Ponte di fede tra Oriente e Occidente, il ritorno della reliquia di San Timoteo a Costantinopoli

Solenne Pontificale dom 12 maggio 2024
Attualità di Emanuele Bracone
4min
La processione di San Timoteo ©TermoliOnLine
La processione di San Timoteo ©TermoliOnLine
L'intervista al vescovo di Istanbul-Costantinopoli, monsignor Massimiliano Palinuro

TERMOLI. Prosegue il periodo di grazia alla chiesa di San Timoteo, che ha celebrato ieri il Solenne Pontificale del compatrono di Termoli.

Come ha ribadito il parroco, don Benito Giorgetta, «Grande circostanza quella di ieri nell’ambito della celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Massimiliano Palinuro, Vicario apostolico dì Istanbul e amministratore apostolico di Costantinopoli, gli è stata consegnata una insigne reliquia di San Timoteo che verrà collocata nell'altare dell’Apostoleion luogo da cui nel 1204 fu trafugato alla fine della IV crociata». Evento storico dunque, che costituisce il ritorno di una parte del corpo del Santo e discepolo di San Paolo nel luogo di origine.


Al termine della celebrazione, concelebrata dal vescovo Gianfranco De Luca e dallo stesso don Benito, grande processione che dal secondo corso si è snodata sul borgo antico, con preghiera dinanzi alla Cattedrale e poi ritorno da via Roma, Corso nazionale, Corso Umberto, sino alla chiesa che porta il suo nome.


Vita di San Timoteo

Timoteo è un santo ancora oggi poco conosciuto, benché sia citato parecchie volte nel Nuovo Testamento, in particolare negli Atti degli Apostoli e nelle Epistole di Paolo, suo maestro e modello di vita, il quale gli indirizzò anche, secondo la tradizione, due lettere.

Il nome era abbastanza comune nel mondo greco e può tradursi con “colui che onora Dio”, idoneo ad indicare il suo rispettoso e delicato amore verso il Padre e la fedele sequela delle Sacre Scritture, sulle orme del forte e coraggioso Paolo di Tarso.

Questi lo conobbe giovanetto tra gli anni 47 e 49, nel corso del primo dei suoi numerosi viaggi missionari, a Listra, colonia romana della montuosa e rozza Licaonia nell’Anatolia centrale, e poi lo incontrò una seconda volta, quando era già largamente stimato dai fratelli delle vicine comunità Lo scelse di persona, quale “figlio diletto e fedele nel Signore” (1 Cor. 4, 17), per diffondere il Vangelo sia tra i pagani, perché era figlio di un greco, sia tra gli ebrei e i giudei da poco convertiti al cristianesimo, perché nato da un’ebrea, e lo fece circoncidere, contrariamente a quanto aveva fino allora consigliato, per non suscitare ostilità in quegli ambienti che non vedevano di buon occhio il suo originale stile missionario, pur approvato da Pietro, Giacomo e Giovanni.

Paolo rimase affezionato a Timoteo per tutta la vita, sentendolo vicino nei momenti di difficoltà, di solitudine morale e di terribili prove, e lo stimò persona capace di rappresentarlo in circostanze delicate della vita di alcune giovani comunità cristiane (a Tessalonica, in Macedonia, a Corinto) per correggere errori e sedare polemiche, esortandolo a insegnare “senza vane dispute”, certo dell’efficacia della divina ispirazione.

Così commentava: “Non ho nessuno di animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre, perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo” (Fil. 2, 20). Il giovane Timoteo non si lasciò intimidire dalla sua breve esperienza, dal temperamento riservato o dalla salute malferma (nel culto popolare fu invocato contro i disturbi allo stomaco), plasmato in tutto dalle vibranti esortazioni dell’apostolo: “Tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni” (1Tim. 6, 11-12).

Viaggiò per tutta l’Asia Minore e in Europa (a Corinto fu attivo con il più anziano Sila, altro discepolo di Paolo), raggiungendo Gerusalemme e Roma, dove assistette al martirio per decapitazione del suo maestro, avvenuto forse nell’anno 67. Così Paolo scriveva: “Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me che sono in carcere per Lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio” (2 Tim. 1, 7-8), e aggiungeva: “Tu mi hai seguito da vicino nell’insegnamento, nella condotta, nei propositi, nella fede, nella magnanimità, nell’amore del prossimo, nella pazienza, nelle persecuzioni, nelle sofferenze” (2 Tim. 3, 10-14).

Timoteo, dall’età di circa 35-40 anni, fu anche vescovo di Efeso, popolatissima capitale della provincia romana dell’Asia sulla costa occidentale dell’attuale Turchia, e qui conobbe Giovanni, il quale tornando dalla vicina Patmos dove aveva ricevuto grandi rivelazioni, gli subentrò come vescovo.

Ad Efeso Timoteo era infatti morto nel 97, cadendo sotto i colpi dei sassi e le sferzate dei bastoni, per essersi opposto alle volgarità e nefandezze di alcuni culti pagani; per questo motivo è spesso raffigurato con la palma della vittoria ricevuta da Dio. Un anonimo scrittore della metà del sec. V, combinando più tradizioni, precisò la data della sua morte al 22 gennaio, secondo il calendario orientale, ma in Occidente è ricordato con Tito (primo vescovo di Creta) il giorno 26, successivo alla festa della conversione di s. Paolo, loro comune maestro.

(Fonte parrocchia di San Timoteo).

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