"L'ultima corsa" a Palazzo Ducale: riflessioni con Antonio Pastorini
LARINO. Nella splendida cornice dell’atrio di Palazzo Ducale, con accompagnamento musicale, è stato presentato mercoledì 17 agosto il romanzo dell’ingegnere larinese che vive e lavora nel modenese, Antonio Pastorini.
Organizzata da Nicola Lozzi, la serata è stata moderata dall’avvocato Antonio Giannone, colloquiando anche col dottor Lorenzo Di Maria e Graziella Vizzarri., oltre che con l’autore stesso. Le conversazioni sono state intervallate dalle letture di passi del libro da parte di Antonio Macchiagodena e Valerio Massimo Pastorini, col sottofondo musicale eseguito da Paolo Petrecca.
L'amministrazione comunale è stata rappresentato nel saluto di rito istituzionale da Nicola Giardino.
Di seguito la recensione di Graziella Vizzarri: «L’ultima corsa, una narrazione fluida, se vogliamo “veloce”, ma pragmatica. Poco più di cento pagine ricche di contenuti che conduce il lettore piuttosto spesso al dunque. Una fotografia chiara delle criticità odierne, dagli aspetti socioculturali al panorama politico italiano sviscerato in un dialogo tra i personaggi. Una lettura piena di incipit che conduce il lettore a riflessioni costanti, un continuo stimolare il pensiero ed il ragionamento facendo fare anche un percorso a ritroso a fine libro. Un libro che pensa per immagini, descrizioni brevi, ma tangibili, di scene di vita che ben focalizzano il messaggio chiave. Ci si addentra nell’opera con confronti accesi: la sinistra contro il fascismo e viceversa, ma senza trovare la giusta dimensione politica utile al cittadino, perché la conflittualità permette ai poteri di gestire la massa, il popolo. Ma il popolo non esiste, siamo cittadini attivi che con la democrazia rappresentativa dovremmo governare, nel pieno dei nostri diritti, ma anche questo viene meno. La nostra è un’era dove l’individuo si perde nel marasma del globalismo, una individualità sempre più precaria nel suo perdendosi il concetto di persona. E nell’opera lo ritroviamo nei vari argomenti affrontati: i mali, le criticità che affliggono la società. Viene affrontato il tema dell’immigrazione e le varie sfaccettature intrinseche nei diversi modi di guadare il fenomeno. Il gergo sessista su cui si punta molto il dito, ma senza riflettere sul reale intervento da ottemperare, quello di puntare a creare il rispetto tra persone, per l’altra persona, mettendo in atto il concetto delle pari opportunità.
Nella narrazione ci imbattiamo nella descrizione di scene di cui sono protagonisti gli adolescenti evidenziandone la fragilità. Ma la fragilità, come definito da Bauman società liquida, denota la nostra era, la mancanza di valori che i ragazzi avvertono come mancanza di radici, di stabilità. Ma noi cosa abbiamo fatto davvero per aiutarli, per comprendere il loro disagio? E toccando proprio la comprensione che ci riallacciamo al primato negativo del nostro paese, primi in Europa per analfabetismo funzionale. Un primato scomodo, ma comodo al potere; fa comodo avere un popolo di analfabeti funzionali da pilotare nelle loro scelte. Pilotati con i media, con quella intelligenza artificiale che non sempre se ne fa un buon uso, ma viene massicciamente utilizzato per indurre ad un marketing sfrenato, a modi di fare dettati, a creare un credo illusorio. Vittime consapevoli dell’algoritmo dei social che ben contribuisce a rafforzare il sistema con un attento controllo delle menti. Il sistema, che si impone e non permette libertà di pensiero, che fa volare basso riconducendo all’analfabetismo funzionale. Ci condanna ad un apprendimento sfuocato che non ci insegna a pensare, questo per limitarci nelle nostre scelte.
Nel libro si riporta, uno spaccato incisivo della compagine dei giovani: il suicidio indotto dall’arresa alla rassegnazione nei confronti di un sistema che va cambiato, dal malessere della vita stessa. Ma la società lo comprende tutto ciò, ne teniamo conto dell’aumento di tali epiloghi? Si è alla ricerca costante di una verità, ognuno pensa di possederla, ma la verità non esiste, ci sono tante verità, tanti punti di vista che vanno messi insieme.
Dobbiamo riabilitarci al confronto, alla costruzione delle relazioni puntando sulla buona scuola, quella che insegna a pensare a creare, come diceva Edgard Morin, una testa ben fatta piuttosto che una testa ben piena. Una scuola che va ristrutturata e che dia la possibilità di tirar fuori il meglio dagli studenti creando la società futura, persone talentuosi e competenti, che hanno la capacità di mettersi insieme per creare dialoghi partecipativi fautori di una società vincente.
L’ultima corsa, rappresenta l’opportunità o meglio le opportunità che non dobbiamo perdere nell'intervenire nella qualità di cittadini attivi».