Vocazioni marittime e commerciali: lo storico trattato tra Fermo e Termoli del 1225
TERMOLI. Devo a un amico, infaticabile ricercatore, e indirettamente a un suo amico, un inedito recentissimo Studio sui rapporti commerciali tra Termoli e Fermo risalenti ai tempi di Federico II di Svevia (1194-1250), quando la Città marchigiana era lambita dal mare analogamente a Pisa, Repubblica marinara come Amalfi, Genova e Venezia.
La pergamena che riporta il Patto di reciprocità commerciale tra Ragusa (attuale Dubrovnik) e Termoli, risalente al marzo del 1203, è conservata nell’Archivio di Stato della stessa e in quello di Fermo le pergamene relative al Trattato sulla regolamentazione dei traffici marittimi tra la stessa e Temoli (giugno e dicembre 1225). Il primo è stato scritto in un Latino non proprio ciceroniano e il secondo in un Latino e in un Volgare che non sono semplici da tradurre.
Il rinvenimento del “Trattato del 1225 tra Fermo e Termoli finora sconosciuto” è dovuto al medievalista tedesco Wolfgang Hagemann (1911-1978) e di esso, come di quello di Ragusa, non c’è traccia nell’Archivio storico termolese.
Questi Documenti, come altri, sono andati distrutti a seguito dell’invasione saracena del 2 agosto 1556 la quale, mettendo a ferro e fuoco la Città ne ha cancellato il passato.
Se ad Hagemann dobbiamo la scoperta del prezioso documento e l’approfondito studio che lo precede, la sistemazione è opera del prof. Francesco Pirani il quale cura la collana ‘Fonti per la Storia Fermana’.
Il Trattato, menzionato nella “Storia di Termoli” scritta da chi firma questo articolo, andò a regolamentare con un Atto i rapporti tra le due Città marinare, divenuti critici a seguito di una confisca di beni da parte dei Fermani nei confronti di mercanti termolesi. I danneggiati si rivolsero ai Reggitori del proprio Comune per il risarcimento del danno e le Autorità di Termoli, per venire loro incontro, decisero di sequestrare le merci provenienti dal fermano.
Per evitare lo stillicidio di reciproche rappresaglie le Autorità convennero sulla necessità di disciplinare gli scambi commerciali con la sottoscrizione di un Regolamento così articolato: considerare nulle, fino alla data della stipula dell’accordo, le richieste di risarcimento e di confische pendenti sia a Fermo che a Termoli; del danno subìto (incluso eventuale credito) da un cittadino dell’una o dell’altra Città andava considerata parte coinvolta non la Città ma chi (debitore) che l’aveva provocato; l’indennizzo ai danneggiati Fermani e Termolesi veniva coperto con un’imposta applicata sull’interscambio commerciale.
Il commercio via mare prevedeva che i legni provenienti da Fermo -e che trasportavano panni di lino e di lana, manufatti, ferro, spezie …- potessero approdare a Termoli e a Campomarino e quelli di Termoli -con a bordo cereali, legumi, sementi, aglio …- oltre che a Fermo anche a Grottammare e Porto San Giorgio.
Un accordo reso possibile dal privilegio accordato dal re Ottone IV di Germania il quale aveva concesso al Comune di Fermo la piena giurisdizione ‘sulla zona costiera, a partire dal fiume Potenza al fiume Tronto’ e dalla lungimiranza di Enrico IV e del figlio Federico II di Svevia i quali avevano favorito commerci e mercati anche per ricavarne tributi per le Casse della Corte, tributi incamerati anche dalle controversie commerciali.
Nello Studio lo Storico germanico mette in luce “la significativa concentrazione del traffico proveniente da Termoli nei due porti di Grottammare e Porto San Giorgio ed a Fermo stesso” mentre le imbarcazioni del Centro marchigiano potevano rag-giungere Termoli e Campomarino e il commercio non doveva andare oltre e a nord non poteva oltrepassare il Sinarca.
E a conclusione lo stesso rileva che la pergamena contiene, per Termoli, le firme del ‘camerario’, di due ‘iudices’, altre ancora e il segno di croce di tale Robertus Maniacaballus il quale non sapeva scrivere.
Antonio Smargiassi
Storico termolese e scrittore