Don Franco Pezzotta e la trasmissione di Dio a Corundoli

FEDE lun 24 ottobre 2022

Campomarino Il passato e il presente, nella verità di una favola srotolata da un gomitolo di vita Antologia di interrelazioni vissute

Cultura e Società di La Redazione
6min
Don Franco Pezzotta e la trasmissione di Dio a Corundoli ©TermoliOnLine
Don Franco Pezzotta e la trasmissione di Dio a Corundoli ©TermoliOnLine

MONTECILFONE. «In questo presente insudiciato di violenza, di conflitti; col ritornello nelle orecchie di un’apocalisse nucleare, e con pensieri che virano tra coronavirus e bollette insostenibili, ritrovo grande pace tuffandomi dentro un passato remoto gonfio di incantamenti. 

A Campobasso Ercole Apollonio – con il quale ho festosamente operato nel “paleolitico” 1960 e nel ’61 all’Ufficio Postale di Montecilfone – ha urgenza più di me di occasioni rilassanti; ha il fragrante desiderio di rivisitare quel ridente paesino arberereshe, insieme a sua moglie e alla mia. Ed io, appagandolo, mollo volentieri gli ormeggi e cedo con l’animo al precipizio dell’ineffabile; discendo in una sorta di… “c’era una volta”, ornata di miti. A Montecilfone sperimentammo insieme l’esplosione del primo boum economico, quando tutta l’italica gente si giocò l’anima per la “Vespa”, la “Lambretta” e per la prima utilitaria; e a sera, deliziava davanti alla TV gustandosi il “Musichiere”, “Lascia o Raddoppia”e “Campanile Sera”. 

Dal 28 al 30 gennaio 1960, ammirammo il decimo Festival di San Remo, all’impiedi. Non c’era più disponibilità di seggiole nella affollatissima Sezione DC, ancora con un pavimento in terra battuta. C’era l’esordio della diciannovenne Mina, di Miranda Martino, Teddy Reno, Sergio Bruni, Joe Sentieri; ed anche per la prima volta, di Tony Dallara, l’ “urlatore” campobassano, vanto del centro storico, classe 1936, come la mia. Ed egli trionfò quella notte con “Romantica”, patetica e strepitante bella canzone musicata da Renato Rascel sul testo di Dino Verde. E… “che notte quella notte” quando salì in cima alla classifica. Che batticuore dentro la “DC”, stracolma anche di molisano orgoglio! Ora Tony è sofferente; vive su una carrozzina a rotelle, ormai ignorato, dimenticato talvolta anche dalla Asl di Milano. E, nel silenzio, rimane tuttavia il più anziano artefice ad aver vinto il Festival di Sanremo da solista. Orsù, indirizziamogli quest’oggi con un confidenziale memore “ciao”, tutta la tenerezza del suo Molise e l’augurio che possa sgranocchiare altre felicità, “come prima e più di prima”.

Da quei lontani giorni galoppati senza sconti, da quel 1960 e ’61 che ci ha levigato e che ci ha donato giorni per capire, e notti per benedire, rieccoci con Ercolino, assieme alle nostre spose di nuovo a Montecilfone a respirare un’aria di felicità, nel villino di Ennio Gallina, un valentuomo eletto tante volte Sindaco nel suo paese e Segretario Comunale anche a Montemitro, Guglionesi, Palata laddove, talvolta, capitava anche a me di inseguirlo per offrire il mio servizio a quelle stesse comunità, e per incontrarci.

Ennio, il comune amico, amabile e festoso; ci spalanca il cuore e gli occhi dentro il suo verde disteso, lucido, d’intensità squillante. E, dall’architettura dello chalet, c’invita a schiudere lo sguardo anche sulla corona di colline circostanti e sull’infinità dell’Adriatico: da Punta Penna, fin giù allo sperone del Gargano. Più tardi Enza, la sua sposa - la “calabresella bella”, la vera amica e ricercatrice di amici del “suo lui” - ci ospiterà come angeli, al “Vecchio Frantoio”, il vezzoso ristorantino di Palata. 

C’era desiderio di un rivedere gente del nostro passato a Montecilfone: Mariuccio Caterina, Brandone (guardia municipale), Giulio e Corrado, i due giornalai in perenne amichevole conflitto; Enzo Sforza, telegrafista ma ancora disoccupato; Vincenzo Gallina, medico condotto e corrispondente de “il Messaggero”; il portalettere Vittorio De Gregorio; Paoluccio, barbiere e bottegaio di profumi, Peppino Ricciuti, il Segretario della Scuole Medie, Antonio Di Lisio, medico chirurgo e poi anestesista a Termoli. Ma tutti – ci hanno avvisato in paese – son tutti trasmigrati altrove! Cosicché noi accorriamo in quell’oltre, in quel luogo, al Cimitero. E senza istruzioni per l’uso, rintracciamo sparpagliata una moltitudine di tanti altri amici. Ercole Apollonio subito identifica Ida D’Inzeo: sua padrona di casa, ed io la mia, la cara Signora Esterina e don Pasquale Flocco. Rilevammo quel mattino anzitutto una realtà! Una rara antologia di favolose interrelazioni vissute, laddove la sostanza della morte è la vita. Seguitiamo ad incrociare un insieme di nomi e riconosciamo, dopo sessant’anni, la molta gente frequentata da noi, che - dal marmo - sembra quasi venirci incontro a mostrarci, con convincenti segni, che Dio è con loro. Che Dio s’intrufola con noi anche nell’aldiquà. Lì, proprio in quel luogo, rintracciamo paradossalmente, l’atmosfera dell’unica felicità tonificante.

