Sofferenze e solitudini su cui intervenire, «Creiamo una rete di protezione sociale»
TERMOLI. Per quanto possibile, abbiamo seguito nel corso degli ultimi 12 mesi l’attività promossa sul territorio da chi ha vissuto la tragedia di Pozzo Dolce come un segnale di sofferenza del territorio da cui ripartire, necessariamente, affinché non ci fossero più persone lasciate morire per strada, come avvenuto per lo sfortunato N.
Di questo si è parlato anche nell’assemblea che ieri sera ha approfondito i temi toccati nella commemorazione sul sagrato della chiesa di Sant’Antonio, sulle parole di Città invisibile-Faced e Caritas diocesana, attraverso Roberto De Lena, Francesco De Lellis e Vito Chimienti.
Come hanno ribadito gli intervenuti, esiste una città nella città, che vive di solitudine, è resa invisibile e marginalizzata, anche se è sotto gli occhi di tutti, anche se i suoi abitanti ci passano accanto ogni giorno, realtà che grida giustizia e non può lasciare indifferenti.
Ora, accanto alle lodevoli iniziative come l’ospitalità di 12 senza dimora in appartamenti a uso sociale contro l’emarginazione, nel percorso su come manifestare il dolore e la rabbia, ma anche su come fare ‘luce’ su questi fenomeni, l’obiettivo è quello di stimolare le istituzioni locali, le associazioni e i cittadini a contribuire ciascuno nel proprio ruolo alla creazione di una rete di protezione sociale e solidale.
Non un traguardo semplice da raggiungere, specie in un contesto come quello attuale, dove i rapporti umani appaiono diversi dal passato.