Pupe in volo: «La Quarantana con le sue penne colorate»

Tradizioni mar 27 febbraio 2024
Cronaca di La Redazione
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Pupe in volo: «La Quarantana con le sue penne colorate» ©termolionline.it
Pupe in volo: «La Quarantana con le sue penne colorate» ©termolionline.it
La Quarantana con le sue penne colorate

SANTA CROCE DI MAGLIANO. Dopo la frenesia del Carnevale è di scena la Quarantana. Si tratta di una tradizione secolare fortemente radicata tra le famiglie del centro molisano. Fino all’arrivo della Pasqua questa bambola di stoffa alquanto bislacca trionfa all’interno dell’abitato. Tra un balcone e una facciata, in una via stretta, oppure tra una finestra e l’altra. La Quarantana non è altro che la personificazione della Quaresima. Si annuncia così con le sue sette penne conficcate in una patata pendente un periodo di riflessione e di ristrettezza alimentare. La Quaresima si sa segna la conclusione di un periodo che consente di sentirsi più liberi. Questa curiosa bambola di stoffa appunto ce lo ricorda in piena solitudine nel cielo del paese. Un trionfo di messaggi in questo periodo puntualmente viene assicurato in maniera spontanea da tante famiglie, che portano nel cuore i valori di questa singolare tradizione. Oggi basta fare un giro per le strade di Santa Croce per vedere oltre cinquanta bambole in volo, coloratissime, nei vicoli stretti, nelle piazze aperte e nel cuore del borgo. La venerazione è forte. Per le pupe in volo c’è un amore particolare. Ognuno la veste come vuole. Secondo i propri gusti.

È questa la novità rispetto al passato. Nell’abitato in tanti sono affezionati a questa strana figura che nasce sicuramente dalle radici albanesi del paese. Nel 1744, secondo il Tria, il paese, in virtù delle sue radici arbereshe, era denominato appunto Santa Croce dei Greci. Proprio nel cento dell’abitato, appena dopo Piazza Marconi, la Chiesa Greca è tuttora in piedi per segnalare queste origini antiche. Una Quarantana, vestita con i costumi albanesi è conservata al suo interno per ricordare la storia di questa magnifica tradizione. Un tempo la Quarantana, come vuole il sapere locale, aveva un’anima di stoffa, tutta vestita di nero. Oggi ha cambiato look. Sono le bambole conservate tra le mura domestiche ad essere vestite da Quarantana seguendo spesso la moda contemporanea. Nella tradizione l’innovazione ha fatto sì di farla crescere nelle sue apparizioni. Le sette penne, di oca, di gallina, di pavone oppure di tacchino, conficcate alla patata che porta ai suoi piedi, hanno il compito di scandire le settimane che mancano all’arrivo della Pasqua. Ogni domenica se ne toglie una fino a perderle tutte quante. Una sorta di orologio naturale per segnalare ai pastori e ai contadini provenienti dalla campagna l’arrivo della festa tanto desiderata. La Quarantana è senz’altro la signora del cielo santacrocese. Tra il Quartetto, il Casale, il quartiere che ruota intorno alla Chiesa di San Giacomo fino alle ultime case sul tratturo Celano Foggia, con i suoi colori annuncia uno spirito divino coloratissimo.  Senz’altro nasconde anche il sussulto di una filosofia arcana. Tra il sacro e il profano. Il fuso che porta in mano ricorda una delle tre Parche che presso i romani aveva il compito di tessere il destino di ogni singolo essere umano. Si spiegano così i ferri, il telaio e il gomitolo di lana tra le mani.

L’aringa appesa oppure una bottiglietta di vino segnalano il periodo di ristrettezza alimentare che ognuno deve assolutamente rispettare. Il suo guardo è vicino a chi abita il vicinato. È vigile e vivo.  Conforta. Desta una sorta di silente compagnia nei luoghi troppo spesso abbandonati alla solitudine e all’andamento lento della vita. Oggi con tanti messaggi sale in cattedra. Dall’alto tante pupe, pupattole e bambole, sparse dunque un po’, come si vede dal reportage fotografico, ovunque lanciano non pochi messaggi nei luoghi un tempo molto popolati. Il suo muto parlare strano colpisce. Porta ad orientare lo sguardo col naso all’insù verso l’azzurro. Quando la Quarantana è vestita da pupa oppure da bambina, come in tanti casi, decisamente rincuora col suo sorriso. Quando invece nel cielo, tra le nuvole grigie o piuttosto scure si mostra come una persona burbera, incute paura. Tra le Quarantane più tradizionali che meritano una visita particolare da segnalare a pochi passi dalla Chiesa Greca quella della famiglia Ciarla, tra Torre Piscone e Torre Licursi. Ogni anno vive i suoi momenti di gloria in un contesto rinnovato nei colori e nei costumi. Lo stesso vale per le Quarantane della Famiglia Foschino a cui si deve il rilancio della tradizione negli anni Sessanta. 

Quando un unico esemplare veniva portato in trionfo nel cuore dell’abitato assieme al morente fantoccio di Carnevale. Non mancano poi le pupatte della famiglia Licchio, curate nella vestizione, che in terre lontane hanno fatto il giro del mondo. Oggi con soddisfazione tante bambole continuano a spiccare il volo anche grazie a chi nel mondo della scuola ha lavorato sempre per far sopravvivere questa antica tradizione. Radicata tra l’altro in un sapere classico. Negli “Oscilla”, appunto, provenienti da riti cultuali di tipo pagano. C’è la cultura di un popolo che abbraccia due sponde.  In definitiva il culto della Quarantana cela dunque tanti segreti e tanti misteri. Ai più sconosciuti. La mano dei bambini, dei giovani e delle anziane poi lo rendono fresco e vivo. Nel paese delle tradizioni questo piccolo regno delle bambole merita senz’altro una visita. E tanti scatti. La scena teatrale c’è.

È spontanea e naturale. Nella sua simbologia allusiva e creativa, come metafora della morte e della vita, per la prima volta è stata rappresentata nelle piazze del Molise dal regista Nicola Macolino. La sua dimora è il cielo. Senza confini. Aperta al sole, alla pioggia e alla neve. Nella sua dimensione di vita, che dura quaranta giorni, poi non disturba nessuno.

Luigi Pizzuto

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