Gironzolando, ecco a sorpresa il loculo più desiderato, il più pedinato quello di don Guido Vallivero, il Parroco povero di Montecilfone; sacerdote, fedele, generoso, perseverante; venuto da Biella a dire e a testimoniare nel Molise la sua scelta fondamentalista di povertà; a far dono di sé; a spogliarsi dei beni e a dimostrarci, con la vita, la beatitudine dei poveri di spirito. E, sostando sulla tomba di don Guido, stordisco d’improvviso. Intravedo a distanza fra la caligine, una figura evanescente, solitaria. Un’apparizione? Curiosi, ci avviciniamo in gruppo. E macché visione! Altroché. E’un vivente! E’ un prete, è l’unico successore di don Guido a Montecilfone. Lui, don Franco Pezzotta, il nobile amico di ieri e di oggi, ma chissà perché, sopraggiunto proprio in quel mattino e a quell’ora e in quel punto del cimitero. Per un disegno invisibile e per la inquietante e percepita realtà dello stupore. Don Franco, rilassato, snuda incanti di parole. Ci favoleggia della sua elezione a Parroco, profetata da don Guido, dal suo tugurio di dolore 22 giorni prima della morte.

<Il 29 giugno 1971 – racconta don Franco - Adelelmo Fagnani, domestico di don Guido e poeta naif, mi portò, col viso d’un Arcangelo, l’inaudito annuncio: “Il mio signore pretende che siate Voi ad accogliere la sua ultima confessione”. Io ero stato ordinato solo da tre anni e assolvevo a Montenero le funzioni di Vice-Parroco. Né ero in confidenza col Sacerdote morente. Ma obbedisco. Giungo presto a Montecilfone ad amministrargli il Sacramento di riconciliazione, da lui tanto invocato. E, nel salutarci con intensa serenità di cuore, egli mi balbetta: “presto sarai tu il parroco in questo diletto paesello!” E fu così. Pietro Santoro, Vescovo di Termoli - seguitando anche lui sulla percorrenza dell’incredibile, mi elegge Parroco e mi insedia, qui, il 3 ottobre 1971>.  

Don Franco è il fanciullo affidato nel 1952 a don Mario Vincelli, prete di Guardialfiera e rettore a Termoli del Seminario Vescovile. Mi ribadiva spesso che don Franco è stato il suo primo ed il solo seminarista da lui curato e amato, dalla 1^ media fin sull’altare del Sacerdozio, conferitogli dal Vescovo Proni il 14 luglio 1968. E’, per me, è il presbitero brillante, dai modi gentili; maestro di umanità con l’insolita caratteristica d’essere ardente, bruciante e appassionatamente “arberecheano” ed è fregiato della dignità di “Monsignore”, col titolo di Cappellano di Sua Santità.

Dall’ultimo repertorio della sua verticalità creativa, ha fatto emergere a Motecilfone un’ansia e una speranza di custodire, proporre e rendere disponibile a noi, un deposito di fascino e di verità. In un bosco di latifoglie, di roverelle e di lecci, puntati verso il mistero, egli ha voluto insediare la trasmissione di Dio all’uomo. Ha edificato e dedicato alla Immacolata, una Grotta, una piccola Lourdes, un’opera artistica e mistica progettata dall’architetto Cravero, fruito dalla collaborazione d’altri generosi esperti. È un alone di quiete. Tra pietre parlanti, saldamente articolate tra loro, balugina un incastro tra cielo e terra. Traluce la trasmissione di Dio che guida, da lì dentro, il movimento del sole e il ristoro della pioggia ed il suo riparo sul capo dei buoni e dei malvagi. È il luogo per riflettere, meditare, contemplare e creare atti silenziosi – lì dentro – avvolti da un fascino di libertà, verso un azzurro, solo traversato dal volo dei passeri».

 Adelelmo Fagnani - originario di Civitacampomarano, domestico di don Guido e il “Gabriele” per don Franco – ebbe a stilare nel 1966, una poesiola descrittiva per ognuno dei Comuni molisani raggiungendoli, prevalentemente a piedi. Da quel fascicolo, distillo da pag. 29, solo pochi versi rivolti a Montecilfone, 

“Sopra un poggio è il bel paese/ e il suo linguaggio è l’albanese/. San Giorgio eroe, con grande amore/ è venerato qual protettore/: e, sul cavallo è figurato/ e d’una lancia è ben armato!”. Vincenzo Di Sabato.

Galleria fotografica

TermoliOnline.it Testata giornalistica

Reg. Tribunale di Larino N. 02/2007 del 29/08/2007 - Num. iscrizione ROC:30703

Direttore Responsabile: Emanuele Bracone

Editore: MEDIACOMM srl
Via Martiri della Resistenza, 134 - 86039 TERMOLI(CB)
P.Iva 01785180702

© Termolionline.it. 2024 - tutti i diritti riservati.

Realizzato da Studio Weblab

Navigazione