“Pane, olio, Vino e Sale”, Enrico Campofreda "torna" a Portocannone
PORTOCANNONE. Il giornalista, scrittore e blogger Enrico Campofreda ha presentato, il 13 agosto, presso il suo paese d’origine, Portocannone, un libro molto suggestivo dal titolo “Pane, olio, Vino e Sale”, un libro in cui le storie di quattro personaggi narrano il loro racconto con la terra, la sacralità di determinate pratiche agricole, la pazienza degli agricoltori contrapposta alla frenesia della vita moderna, del tutto e subito. Il libro è stato introdotto dall’assessore alla cultura avv. Valentina Flocco e dai saluti del Sindaco Franceco Gallo e poi moderato dal professore Giuseppe De Santis che ha esordito in lingua arbereshe, ricordando così, non soltanto le origini dello scrittore Campofreda ma anche per addentrarsi meglio nelle tematiche resposte nel libro che vedono, tra gli altri, anche la storia di un personaggio di Portocannone.
L’introduzione del Professor De Santis, che è stata anche un colloquio con l’autore del libro, nonché amico e compaesano e con gli altri relatori presenti, ha toccato vari punti: innanzitutto “pane, olio, vino e sale” possono essere associati ai quattro elementi dei filosofi presocratici (acqua, aria, terra e fuoco) ma soprattutto con questo libro non si vuole fare una narrazione nostalgica del passato, ma si vuole porre l’accento sulla filosofia che risiede nella pratica agricola per riscoprirla in una prospettiva futura. L’autore del libro, infatti, non si pone contro la tecnologia che, anzi, ha aiutato molti agricoltori e braccianti, ma contro la cancellazione della memoria di quello che è stato.
Una cancellazione della memoria del passato che è anche semantica con molte parole che descrivono il mondo agricolo oggi poco conosciute. La progressiva cancellazione della memoria è qualcosa di estremamente grave perché la storia dell’uomo gira intorno al grano con gli archeologi che hanno trovato il primo fossile di pane in Giordania. Ed è proprio nel Mediterraneo che si ritrovano le colture e culture del pane, del sale, del vino e dell’olio. Dal Maghreb al Mashreq ci sono fondamentalmente gli stessi modi di mangiare e molte pratiche gastronomiche simili, si pensi, ad esempio, alla pratica della salatura dei cibi, unico modo per conservarli e non morire di fame molte persone oppure al lievito madre, espressione dell’eternità perché si può sempre rigenerare in contrapposizione alla cultura consumistica dell’usa e getta. Quindi l’agricoltura è una delle pratiche più nobili e più antiche dell’umanità e fa male vedere che oggi i terreni diventano il sito ideale di pannelli solari o pale eoliche.
La parola è poi passata ad Enzo Glave, un uomo, protagonista di una storia del libro, che nonostante una laurea e diversi lavori appaganti, ha deciso di dedicarsi all’attività agricola. Pur non essendo contrario alle nuove fonti di energia alternative, oggi sempre più indispensabili, sostiene che non ci sia stata progettazione in quanto le zone collinari del Basso Molise sono poco vocate alla produzione di energia a differenza di altre zone meno vocate in agricoltura ma che, invece, si prestano meglio alla produzione di energia. L’imprenditore agricolo ha parlato anche delle difficoltà della moderna agricoltura, difficoltà dovute soprattutto all’eccessiva burocrazia.
La presentazione del libro è stata accompagnata da una mostra fotografica curata da Manfredi De Negri, il quale ha spiegato la scelta del bianco e nero delle foto che non solo dà spazio all’immaginazione ma ferma il tempo e pone lo spettatore in una dimensione sospesa a differenza della velocità e dell’eccessivo cambiamento delle società secolarizzate.