Tra riti devozionali e cibi sacri a porte aperte

Tradizioni di gusto dom 24 marzo 2024
Cultura e Società di La Redazione
2min
Tra riti devozionali e cibi sacri a porte aperte ©Termolionline
Tra riti devozionali e cibi sacri a porte aperte ©Termolionline

MORRONE DEL SANNIO. Il fuoco di San Giuseppe arde nella notte della vigilia della festa per bruciare ogni sorta di cattiveria che danneggia la vita della comunità. Un fuoco che rinnova, dunque, e apre le porte simbolicamente a chiunque per far assaggiare i cibi sacri legati al Santo mentre la sacra statua vigila nella navata della chiesa madre.

A Morrone del Sannio la festa di San Giuseppe ha radici antiche. Si perde nella notte dei tempi. Gli aspetti devozionali resistono pertanto come un tempo. Nonostante la pioggia e il freddo le famiglie rientrano per l’occasione anche da lontano. Così nell’alto del borgo, aperto a tutte le correnti, dove il freddo di questi tempi si fa sentire, le fiamme del fuoco scintillano e sono piacevolissime. “La festa, precisa Lina Ambrosio, molto attiva nella difesa della cultura locale, è molto sentita. È senz’altro nel cuore di ogni morronese. Le famiglie devote al Santo, assieme a vari gruppi di lavoro del posto, preparano con amore i fuochi e le pietanze magre, sulla base di una tradizione che viene ancora osservata. Chi ama il paese fa di tutto per rientrare e vivere i due giorni di festa. Le famiglie rientrano da Ancona, da Pescara e da città ancora più lontane. Animando così la nostra comunità che in questo momento particolare soffre la piaga dello spopolamento. È sicuramente questo un momento positivo per chi risiede in paese”.

Le preghiere salgono in alto prima dell’offerta delle tipiche pietanze da parte delle famiglie devote al Santo. In onore di San Giuseppe la porta di casa è aperta a tutti. Da questo punto di vista l’accoglienza è sacra. Una manifestazione unica senz’altro. Aspettando ordinatamente il proprio turno, in fila, si entra per ricevere le pietanze preparate, anche se non si conosce affatto i padroni di casa. Per un giorno il cibo viene a tutti assicurato come si vede dalle immagini di repertorio. Si tratta di pietanze semplici. Tipiche una volta del mondo degli umili. Che all’epoca si preoccupavano di sfamare in qualche modo i poveri e nullatenenti. Negli aspetti simbolici c’è tanta solidarietà. Oggi purtroppo viene cancellata dal materialismo dei nostri tempi. Fagioli, ceci, cicerchie, fave, verdure, pasta, baccalà, frittelle, pane, vino, vengono offerti da queste famiglie pie. Sensibili ai valori della tradizione.

Chi si reca di persona in casa dove si prepara per gli ospiti occasionali, resta sicuramente affascinato da una cordialità senza limiti. Nell’occasione i maccheroni poi vengono preparati in due modi. Il primo piatto viene preparato con la ‘ndrite. Si tratta in questo caso di pasta condita con mollica tostata, noci e vino cotto. Il secondo piatto viene preparato con maccheroni “maritite”, ossia pasta maritata, fatta in casa, condita con cipolla fritta, cucinata nel giorno della festa. Tra le pietanze più tradizionali, decisamente sconosciute, colpisce sicuramente “U cetille”. Si tratta di una pianta selvatica che porta il nome di “Pastinaca”. Le sue radici carnose e allungate vengono sfilettate, fritte nella pastella e bagnate nel mosto cotto. Un cibo sacro antichissimo. Che resiste nella gastronomia tradizionale. Che suscita curiosità.

Utile tra l’altro per curare non poche malattie. A Morrone del Sannio, dove ogni aspetto del borgo è un’emozione, la festa di San Giuseppe riserva pertanto non poche sorprese. “E’ una festa bellissima, piena di curiosità, tra riti e cibi sacri, dice Emilia, senz’altro da seguire”.

Luigi Pizzuto

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