La festa degli animali nell'ultimo sabato di aprile
SANTA CROCE DI MAGLIANO. “U luteme sabbete d’abbrile”. Festa e benedizione degli animali. Davanti alla statua della Madonna Incoronata, esposta fuori dalla Chiesa di San Giacomo, fin dalla prima mattinata, tra non poche emozioni, ritornano come un tempo le preghiere, la cultura rurale e i riti di ieri. “Vè da Ricce a bandarelle/vè a scupine e a ciaramelle/vè u tammurre e l’acciarine/a rangasce e u calarine/ e vè a museche eddavvere/o d’Orsogne o Sanseviere (…) e ze fa a benedizione/e ze fa a precessione/chi muzzette li fratielle (…) Ncoppe a cerquele ssettate/sta a Madonne e pare ntrone/e te ncape tre curone/te de quarte n’angelille/ scenn’aperte e peccerille”. Con questi versi, particolarmente espressivi, il poeta dialettale Raffaele Capriglione racconta, con parole coloratissime, la festa tradizionale dell’ultimo sabato d’aprile.
Nei dettagli disegna la scena di ieri ed elenca con precisione i suoi personaggi protagonisti. In effetti, questo spaccato di antica memoria ritorna. Per molti versi resta tuttora inalterato. E continua. Come si vede dal reportage fotografico, tra due ali di folla, raccolte intorno alla Chiesa di San Giacomo, tanti colori e tanta devozione mettono in primo piano appunto i vari elementi descritti dal Capriglione. C’è la banda che suona al momento della benedizione degli animali, che, come vuole l’antica usanza, compiono tre giri intorno alla chiesa. Quando è possibile si conferma il gruppo bandistico pugliese. C’è il clero del circondario intorno al parroco del luogo ad attendere pazientemente con l’acqua santa l’arrivo degli animali tutti infiocchettati. C’è la bella statua esposta all’aperto di fronte a tutti e al cuore del paese. Per richiamare i valori della fede che, nei tempi moderni, puntualmente si allentano. Non manca la cornice de “I Fratielle”, i componenti della Congrega che ha sede nella Chiesa Greca. Con tanto di saio bianco, il cordone e la mozzetta celeste sulle spalle in occasione della festa per portare in trionfo la Madonna dell’Incoronata. In questo scenario su cui converge lo sguardo di tutti, troneggia la statua della Madonna Incoronata.
Al centro dell’attenzione, su una quercia, è circondata da graziosi e sorridenti angioletti. Tanta è la gioia che trasmette. Due buoi e un contadino ai suoi piedi rievocano l’apparizione proprio su una quercia. Avvenuta nei pressi del fiume Ofanto nell’anno 1001, come vuole la fede cristiana. Nello svolgimento di questa tradizione, che dura fino a tardi, colpisce la figura tutta scura dello “Scarciacappe” nella processione pomeridiana. Questo strano personaggio protagonista della scena religiosa, oscurato da un vestito tutto nero, che s’inginocchia davanti alla Madonna, rievoca il momento miracoloso della visione. La storia di oggi che sa di festa, di fede e di tanto divertimento si rinnova grazie allo spirito del popolo santacrocese. Che si sforza di non far dimenticare i valori delle proprie tradizioni. Un contributo decisivo viene offerto da chi continua ad allevare gli animali, capre, pecore, buoi e ogni tipo di volatile. È il lavoro di queste famiglie che garantisce la presenza del mondo rurale del passato nel momento più importante. Legato, appunto, alla benedizione degli animali. Si tratta di un mondo che, in verità, nelle campagne ha perso tono. Certamente tra non pochi sacrifici per fortuna ancora sopravvive. La Festa degli Animali a Santa Croce di Magliano per questo singolare ventaglio di rituali e aspetti tradizionali rappresenta dunque ancora oggi un appuntamento importante. Al quale non bisogna affatto mancare per cogliere i passaggi sonori del passato. Nella tradizione si riaffermano i prodotti tipici migliori che puntualmente vengono portati in trionfo. Sono i cavalieri, grandi e piccini, protagonisti di questa nuova scena senz’altro entusiasmante.
A tracolla, con orgoglio, portano “la treccia”, prodotto tipico caseario del paese. Sono in tanti lungo il corteo degli animali ad occupare lo spazio meritato. La scena è davvero originale grazie a questo intreccio di pasta casearia. Da sfilare per gustarlo meglio quando si deve mangiare. Fra i tanti gruppi di cavalieri si distinguono infine i Cavalieri Angioini e la Scuderia De Girolamo, provenienti dal vicino tratturo Celano-Foggia. Al momento tutto erboso adiacente alla chiesetta di Sant’Elena. Una bella schiera di cavalieri, in fila e in ordine lungo il corso, di fronte al campanile di pietra di San Giacomo, in attesa di compiere i tre giri e salutare la Madonna, cattura l’attenzione. “Mbacce i sette da matine/Ze cumenze n’ammuine/ttuorne a chiesije u ciumentiere/che trappielle, neh che fierije/tutt’i ciucce, i cavallucci/vaccarelle e vetellucce/tutt’i vuove ngiurgellate/chi campane strata strate/i mulette, i crape, i zurre/vanne e ssuone de tammurre”. Fin dal primo mattino, come precisano i versi Capriglione cantore di un mondo ormai perduto, asini, cavalli di ogni razza, vacche, vitelli, pecore, buoi, capre, e poi oche, galline, colombe e pavoni, con drappi, nastri e fiocchi colorati si rendono conto di far sentire una volta all’anno la propria voce. Al suono di campane e campanacci, con un pizzico di orgoglio, disegnano ancora oggi una scena irripetibile. Di valore. Perché mai sarà possibile poi rivederli tutti insieme quando il sole viene meno o sorride apertamente in cielo. Sostano con piacere nell’attesa gli animali in questo nuovo corso di una natura che si rinnova, dove sbocciano sui prati i fiori. La terra respira profondamente per rivestirsi nuovamente di un verde sorprendente. Si rianima così uno spaccato rurale inedito tra il centro e la periferia. Colpisce il pubblico, infine, la scena dei colombi. Liberati in cielo improvvisamente dopo aver ricevuto la benedizione davanti alla chiesa. Lo sguardo, tra attimi di silenzio, sale in alto. Si guarda la luce del sole che riscalda. Si sorride felicemente. Tra non pochi pensieri, tra cielo e terra, ognuno ritrova il piacere della festa. Inaspettatamente s’intrecciano le sensazioni più belle.
Luigi Pizzuto