"Tutti pazzi" per le oche a Campomarino
CAMPOMARINO. Si narra che alla fine del XV secolo il borgo di Campomarino, abitato da pescatori e coltivatori, fu messo a ferro e fuoco dall’invasione dell’esercito turco. La battaglia per la contesa di un ampio territorio tra il Regno di Napoli e l’Impero dei Turchi fu lunga e sanguinosa e ridusse la popolazione allo stremo. I cittadini, costretti a vivere chiusi in casa e impossibilitati a procurarsi viveri col proprio lavoro, avevano ormai raschiato il fondo delle proprie dispense e conducevano una vita tra gli stenti e le scorribande degli spregiudicati soldati. Da ridente borgo, pullulante di allegra e quotidiana operosità tra le strade e i campi, fu trasformato in un luogo fantasma apparentemente disabitato tra le cui vie facevano capolino soltanto le oche che per consuetudine popolavano i cortili del paese.
Fu proprio grazie a loro che, nella notte dello sbarco dell’esercito albanese, guidato dal principe Skanderberg, chiamato dagli Aragonesi per disfarsi definitivamente della presenza turca, il popolo campomarinese si salvò da morte certa. Lo scontro che seguì tra le due compagini non avrebbe lasciato loro scampo alcuno, nessuna abitazione fu risparmiata ed estrema fu la ferocia dei combattimenti, ma quando i soldati irruppero nelle case per rifugiarsi o per scovare i rifugiati, le trovarono vuote poiché le oche, disseminate nel borgo, come abili sentinelle avvertirono il pericolo e repentinamente allertarono gli abitanti starnazzando in ogni dove e radunandosi si portarono dietro i cittadini ancora confusi per quanto stava accadendo. Dalle vie ramificate, giunsero tutte davanti alla Chiesa e si rifugiarono sotto la statua di San Vincenzo, conducendo in salvo la popolazione che si nascose nella cripta.
In memoria di quella notte, a partire 2019, ricorre la competizione del “Palio delle Oche” che intende rievocare la corsa degli abitanti dietro le oche, distinti nelle nove contrade, attraverso le vie del borgo antico. La contrada che per prima giunge con l’oca alle porte della chiesa antica, si aggiudica il Palio.
Il Palio delle Oche è inserito all’interno delle celebrazioni della Festa di San Vincenzo, due giorni intensi in cui la comunità di Campomarino si ritrova unita in una serie di sagre e rievocazioni medievali.
Quest’anno, dopo due anni di pandemia, è stato possibile organizzare la seconda edizione di un evento capace di richiamare un pubblico numerosissimo.
Il programma della manifestazione, organizzata dal Comitato San Vincenzo e dalla APS Compagnia del Bosco con la collaborazione del Comune di Campomarino e dell’Istituzione Centro Servizi Turistici e Culturali, ha visto nella giornata di sabato le celebrazioni della Festa di San Vincenzo Ferreri. Per l’occasione in piazza Vittorio Veneto è stato organizzato il gioco dell’oca umano, seguito dai giochi tipicamente medievali e da una mostra di pittura a Palazzo Norante, mentre in serata si è svolto un concerto rock dal vivo con la degustazione del piatto tipico campomarinese “seppie e piselli”.
Ma l’attesa più grande era per domenica 24 aprile, giornata dedicata al palio delle oche. Per diverse settimane le 9 contrade di Campomarino hanno dato vita ad una sana competizione volta ad addobbare e abbellire le contrade con bandiere, coccarde e vessilli dei rispettivi colori. Alle 14.00 di domenica da Palazzo Norante è partito il suggestivo corteo storico che ha raccolto le contrade lungo tutto il paese. I gruppi storici “Magister Auseris” di Campomarino e “Giovanna I d’Angiò” di Colletorto hanno animato il centro del paese con uno spettacolo che ha visto protagonisti sbandieratori e figuranti in abiti medievali. Dopo la benedizione delle oche e il giuramento dei Capi Contrada e dei conduttori delle oche ha preso il via il palio.
Nove contrade, nove oche che si sono sfidate in una corsa gogliardica ma al tempo stesso molto sentita.
A trionfare è stata la contrada “Monte Cucco”, vincitrice sulle altre otto contrade: Madonnina, Cliternia, Paese Nuovo, Lido, Furcaria, Paese Vecchio, Contrada degli Ulivi, Difensola.
Al suono delle campane, l’oca della contrada vincitrice è stata festeggiata lungo il percorso di gara, con lo sventolare dei foulard delle altre contrade. Loca è stata poi portata in processione sino alla chiesa del Santo Spirito.
Una manifestazione in grado di sollevare la curiosità di tantissimi spettatori e turisti, che hanno assistito a due giorni di festa. L’intento degli organizzatori è quello di creare una vera e propria tradizione che si appresta a continuare negli anni e che si rifà agli eventi che nei decenni e nei secoli scorsi hanno contraddistinto le celebrazioni di San Vincenzo Ferreri.
Marco Altobello