Tributo a Sonia e Romina nella proiezione di Gocce al cinema Sant'Antonio
TERMOLI. «La violenza di genere va contrastata 365 giorni l'anno. Per questo abbiamo deciso di proiettare per la sesta volta in Molise, e dopo diverse tappe extraregionali, Gocce di Simone D'Angelo, il primo cortometraggio dedicato alla prevenzione delle violenze sulle donne attraverso la cultura millenaria dell'Olivo. Un format rivelatosi inaspettatamente efficace nel rivelare le profonde contiguità della resilienza dell'albero con la capacità dell'essere umano di emancipazione e trasformazione».
Quando ha formulato questo invito, alla vigilia della proiezione, avvenuta martedì scorso, 10 maggio, al cinema Sant’Antonio, il presidente della cooperativa sociale Kairos, Nicola Malorni, aveva il ricordo in mente e il cuore trafitto dalle tragedie di Sonia Di Pinto e Romina De Cesare, due donne vittime della violenza a poche settimane l’una dall’altra. Ieri pomeriggio è stato tributato dai presenti in sala anche un minuto di silenzio per commemorarle, dopo spazio al dibattito condotto dalla giovane scrittrice termolese Dalila Catenaro, collaboratrice di Termolionline, che ha dialogato con Nicola Malorni, Simone D’Angelo e Desirèe Mancinone.
Il film breve Gocce del regista molisano Simone D’Angelo, prodotto dalla Kairos nel 2021 in partenariato, tra gli altri, con l’Associazione Italiana di Turismo Enogastronomico e con l’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, affronta il tema del contrasto della violenza sulle donne dal vertice della nascente “Olivo-cultura sociale”, approccio di intervento sociale ideato e promosso dalla Kairos in Italia e ispirato proprio alla storia di Fausto. Sullo schermo Fausto è l’albero amico d’infanzia di Eva, la giovane protagonista vittima di violenza che “ritrova sé stessa nel momento in cui recupera la propria capacità di scegliere. E lo fa attraverso una riscoperta delle proprie radici: elementi universali, come l’olio e il pane, diventano strumenti in grado di dischiudere le porte della memoria, consentendo l’accesso alla parte autentica, naturale e vera di noi stessi” (note di regia di Simone D’Angelo. Nella foto Noemi Bordi nel ruolo di Eva). Il ritorno di Eva a Guardialfiera, all’uliveto dove ritrova Fausto, segna - come mostra il trailer - un passaggio decisivo di un processo di rinascita che il “pane e olio” era stato in grado di attivare attraverso sensazioni tattili, olfattive, gustative capaci di dischiudere – come nuovi emissari di vita -memorie implicite, prima imprigionate nella dipendenza affettiva di una relazione “malata”.
«L’uliveto che stavamo esplorando era in uno stato di abbandono: arido e argilloso, invaso da infestanti di ogni genere, accoglieva una trentina di “patriarchi”, olivi centenari piantati nei primi anni ’20 del secolo scorso a Guardialfiera, un piccolo borgo molisano di origini medioevali, oggi Città dell’Olio – spiega Malorni - Fausto è uno di quei vecchi centenari, piantato originariamente in un contesto culturale fortemente caratterizzato da simbolismi che affondavano le radici negli antichissimi culti della Madre Terra, nei riti della fertilità dei raccolti e nei miti paleocristiani dell’Albero della vita, oggi in decadenza, come mostrano gli innumerevoli uliveti abbandonati nel nostro Paese.
Quando una delle donne, scansando i rovi, riuscì ad avvinarsi all’albero, era stata attratta dalla voragine nera scavata al centro del tronco da un fulmine: Fausto era evidentemente scampato ad un incendio che, spento dal temporale, gli aveva però “squarciato il petto”. La folgore lo aveva traforato da una parte all’altra. La donna che per prima lo notò tra i rovi riconobbe in Fausto, rispecchiando la sua stessa esperienza traumatica, un simbolo di resilienza e rinascita.
Ne scaturì un processo simbolico che, attraverso gli incontri psicoterapeutici, interessò tutte le utenti e le operatrici e gli operatori della cooperativa sociale. Assegnammo perciò il nome “Fausto” a questo albero straordinario, poiché fortunato, da faustus, albero scampato alla folgore. Ciò ha portato il “patriarca” di Guardialfiera a divenire un catalizzatore simbolico di nuovi percorsi di “rinascita”: a partire dall’agricoltura sociale, è approdato, attraverso un nuovo progetto (Gli Alberi della Vita – Il Molise che cura), al cinema sociale nel ruolo di attore co-protagonista del primo cortometraggio italiano dedicato alla prevenzione delle violenze di genere attraverso l’olivicoltura e il turismo dell’olio.