CAMPOBASSO. Corre voce, visti i numeri di tutte le Comunità (grandi e piccole), che il Molise sia la regione che detiene il maggior numero di edifici di culto, concretando una ‘Civitas Dei’ che, volendo, potrebbe essere senz’altro considerata un Paradiso in terra. Mi riuscirebbe difficile certificare la veridicità di questo primato, acclarato – negli Anni ’60 – da un inviato de IL MATTINO di Napoli che partecipava ad un’Edizione del Premio Jovine. Dopo di avere fatto il giro degli ottimati locali, ed avere toccato con mano l’orgoglio di ognuno (“Questo territorio è stato il primo ad ospitare …”), intitolò il suo primo ‘pezzo’:”Il Molise vanta tutti i primati, quelli possibili e quelli impossibili”.
Se, poi, mettiamo in rapporto il numero dei Santi venerati ‘in loco’ con quello dei luoghi sacri, si scopre subito (limitandoci, per comodità, al caso di Larino) che, al Compatrono San Pardo, sono associate tante altre ‘aurèole’ (quelle di Primiano, Firmiano, Casto, tutti comprotettori) oltre a quelle che circondano le fronti di S. Rocco, di S. Antonio e di S. Luigi. Sia i primi che i secondi godono di un momento di celebrità durante la processione di maggio, quando i loro busti vengono mostrati all’intera Città. Ma solo il suo si immilla nell’argento. Ciò posto, seppure non possa dirmi certo di questo curioso ‘rècord’ ecclesiale, sono più che convinto che poche altre regioni possano vantare un corteggio di Santi altrettanto vasto, riunito in un Comitato di assoluto prestigio, fosse pure semplicemente gonfiato dall’orgoglio paesano.
Ciò fa capire perché, così come accade per certe cose della Politica (dove ogni partito, o addirittura ogni gruppo di potere, si preoccupa di piazzare i propri sodàli), a qualcuno piaccia ritenere che qualche Santo sia stato abilmente ‘cooptato’ allo scopo di garantire visibilità ad un Ordine religioso o ad un gruppo di ottimati od a qualche centrale di potere prossimo alle tonache. Il problema, sostengono, è che, ad onta di questa plètora di garanti (di cui alcuni versati in alcuni rami sociali di vitale importanza), oltre a S. Rocco (che difende dalle pestilenze), non ve n’è uno abilitato a scansare i terremoti che, bene spesso, oltre ai danni inferti al tessuto economico e sociale, possono anche originare guai di genere politico. Certo è che il catalogo delle ‘sfighe’ locali si è mantenuto alquanto robusto. Il che, se da un lato può radicare nell’idea che, a fronte di così numerose disgrazie, riuscirebbe opportuno dotarsi di una ‘task force’ più agguerrita, dall’altro insinua il sospetto che troppe teste potrebbero finire per rendere di fatto ingovernabile il destino di tante antiche ‘Civitates’.
Sospetto peraltro suffragato dall’osservazione dei casi della Politica e delle Amministrazioni, coi loro carichi di presunti ‘manager’, scelti – senza concorso – al di fuori delle dotazioni organiche, o di tanti altri lavoratori (socialmente poco utili) della cui produttività sarebbe il caso di dubitare o alle diatrìbe che intercorrono nel Palazzo – nel silenzio di certi sindaci – tra chi esercita la funzione dirigente ed il contorno dei presunti ‘inferiori’. In effetti sembrerebbe che certe presenze siano state finalizzate non ad un obiettivo di qualità totale quanto piuttosto ad una lottizzazione od a forme indiscriminate di assistenzialismo.
Ora io non saprei dire se una situazione del genere possa prefigurare il modello di un malcostume politico. Ma di sicuro sembrerebbe che questo nascondersi all’ombra di ‘clerici’ e di aurèole abbia finito per incidere profondamente, oltre che sul volto delle Comunità, anche sul suo spirito. Sono anzi convinto che, nel bene come nel male, il Molise sia stato forgiato in una certa forma non dall’avvento dei vari popoli succedutisi nel tempo, ma da ben altre presenze; e sarei pronto a sostenere pure che, a formare il carattere dei Molisani, non siano stati i ‘clerici’. Difatti, a tale proposito, qualche buon teologo di paese ha sostenuto che – per quanto riguarda la 20^ regione – sia stato il carattere regionale ad avere ‘modificato’ l’ìndole dei preti, e non viceversa. Vero o no, proprio qualcuno del ‘ramo’ clericale, è aduso a sottolineare che, quando vi siano molte disgrazie, servono di sicuro molti appoggi; e, dal momento che il linguaggio locale ha dimestichezza solo con la speranza, col tempo il Molisano ha preso l’abitudine ad accasarsi con le tonache disponibili.
Claudio de Luca