Termoli, Larino e la diocesi: dalla nomina del vescovo Oddo Bernacchia alle proteste

Pagine di storia mar 01 ottobre 2024
Cultura e Società di La Redazione
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Il ritratto di monsignor Oddo Bernacchia di Pietro Mastrangelo ©Termolionline
Il ritratto di monsignor Oddo Bernacchia di Pietro Mastrangelo ©Termolionline

TERMOLI-LARINO. Il 24 giugno del 1924 monsignor Oddo Bernacchia, del clero di Fano, venne nominato Vescovo di Larino. Con una comunicazione fatta al Comune ed alla Sottoprefettura di Larino, la Procura Generale del Re presso la Corte d’Appello di Napoli rese noto che, con “sovrano decreto” del 18 settembre successivo, mons. Bernacchia era stato riconosciuto Vescovo della città frentana. Di conseguenza, solo pochi giorni dopo e precisamente il primo ottobre, la Santa Sede fu in grado di emettere l’apposta Bolla.

L’imponente cerimonia di consacrazione avvenne nel duomo di Fano il 5 ottobre alla presenza di una nutrita delegazione della diocesi di Larino. Con una circolare diramata qualche giorno prima, il 29 settembre, mons. Geremia Pascucci, Vescovo di Trivento e, dal 30 maggio precedente, Amministratore Apostolico della circoscrizione frentana, dispose che dalle 11 alle 11,30 di quel giorno (5 ottobre) le campane di tutte le chiese della diocesi di Larino suonassero a festa e che nella cattedrale e nelle altre chiese parrocchiali, venisse cantato un solenne “Te Deum” di ringraziamento.

A seguito della vacanza creatasi nella diocesi di Termoli per il decesso di mons. Rocco Caliandro (marzo 1924), la Santa Sede sceglieva anche per quella sede residenziale mons. Bernacchia. La notizia non venne accolta favorevolmente a Termoli dove si costituì subito un Comitato “pro diocesi” presieduto dal Sindaco Gennaro Petti. Furono affissi pubblici manifesti per informare i cittadini del fatto e contemporaneamente interessato, tra gli altri, il Deputato di Guglionesi Mario Carusi, Sottosegretario di Stato per le Comunicazioni, per ottenere il suo appoggio. A quest’ultimo venne chiesto di agire presso la Santa Sede perché fosse revocato “l’ingiusto accodamento della cospicua sede vescovile a quella di Larino”.

All’inizio della terza decade di novembre una delegazione del Comitato termolese era pronta per partire alla volta di Roma per chiedere direttamente alle autorità vaticane la nomina di un Presule per la sola sede di Termoli, quando venne messa al corrente da mons. Oronzo Durante, Vescovo di San Severo e da qualche mese Amministratore Apostolico della città adriatica, che l’unione personale delle due diocesi era già un fatto compiuto. Era stata, infatti, pubblicata negli “Acta Apostolicae Sedis” (Bollettino ufficiale vaticano) dove si notava che il Vescovo di Larino mons. Bernacchia da allora in poi doveva appellarsi “Vescovo di Termoli e Larino” (tale dizione, come si vedrà, scaturì da un “errore materiale” e fu subito corretta in quella esatta di “Vescovo di Larino e Termoli”).

Il Comitato rinviò la partenza per la capitale tuttavia, con una lunga e dettagliata supplica del 25 novembre, pubblicata in un opuscolo a stampa col il titolo “Per la conservazione integrale della Sede Vescovile di Termoli”, chiese alla Sacra Congregazione Concistoriale la revoca del provvedimento. Sempre il 25 novembre il Prefetto di Campobasso Ernesto Emina, inviò alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno la seguente nota: “Il Sottoprefetto di Larino m’informa che ieri a Termoli circa 500 persone formarono corteo per protestare contro la soppressione di quella sede vescovile. La dimostrazione fu sciolta ed i promotori denunciati all’autorità giudiziaria. Nel riferire quanto sopra, prego compiacersi far conoscere se il provvedimento del quale la popolazione si duole sussiste, nel qual caso sarebbe stato utile ed opportuno, nei riguardi delle attribuzioni a me affidate e delle prevedibili ripercussioni del provvedimento stesso, di averne tempestivo avviso, anche per le necessarie disposizioni in riguardo alla tutela dell’ordine pubblico”. Il 4 dicembre il Ministero dell’Interno ne informò quello della Giustizia e degli Affari di Culto, chiedendo a quest’ultimo di essere messo in grado di corrispondere alla richiesta giunta dal capoluogo molisano.

