San Basso, Patrono di Termoli e (insieme a San Pardo) della diocesi
TERMOLI. I marinai termolesi considerano, da secoli, San Basso come loro particolare Protettore e sono i primi a rendergli onore specialmente nei giorni in cui si celebra, annualmente la sua festa: il 4 agosto, in ricordo dell’arrivo in città del sacro deposito ed il 5 dicembre scelto dai termolesi, ormai da tempo, come il ‘dies natalis’ poiché, secondo il ‘Martirologio romano’ risalente alla fine del XVI secolo, in quel giorno sarebbe stato martirizzato il presunto San Basso Vescovo di Nizza.
Una qualche tradizione vuole che l’imbarcazione con a bordo il corpo del Santo, sia giunta casualmente al largo di Termoli e che la cassa contenente le spoglie mortali fosse stata recuperata, dal mare in tempesta, dai pescatori termolesi.
La festività di agosto, la più solenne, ha inizio con la suggestiva processione a mare nella mattinata del 3. Questa manifestazione è preceduta, una quindicina di giorni prima, dal sorteggio della barca che ospiterà la statua del Santo e si svolge, da circa un ventennio, nella piazza antistante la cattedrale dove, alla presenza delle massime autorità religiose e civili cittadine ed a tutti gli armatori e marinai, vengono inseriti nell’urna foglietti con i nomi delle barche, tra cui solo due recanti una lode a San Basso. La barca fortunata è quella estratta subito dopo la prima lettura del nome del Santo, mentre le due che seguono nel sorteggio ospiteranno le autorità e la banda musicale. Una decina di giorni prima della festa, il simulacro processionale, custodito in un luogo segreto per quasi un anno, viene rivestito in cattedrale, di notte ed a porte chiuse, con i paramenti vescovili ed esposto alla venerazione dei fedeli al mattino seguente.
Intorno alle 9 del 3 agosto, si snoda un corteo che dalla cattedrale raggiunge il porto della città dove la statua del Santo viene sistemata sulla barca prescelta. Inizia così la processione a mare con tutti i pescherecci compreso, ovviamente, quello con a bordo la sacra effige. Dopo circa due ore, in cui si effettua la cerimonia del lancio a mare di una corona d’alloro a ricordo dei marinai caduti in guerra o per disgrazia, la flottiglia dei pescherecci rientra nelle acque del porto dove il simulacro di San Basso resta a bordo della barca fino a sera. Intorno alle 19, la sacra effige viene prelevata dall’imbarcazione e portata in processione per le strade del borgo medioevale. Al termine, trova una dignitosa sistemazione al mercato ittico dove sosta per l’intera notte alla presenza di non pochi fedeli.
Poco dopo il sorgere del sole del dì successivo, al termine di un rito religioso al mercato ittico, il simulacro, trasportato sempre da marinai, ritorna in cattedrale dove a sera si celebra il pontificale, a cui fa seguito la processione, la più imponente e solenne, per le principali strade cittadine. A questo corteo, ogni cinque anni, a partire dal 1929, viene portata a spalla anche l’urna contenente i resti mortali di San Basso.
Nel corso del Novecento, i riti appena descritti hanno subito alcune variazioni che si possono rilevare in una mia pubblicazione a stampa.
Sul finire dell’anno 2000 ed i primi mesi di quello successivo, accogliendo il desiderio espresso di un gruppo di marinai termolesi, di avere una nuova urna per la custodia delle spoglie mortali del Santo, l’allora Vescovo mons. Valentinetti dispose la ricognizione delle reliquie, affidando l’incarico al Prof. Luigi Capasso, Antropologo dell’Università di Chieti, già noto per altri interventi simili. Così, furono eseguiti i delicati interventi di restauro e conservazione uniti ad un approfondito studio antropologico che ha prodotto risultati molto interessanti. Quest’ultimo consentì di stabilire, tra altro, trattarsi di una persona di statura antropologicamente definibile “alta”, particolarmente robusta, ovviamente di sesso maschile, che venne a morte ad una età compresa tra i 40 ed i 45 anni circa. In quell’occasione venne realizzato un moderno e funzionale contenitore, con all’interno un lettino di vetro che regge i sacri resti mortali tornati alla venerazione dei fedeli il 15 luglio del 2001.
Il sacro deposito, quando giunse a Termoli, fu occultato in un luogo sotterraneo della cattedrale per preservarlo da eventuali furti, allora abbastanza frequenti, proprio come avvenne successivamente, dopo il 1239, anche per i preziosi avanzi di San Timoteo nascosti nella parte opposta.
Allo scopo di sistemare il nuovo altare maggiore del tempio, il Vescovo mons. Tomaso Giannelli pensò di far abbassare, il 31 dicembre del 1760, il piano del presbiterio, attraverso la demolizione della volta della cosiddetta “grotticella di San Basso” e di quella adiacente visibile soltanto attraverso una finestrella dove furono rinvenute le prime due lapidi di marmo bianco. Il giorno seguente, 1° gennaio 1761, si eliminò il piano del camerino in cui erano poste le prime due epigrafi e subito si notò, nell’ambiente sottostante, un’urna anch’essa di marmo bianco, motivo per cui i lavori proseguirono al fine di riportare in superficie quel pesante contenitore, con una terza iscrizione incisa sulla parte superiore, che custodiva i resti mortali di San Basso ed ancora un epitaffio, questa volta consistente in una tavoletta di creta.
