“I Cunde”: ai piedi della Torre Angioina nel cuore del borgo antico
COLLETORTO. Sale in cattedra il dialetto del luogo attraverso la voce sonora dei racconti di allora. Di un’epoca, ormai alle spalle, fonte di sapere e di tante esperienze sociali. Ricca di attenzioni e sensibilità di cui ha bisogno la società contemporanea. “I cunde”, appunto, in dialetto colletortese, erano i racconti che i nonni, un tempo, nelle notti gelide, raccontavano sapientemente, e con tanta pazienza, ai nipotini e in famiglia. Per aspettare il sonno, per intrattenere alla fine del giorno. E per incuriosire tra l’altro solitamente intorno al camino, a lume di candela, dove di solito tutti i componenti si rivedevano. Di sera, quando le ombre della notte si appesantivano, si trascorreva cosi, con le persone più care, il tempo che rimaneva. Sotto la torre di Giovanna I d’Angiò, in una cornice decisamente caratteristica, rivive cosi, tra non poche emozioni, la vita di ieri. Animata nell’occasione da toni vivaci e da scene che hanno divertito e fatto un po’ tutti riflettere in definitiva.
La viva voce degli anziani, le parole da tempo scomparse, i detti, gli indovinelli, le favole, i ripetitivi intercalari e la simpatica performance teatrale dei più piccoli, hanno regalato una piacevole serata che lascia il segno sotto le stelle. In alto, pertanto, le voci della memoria, il canto di un idioma che non c’è più. Di questo mondo di ieri rivivono in piazza i detti curiosi, i ritornelli, i tipi umani descritti nei particolari. Far amare di più la lingua del cuore e le radici del proprio paese è stato il messaggio, a quanto pare, da tutti raccolto. Dalla saggezza del passato c’è ancora tanto da riscoprire e da imparare.
Si, perché si tratta di un’eredità culturale densa di umanità, tramandata oralmente, a tutti i costi da preservare. Tanti dunque gli applausi per l’evento promosso dall’Associazione Culturale La Coccinella guidata da Camilla Di Rocco da tempo impegnata a recuperare ogni aspetto di vita tradizionale, per evitare che questo patrimonio di sapere venga dimenticato. Piena di gente, come si vede dalle foto, il sagrato della parrocchiale e la bella piazzetta medioevale. In questo luogo del cuore s’incontravano un tempo le massaie, il calzolaio, il fornaio, chi rientrava dalla campagna e chi frequentava gli artigiani. Insomma entro le mura vi era un viavai di vita. Un vivaio di relazioni che tenevano insieme lo spirito comunitario. Qui era possibile vivere un bel momento di socialità grazie agli incontri e a quanto di meglio assicurava la vita tradizionale. In questo spaccato d’antico, tra la torre, la chiesa di San Giovanni Battista e il Palazzo Marchesale di Bartolomeo Rota, grazie al lavoro de La Coccinella, si è ricreato un clima di magia che ha coinvolto grandi, nonni, bambini.
Sui gradini del tempo soddisfatto chi ha raggiunto il paese in questo periodo per ritrovare, negli spazi nascosti, i propri tracciati di vita. La manifestazione è stata presentata da Maria di Rocco che ha spiegato le finalità del progetto “Il Filo della Memoria”, un’iniziativa ancora in corso dopo l’esperienza di ricerca presentata l’anno scorso sui cibi d’una volta. Nei video proiettati accanto al portale feudale, interessanti le storie di ieri su personaggi dal sapore antico. Raccontate con simpatica spontaneità dalla voce delle anziane del luogo. Sulla scena hanno destato curiosità gli indovinelli presentati dai bambini capaci di stabilire un rapporto diretto con il pubblico presente. Hanno suscitato curiosità, infine, le favole dialettali “A atte ze vo maretà” e “U lupe e a volpe” in versione colletortese. Tanti testi ricchi di modi di dire, di parole scomparse, che hanno bisogno, appunto, del filo della memoria, per non cadere nell’oblio.
Luigi Pizzuto