro di richieste sessuali, mascherate da scambio di favori, nel quale bambini e ragazzi subiscono la fine arte manipolatoria e criminale di adulti il cui obiettivo è indurre al compimento di azioni sessuali e alla produzione live di materiale pedopornografico.  

Nel corso del 2023, nell’ambito dell’attività di repressione svolta dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia online- CNCPO, sono stati trattati complessivamente 2702 casi, che hanno consentito di denunciare 1131 soggetti adulti, di cui 108 tratti in arresto per reati connessi alla materia degli abusi tecnomediati in danno di minori.  

Per quanto concerne l’attività di prevenzione svolta dal C.N.C.P.O. nel 2023, attraverso una continua e costante attività di monitoraggio della rete, sono stati visionati 28355 siti, di cui 2739 inseriti in black list e oscurati, in quanto diffondono contenuti pedopornografici. 

Nel 2023 sono stati trattati 353 casi di adescamento online; anche quest’anno la fascia di età fino ai 13 anni è quella più colpita da attenzioni malevole con 239 casi rispetto al totale delle vittime. Degno di attenzione è anche il dato che riguarda il numero dei casi che coinvolgono bambini sotto i 10 anni: casistica numericamente quasi assente prima della pandemia, è attualmente presente anche se in numero ancora contenuto.

Fenomeno in crescita e preoccupante è la sextortion, che ha investito centinaia di adolescenti,  soprattutto maschi, di età compresa tra i 15 e i 17 anni, trasformando l’esplorazione sessuale tipica in  fase adolescenziale in un incubo fatto di ricatti e somme di denaro estorte sotto minaccia: la Polizia  Postale infatti ha recentemente identificato decine di vittime minorenni, agganciate sui socialnetwork  da profili di apparenti coetanee, che, fraudolentemente, inducono i ragazzi a compiere azioni sessuali  in webcam, fotografandosi nudi, per poi minacciare di diffondere tale materiale a tutti i contatti. Il fenomeno, grave per le vittime nelle sue conseguenze in termini di reputazione, ha impattato su fasce di età più giovani e fragili, dopo essere stato per molti anni, un rischio concreto per molti adulti che frequentavano circuiti di chat sessuali e/o che utilizzavano i socialnetwork per approcci sentimentali. 

Nel 2023 sono stati trattati 137 casi di sextortion, la maggior parte dei quali nella fascia 14-17 anni, ma anche il dato che riguarda i minori di età compresa tra i 10-13 anni (20) può destare preoccupazione in ordine alla particolare fragilità di queste giovani vittime. 

Il cyberbullismo è un’altra forma di minaccia che aggredisce i piccoli internauti ma che proviene, da coetanei, secondo una logica in cui il confine tra vittime e carnefici è labile e si incentra sull’impulsività tipica dell’età. 

Il mondo dei ragazzi ha conquistato nel tempo nuove prospettive laddove affianca ai luoghi tradizionali di socializzazione come il “muretto”, la piazza sotto casa, il bar dello sport, le così dette piazze virtuali dalle chat ai socialnetwork attuali, dove le regole morali, i freni inibitori, le reazioni emotive, gli agiti aggressivi possono manifestarsi con maggiore “teatralità” e minor controllo. 

La maggioranza delle aggressioni in rete, delle diffamazioni via social avvengono tra ragazzi che si conoscono nella vita reale e hanno condiviso percorsi comuni: scuola, sport, tempo libero. 

Nel 2023 sono stati trattati 291 casi di cyberbullismo. 

Per le vittime diventa difficile denunciare perché in molti casi non sanno di avere diritto ad una tutela, a volte credono di meritarsi certi insulti e non vogliono apparire fragili di fronte ai loro genitori, determinando quei vissuti di intrappolamento che possono condurre a forme di autopunizione, a restrizioni alimentari, a forme di disperazione profonda che possono sfociare in azioni irreversibili. 