Intanto la Congregazione Concistoriale, a mezzo del Cardinale Gaetano De Lai, con nota del 30 dicembre, in risposta alla supplica del 25 novembre precedente, spiegò che “l’unico provvedimento adottato per altissime ragioni di ordine e disciplina ecclesiastica” fu “quello dell’unione delle diocesi nella persona di un medesimo Vescovo”. Anche mons. Bernacchia, pregato dal Comitato ad esprimersi in proposito, scriveva: “…non vedo la ragione di un’inquietudine eccessiva per un atto della Santa Sede, per il quale il Vescovo di Termoli è anche Vescovo di Larino. Anzi io trovo che […] ha avuto tanta delicatezza e tanta stima per codesta illustre sede, da dare al Vescovo la preferenza nel titolo di Vescovo di Termoli e Larino” (anche mons. Bernacchia, il 25 novembre, giorno in cui scrisse la lettera, ignorava che solo per errore nel Bollettino vaticano era stato denominato “Vescovo di Termoli e Larino” e non viceversa.

Difronte a tali rassicuranti notizie, il Comitato decise di desistere da ogni ulteriore agitazione, rassegnandosi alle superiori disposizioni. Ritenne, però, di chiedere, nel gennaio del 1925, alla competente Congregazione vaticana la residenza del Vescovo stabile “o almeno per la maggior parte dell’anno” a Termoli.

Pochi giorni dopo si venne a sapere che la dicitura esatta del titolo del nuovo Vescovo era “di Larino e Termoli” e non il contrario. “Per quali imperscrutabili misteriose ragioni”, si chiese allora il Comitato, “era avvenuto il fatto unico, inconcepibile, di potersi intestare la Bolla con una dizione diametralmente opposta al contesto dell’Acta […]?”. Il popolo di Termoli, pertanto, “insorse come in un sol uomo innanzi alla menomazione della sua Sede Vescovile”.

Il Comitato inviò subito una delegazione a Roma che fu ricevuta dal Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Gasparri, al quale venne presentato un ricorso diretto al Papa Pio XI. In seguito, il Cardinale Gaetano De Lai, informato di tutto per competenza, ribadì al Comitato termolese che, se in tutti i documenti ufficiali Larino era nominata prima di Termoli, ciò dipendeva dal fatto che a quella sede mons. Bernacchia fu designato prima.

Per la soluzione del delicato problema si registrarono numerose azioni ministeriali. Anche il nuovo Prefetto di Campobasso Giuseppe Siragusa ritenne necessario intervenire presso il Ministero dell’Interno, con una lunga nota del 3 marzo 1925 da cui si rileva che il Sottoprefetto di Larino Luciano Di Castri, incaricato per la tutela dell’ordine pubblico a Termoli, fu costretto ad impedire, per la domenica precedente, un pubblico comizio di protesta. Nello stesso giorno, però, si tenne una riunione presieduta dal Sindaco Petti a cui parteciparono i “maggiorenti del paese, per discutere i mezzi più opportuni onde ottenere la revoca o quanto meno la modifica del provvedimento della S. Sede” dalla quale scaturì un dettagliato ordine del giorno. Con il documento fu chiesto che la Bolla pontificia con la quale si univano “ad personam” le sedi di Larino e di Termoli fosse modificata nel senso di far precedere il nome della città adriatica a quello di Larino.  

