Docente UniMol e autore di brani, il professor Raffaele Aceto e gli "Influencer"
TERMOLI. Personalmente, lo conosciamo da quasi 30 anni, innumerevoli volte abbiamo viaggiato assieme sulla tratta Termoli-Campobasso, per raggiungere la sede dell’Università degli Studi del Molise. A distanza di quasi sei lustri stima e rispetto restano immutati, anche se non c’è più quel rapporto docente-studente, per ovvi motivi anagrafici e di vita. Ma ha sempre modo di sorprenderci.
Raffaele (detto Raphael) Aceto figlio di emigranti molisani è nato e cresciuto a Montreal, Canada. Dopo gli studi e una vita professionale fra la traduzione e la musica, decide nel 1994 di trasferirsi in Italia dove conosce sua moglie e vince un concorso per insegnare la propria madrelingua inglese presso l’Università degli Studi del Molise.
Nonostante il background culturale inglese, comincia curiosamente a scrivere testi in italiano. Ma forse è stata la permanenza in questo Paese a spingerlo a confrontarsi con i testi di canzoni in lingua italiana. Dopo averne scritti circa 40, alcuni in stile pop - tra cui la più nota “L’Influencer” - e altri più seri che si rifanno a fatti storici e letterari, decide di cimentarsi nella scrittura di testi in lingua inglese.
Peraltro, cade a pennello per dare anche un aggiornamento sul dato del sondaggio che abbiamo promosso nelle ultime settimane: Influencer: quanto li segui e "influenzano" i tuoi gusti e preferenze?
Tre lettori su 4 dichiarano di non seguirli, solo il 2,76% ne accoglie i suggerimenti e meno del 23% li "scruta" ma non facendosene influenzare. Sarà realmente così?
L’Influencer
Il brano nasce dalla constatazione che soggetti senza né arte né parte, chiamati con il termine “influencer”, siano diventati punto di riferimento per una gran massa di persone che cercano consigli online circa la moda, il make up, ecc. Così, la moderna fiera della vanità richiede che l’influencer si mostri in etere con borse, scarpe, vestiti di marca e, a loro volta, le case di moda e le marche retribuiscono il tramite, il mediatore, per il servizio ricevuto. La visibilità si traduce in business milionario e pertanto, il castello di marzapane poggia su una base di frivolezza, superficialità e vanità. Senza dimenticare l’avidità.
Eppure nella recente storia occidentale dell’intrattenimento – pop, sportivo, cinematografico – si è sempre partiti con il talento di un attore, di un calciatore, di un cestista, di un rocker, di un cantante e via dicendo; l’influencer invece non ha talento se non quello di scegliere e mostrare oggetti di moda. Il privilegio che si sono ritrovati tali personaggi, tuttavia, rappresenta uno schiaffo in faccia al resto della società, la stragrande maggioranza di cui – composta da lavoratori, professionisti, pensionati, studenti – guadagna con fatica la propria esistenza economica, portando avanti la baracca con difficoltà, chi più, chi meno. E così la grande visibilità dell’influencer mette in risalto la disuguaglianza esistente nella società; tuttavia, quest’ultima poggia sulla “devozione” dei fan, i quali non contestano affatto la distanza economica fra essi e i milioni guadagnati dall’influencer anche grazie a loro. Un po’ come la devozione profferta dai devoti che nella loro relativa penuria sopportano gli agi dei sacerdoti. Ciò rappresenta bene il tramite offerto dall’influencer retribuito il quale mette in contatto il profano e gli dei olimpici della moda. I recenti scandali dimostrano tuttavia quanto sia fragile la tenuta etica dell’influencer.
Nel brano, tale critica sociale alla figura viene servita in un involucro commerciale pop. In modo leggero, e grazie anche al suo ritmo coinvolgente, il brano porta a riflettere sulla figura degli influencer.