Le principali forme di fragilità adolescenziale trovano in rete modo di essere rappresentate, raccontate, e spesso amplificate da circuiti informali, ma fortemente attrattivi per i ragazzi, in cui si cerca di fare gruppo, di aiutarsi, di fare fronte comune, apparentemente in un’ottica di reciproco rafforzamento, in realtà opponendosi alle cure e alla guarigione. 

Gli spazi web dedicati all’anoressia e bulimia sono rappresentati da blog personali, spesso ospitati su piattaforme internazionali di cessione gratuita di spazi web, nei quali si dichiara, talvolta con “fierezza”, la propria condizione di anoressiche attraverso diari alimentari, racconti di episodi personali, citazioni pseudo scientifiche a supporto del proprio stile alimentare che sembrano esprimere una ricerca di legittimazione globale attraverso la rete, dall’altra i gruppi di messaggistica istantanea sui quali sembra stia recentemente avvenendo uno spostamento massiccio di ragazzi e ragazze con disturbi alimentari. 

I gruppi di messaggistica istantanea sono costruiti, in generale, secondo una logica di sollecitazione alla partecipazione dei singoli membri: nei gruppi pro-ana e pro-mia il costante, continuo, ripetuto invio di messaggi diventa ossessivo e talvolta prodromico al rafforzamento di un senso di appartenenza e identità, purtroppo, patologica. 

La prassi utilizzata più di frequente è quella di attivare blog tematici ed informativi, rivolti alla generalità degli utenti i quali possono venire reindirizzati privatamente a gruppi più ristretti, su piattaforme diverse di social network o di messaggistica. 

La condivisione da parte dei partecipanti delle medesime fragilità, l’instabilità emotiva tipica di queste problematiche rendono difficile distinguere chi possa svolgere nel gruppo stesso in maniera stabile il ruolo di leader, supporter, ispiratore o semplice partecipante. 

In questi gruppi online, l’identificazione dei minori e la comunicazione ai genitori dello stato di fragilità condiviso in rete è l’obiettivo primario di ogni accertamento. 

Anche aspetti autenticamente propri dell’infanzia e dell’adolescenza rivelano in rete il loro carattere problematico.  

Le social challenge, sfide e prove di coraggio, sono una delle “relative” novità che si sono imposte all’attenzione dei media perché comportano concreti rischi per i ragazzi. Si tratta di sfide che si diffondono tra i giovani attraverso la viralizzazione di video nei quali i ragazzi si sfidano a compiere azioni più o meno pericolose, allo scopo di crescere in popolarità sul web. 

Il “Black out game” è una delle declinazioni di questo fenomeno che è stata messa in connessione alla morte di alcuni giovani, in Italia e in altri paesi del mondo. Secondo questa pratica, i ragazzi metterebbero in atto procedure, o si farebbero aiutare da coetanei, per indursi un progressivo stato di asfissia, vicino allo svenimento per sperimentare l’euforia conseguente al rispristino della respirazione normale, riprendendosi e caricando i video su circuiti di videosharing.  

Si possono ancora annoverare fra le più “famose” challenge diffuse in rete, l’ingestione di tabs di  detersivo, il binge drinking (bere molto alcol in poco tempo sino a perdere il controllo), del knockout  (colpire con un pugno uno sconosciuto senza motivo), del deodorant challenge (spruzzarsi il  deodorante sino a produrre ustioni), la salt challenge (assumere grandi quantità di sale in tempi  ristretti, col rischio di determinare squilibri a livello cerebrale e cardiaco), la fire challenge (cospargersi  arti o parti del corpo con liquidi infiammabili, in prossimità di docce e rubinetti al fine di bloccare il  fuoco in tempi brevi) etc. Non ultimo il rooftopping, una pratica che nella ricerca della viralità induce giovani ad arrampicarsi su palazzi per immortalarsi in pose pericolose su palazzi pubblici o seduti su cornicioni alti di strutture pericolanti. 

La Polizia Postale monitora il web in modo costante e dirama puntualmente alert specifici sui suoi canali social (www.commissariatodips.it e Una vita da Social) al fine di informare i genitori rispetto a tali rischi e per sensibilizzare i ragazzi a non correre pericoli inutili, mantenendosi al sicuro.

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