Mentre a Termoli si continuava a chiedere insistentemente la revoca o la modifica delle disposizioni impartite dalla Santa Sede, a Larino si era costituito un “Comitato pro ricevimento del Vescovo”. Il 19 marzo, infatti, mons. Bernacchia fece il suo ingresso solenne nella città frentana accolto da una folla considerevole oltre che dai sindaci, o loro rappresentanti, dei comuni della diocesi con i propri gonfaloni e da altre autorità civili e militari.

Nella città adriatica, invece, venne convocato per il 9 maggio il Consiglio comunale in sessione straordinaria. Il consesso civico ritenne, anche in quell’occasione, che l’unione “ad personam” della loro diocesi a quella di Larino avrebbe implicato sostanzialmente la modificazione degli Enti ed apportato un’evidente “menomazione all’antichissima sede Vescovile”. Dopo aver considerato, quindi, che ciò era “lesivo agl’interessi di Termoli” la cui popolazione era “in viva ed incontenibile agitazione”, fece voti al Ministro Guardasigilli affinché questi non concedesse il civile riconoscimento (“Regio Exequatur”) alla Bolla con cui Bernacchia veniva nominato “Vescovo di Larino e Termoli”. Il Consiglio comunale, sempre all’unanimità, decise anche di affidare “ad un avvocato canonista la difesa della cittadinanza”. Il Comitato termolese, al quale aderì pienamente ed incondizionatamente il Capitolo cattedrale della città adriatica, in conformità a quanto deliberato in Consiglio comunale, presentò un lungo e dettagliato ricorso alla Sacra Romana Rota e per questo affidò l’incarico ad un legale della capitale, l’Avvocato concistoriale Vincenzo Sacconi.

Sul finire della seconda decade di luglio, il Prefetto di Campobasso, preoccupato per le continue inquietudini termolesi, con una ulteriore nota pregò il Ministero dell’Interno di “interessare quello della Giustizia, onde vedere definita una buona volta l’agitazione sorta in detto Comune […] (e) tenuto anche conto che da parte della popolazione di Larino” non era “pervenuta nessuna opposizione, a che la questione” fosse “risoluta nel senso desiderato da quella di Termoli”.

Sul finire di luglio, il Sottosegretario di Stato Mario Carusi, informò il Sindaco Petti sull’opportunità di “tranquillizzare gli animi”, spiegando che non conveniva “cullarsi in troppe speranze nei riguardi di favorevoli risultati in merito alla vertenza giudiziaria presso la magistratura ecclesiastica”.

Mons. Bernacchia, che già svolgeva il suo ministero pastorale nella diocesi di Larino, fu in grado di prendere possesso anche della diocesi di Termoli solo l’8 dicembre successivo. Da Larino, raggiunse in treno la città adriatica dove, nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria, alla presenza del clero e delle autorità locali, indossò i paramenti per la solenne processione d’ingresso.

La lunga contesa continuò, anche se in tono minore, nei mesi successivi e terminò solo nel maggio del 1926. Proprio nel giorno in cui a Larino si concludevano le solenni manifestazioni in onore di San Pardo, Patrono della città e diocesi, presiedute da mons. Bernacchia, l’Avvocato concistoriale Vincenzo Sacconi informava il Sindaco di Termoli Gennaro Petti delle notevoli difficoltà che continuavano a sorgere presso il Tribunale della Sacra Rota, per cui si dovette mettere la parola fine alla lunga e travagliata vertenza.

Fonti archivistiche: Archivio Centrale dello Stato (Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Affari Generali e Riservati); Archivio Storico Comunale di Termoli; Archivio Storico Comunale di Larino; Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino.

Per saperne di più sull’argomento vedere il mio Saggio: “Quando la protesta montava dal mare. Termoli, Larino e la diocesi. Corsi e ricorsi storici”, in “Almanacco del Molise 1989”, Campobasso 1989, vol. I, pp. 285-303.

Giuseppe Mammarella 

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