"Napulammore": dicono di noi

La recensione dom 07 agosto 2022
Comunità di La Redazione
2min
"Napulammore": dicono di noi ©Termolionline.it
"Napulammore": dicono di noi ©Termolionline.it

TERMOLI. La forza della musica è insita anche nella capacità di aggregazione che riesce ad infondere quando la si ascolta; la musica in genere, e la canzone napoletana in modo particolare, rappresenta un linguaggio universale, una sorta di moderno esperanto, capace di far dialogare culture diverse, generazioni tra loro anche lontane, persone di qualsiasi latitudine, colore della pelle e ceto sociale. E poi quando i teatri sono cortili monumentali di antichi palazzi, testimoni di un lontano passato con reminiscenze dell'epoca borbonica e dei fasti dell’Italia pre-unitaria di cui la nostra terra molisana è ricchissima, il mix è veramente perfetto ed il risultato non può che essere entusiasmante. È in un contesto di questo tipo che, qualche giorno fa, il trio Napulammore con la sua meravigliosa e coinvolgente musica ha impreziosito, in un evento rigorosamente privato, un ambiente di per sé austero e dove normalmente regna il silenzio, rotto soltanto dai passi veloci di chi attraversa l'antico cortile, magari fermandosi un attimo ad ammirare la maestosa architettura di metà Ottocento, o di chi sale l’imponente scalinata di accesso al primo piano, un tempo sede degli alloggi padronali. Un modo inedito e certamente originale per concludere la tre giorni della festività del patrono della città di Termoli, San Basso. Un’idea raffinata e originale con il perfetto connubio tra una location di eccezione e una musica di livello, perfettamente interpretata ed arrangiata da Osvaldo, Marco e Francesco, che definire eccezionali sarebbe semplicemente riduttivo.

Tre veri fuoriclasse nel loro campo, come dimostrato anche dai loro curriculum, capaci di parlare veramente da soli e che non hanno bisogno di ulteriori commenti. Le parole e la musica di pezzi della canzone partenopea, che definirei storici o evergreen, come Reginella, ‘O sole mio, Malafemmena, 'A città ‘e pulecenella, ‘O surdato ‘nnammurato e le immancabili tarantelle hanno divertito, coinvolto e commosso, al tempo stesso, i padroni di casa. Che dire, una location veramente perfetta con quel tocco di partenopeo nell’ambientazione che ha reso quanto mai azzeccata la performance di chitarra e mandolino e della stupenda voce che ha diffuso, nell’afa di una torrida notte estiva termolese, note di canzoni che hanno fatto la storia della musica napoletana e che hanno portato l’italianità davvero in ogni parte del mondo. Sicuramente un bel modo per onorare la festività patronale ed omaggiare la storica dimora, un po’ assopita certo ma al tempo stesso ancora desiderosa di far parlare di sé e gelosa custode di tanti ricordi di un passato che non si deve assolutamente perdere o, peggio, dimenticare. Una bella dimostrazione di come luoghi, che ad occhi distratti possono sembrare marginali ed insignificanti, possono offrire ancora tanto con solo un poco di buona volontà. E scusate tanto ma anche questa è cultura, quella vera e genuina che ci piace sostenere e promuovere, una forma di moderno mecenatismo che può fare vivere anche gli angoli più nascosti di tanti nostri bellissimi borghi. Grazie.

Giovanni Battista Muricchio

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