Ma chi è questo Santo?
Prima di dare una risposta al giusto ed esigente interrogativo, occorre tener presente al riguardo che la documentazione esistente è scarsissima e con pochissimi ragguagli diretti e immediati. Gli unici elementi che consentono di sapere qualcosa, sono costituiti dalle quattro iscrizioni ritrovate nel momento in cui il sacro deposito tornò alla luce. Da esse, oltre al nudo nome, emergono con chiarezza solo due dati e cioè che il Patrono di Termoli era un Vescovo ed un Martire; sul suo conto nient’altro di certo, o almeno probabile.
A questi dati vanno ad aggiungersi altri emersi, come già detto, dagli esami compiuti in seguito alla ricognizione del 2001 che, se da una parte offrono preziose informazioni, dall’altra pongono un altro interrogativo: come mai non sono emerse tracce evidenti legate al martirio?
Prima di andare oltre, è doveroso unire agli elementi descritti altri due antichi documenti riguardanti il Santo. Si tratta della statua in pietra scolpita sul portale della cattedrale termolese, la cui costruzione, nella forma presente, è da fissare tra il XII ed il XIII secolo, e la scultura lignea quattrocentesca, entrambe raffiguranti San Basso con le insegne episcopali.
Quasi tutti coloro che si sono interessati del Santo fino agli anni Settanta del secolo scorso, ritengono che il Patrono di Termoli sia stato il Vescovo di Nizza martirizzato nel 250 circa, così come voleva la tradizione popolare. Questa memoria, con ogni probabilità, nasce da una notizia riportata, come già accennato al 5 dicembre, dal ‘Martirologio romano’, redatto negli anni Ottanta del XVI secolo. Noti studiosi recenti, però, assecondati dalla revisione critica dell’agiografia di questi ultimi decenni, ritengono di non poter accettare l’attribuzione a San Basso dell’episcopato di Nizza. A complicare non poco, questa delicata questione, s’inserisce prepotentemente anche la vicenda della cittadina marchigiana di Cupra Marittima, che si onora di avere tra le proprie mura il corpo di un San Basso, anch’esso ritenuto, da quegli abitanti, Vescovo e Martire di Nizza. A tal proposito, c’è da tener presente che in diversi centri del litorale adriatico, un Santo con tale nome gode di un culto particolare.
Anche a Lucera è venerato un San Basso. Fonti locali, ritenendolo fondatore della diocesi lucerina addirittura nel I secolo, credono che il suo corpo sia stato trasportato, intorno alla metà del IX secolo a Termoli, con le medesime modalità con cui furono portate a Larino le spoglie mortali di San Pardo. Eminenti Storici contemporanei che si sono occupati della materia, però, escludono la presenza di un Vescovo di nome Basso, come quella di Pardo ed altri, dalla lista episcopale della città dauna le cui prime notizie certe riguardanti la sede vescovile, risalgono alla fine del V secolo, anche se, con ogni probabilità, il messaggio evangelico vi giunse molto tempo prima.
L’attribuzione a Lucera di un Vescovo di nome Pardo, nasce certamente, dall’esplicita asserzione di uno dei due autori medioevali (potrebbe trattarsi della stessa persona) della vita del Patrono di Larino. Egli scrive che Pardo, reduce dal Peloponneso, si recò a Roma dove fu accolto dal Papa San Cornelio, l’unico così chiamato che governò la Chiesa universale dal 251 al 253, e questo Pontefice lo autorizzò a recarsi, in forma privata, a Lucera. Infatti, la tradizione lucerina vuole il Vescovo Pardo a capo della comunità cristiana di Lucera proprio intorno all’anno 250. Per quanto riguarda Basso, posto in cima alla cronotassi vescovile della città dauna, è da ritenere che ciò sia avvenuto solo per nobilitare maggiormente l’origine della diocesi pugliese, facendola risalire persino all’epoca di San Pietro. Il convincimento della presenza di un Vescovo Basso a Lucera, scaturisce, a quanto sembra, da due epigrafi in cui si riscontrerebbe che nella città dauna era domiciliata la famiglia dei Bassi iscritta alla stirpe Claudia.
Il presunto Vescovo Basso di Lucera, sarebbe stato martirizzato nell’anno 112, sepolto nella città dauna e da qui trafugato dai termolesi, per rivalsa contro i lesinesi ed i lucerini che avevano asportato da Larino, subito dopo l’anno 840, i resti mortali dei due Martiri Larinesi Primiano e Firmiano e con le stesse modalità con cui i larinesi si impadronirono a Lucera del corpo di San Pardo.
Giuseppe Mammarella