Detenzione degli ebrei nei campi di internamento del Molise
TAVENNA. Una lezione di storia per non dimenticare la detenzione degli ebrei nei campi di internamento del Molise. Domenica scorsa lectio magistralis sull’argomento tenuta da Fabrizio Nocera, vicepresidente dell’Anpi e docente presso l’Università del Molise. Una lezione approfondita con documenti alla mano ha fatto luce sui momenti più tristi causati dalle leggi razziali in Molise. Dopo la Dichiarazione della razza del Gran Consiglio del Fascismo, 6 ottobre 1938, approvata con Regio Decreto del 17 novembre 1938, col titolo “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, iniziano le visite degli ispettori per scegliere le strutture idonee ad accoglier i campi di internamento a partire dal 1940. In Italia sono tantissimi. Concentrati, come si vede dall’elaborazione della mappa, maggiormente nelle Marche, in Abruzzo e in Molise. In particolare vengono scelte le aree più tranquille, dove la reazione alle leggi razziali non esiste. E dove, in particolare, la morfologia del territorio consente un controllo più sicuro. Il Molise è al centro di questa tristissima vicenda.
Come si vede dai dati presentati nel corso dell’illustrazione della ricerca, tratti dal fondo “Cittadini di razza ebraica” contenuto nell’Archivio di Stato di Campobasso, il numero di persone effettivamente giunte in Molise sono 260. Di cui 7 internati volontariamente per seguire evidentemente i propri parenti. Si tratta di 125 maschi e 135 femmine. I campi di internamento degli ebrei in Molise sono cinque: Agnone, Isernia, Boiano, Vinchiaturo e Casacalenda. Ve ne sono altri dieci per libero internamento: Baranello, Cantalupo, Castropignano, Larino, Macchigodena, Montagano, Monteroduni, Petrella Tifernina, San Giuliano del Sannio, Sepino. Fabrizio Nocera, con tabelle, fonti d’archivio, fotografie ne ricostruisce in modo esemplare e nei dettagli la loro storia. Il campo di internamento di Agnone, proprietà della diocesi di Trivento, ex convento di San Berardino da Siena, dal 1931 fu adibito a seminario estivo. Come campo venne aperto il 14 luglio 1940 per accogliere 150 persone. Nel 1943 il massimo delle presenze con 155 internati. Non aveva riscaldamento e tre volte al mese era possibile fare la doccia calda. All’inizio ospitava ebrei.
Ma in seguito accolse Rom e Sinti, i cosiddetti zingari. Venne liberato l’8 settembre 1943 dai Carabinieri. Molti di loro si unirono ai partigiani della zona. Altri usati per la deposizione di mine. Il campo di Isernia si trovava nell’ex convento di Santa Maria delle Monache, all’epoca proprietà della Provincia di Campobasso. Massime presenze 139. Disponeva di quattro grandi camerate a cui si aggiunse una sala cinematografica. Il campo di Boiano trovò posto nell’ex tabacchificio della Società Saim. Era formato da quattro capannoni come si vede dalle foto. Venne chiuso per via delle pessime condizioni e i 58 Rom vennero trasferiti ad Agnone. Il campo di Vinchiaturo era ubicato presso il palazzo del dottor Nonno, dentista. Senza bagni e senza riscaldamento. Per le cattive condizioni igieniche e la forzata promiscuità ci furono due tentativi di suicidio. Elsa Ratz provò a gettarsi dalla finestra e Jetta Engi tentò di avvelenarsi. Amalia Nestler invece cercò di evadere ma non ci riuscì. Il campo di Campobasso in via Ziccardi non venne realizzato. Il campo di Casacalenda trovò posto nel centralissimo ex convitto della Fondazione Caradonio-Di Blasio. Accolse 177 donne. Fu un campo femminile. Come ricorda la lapide per sottrarre all’oblio 177 donne qui internate, nell’offesa della libertà, è un dovere. L’Amministrazione Comunale di Casacalenda 25 aprile 2019. Tante le curiosità. Tanti i fatti drammatici che si verificarono. Tantissima l’indifferenza.
Molti degli internati vennero deportati nel lager di Auschwitz. Le donne di Casacalenda vennero accusate di spionaggio e antifascismo. «Angela, Anna, Maria, Giovanna, Libera, Gisela, si legge in un diario ritrovato, venivano da luoghi lontani. In alcuni casi non sanno nemmeno perché internate. Ogni giorno sono colpite dalla punizione di non essere libere». Colpiscono i tanti presenti in sala le storie di alcuni ebrei. Rossi Ferruccio ebreo proveniente da Venezia, dopo la revoca dell’internamento, resterà a Sepino per completare i lavori di affresco della Cappella del Collegio Serafico che aveva iniziato, come pittore, durante il periodo di internamento. Regozinski Gunter Israel dopo la liberazione fu inviato come ufficiale medico a Carpinone. A Macchiagodena conobbe e sposò Cimone Adriana maestra elementare. Rogozinski Hans invece liberato a sempre a Macchiagodena, il 25 novembre 1944 sposò a Campobasso Brisotti Maria maestra elementare. Una notizia felice: a Campobasso nacque Walter Giorgio figlio di internati cecoslovacchi a Sepino. L’iniziativa per non dimenticare le pagine più brutte della storia umana si deve al Comune di Tavenna in collaborazione con l’Anpi. Sono intervenuti il sindaco Paolo Cirulli, l’assessore alla cultura Franca Ricci e Loreto Tizzani, presidente dell’Anpi Molise.
Luigi Pizzuto