Dalla ricetta al racconto, "U Sciscille" finalista all'Excellence Food Innovation

La vetrina dom 17 novembre 2024
Cultura e Società di La Redazione
5min
Dalla ricetta al racconto, "U Sciscille" finalista all'Excellence Food Innovation ©Termolionline.it
Dalla ricetta al racconto, "U Sciscille" finalista all'Excellence Food Innovation ©Termolionline.it
La premiazione allo stadio olimpico di Roma di Tiziana Iannantuoni

TERMOLI. Promuovere Termoli, in ogni occasione. Quando viene fatto da una persona che è stata catturata dalla bellezza della nostra città, pur non essendovi originaria, assume un valore doppio.

Ci troviamo, con piacere, a trattare di nuovo delle gesta narrative di Tiziana Iannantuoni, che incontrammo nel borgo antico lo scorso agosto. Scrive, spesso, proprio del paese vecchio, non solo, traendovi spunti e ispirazione.

«Anche a distanza continuo a promuovere Termoli con la mia scrittura: ho partecipato al concorso letterario dell’Associazione Tricolore dal titolo “La cucina della nonna”, sono risultata finalista e il mio racconto “U scicille” è stato pubblicato nella Raccolta presentata ieri, sabato 16 novembre allo stadio olimpico, all’interno della manifestazione Excellence Food Innovation.

La cucina è un’arte sofisticata, ha uno sguardo sia alla tradizione sia all’innovazione. Io ho portato “U scicille” termolese che mi ha insegnato nonna Vittoria, cui dedico questo riconoscimento. Una bella nota distintiva per un territorio che è il mio luogo del cuore. Un saluto al mare, al borgo, al castello!»

Come sottolinea Tiziana, è significativo per la città sapere come il suo nome viene diffuso per bellezza, tradizione, gusto! «Sono felice di essere una portavoce».

L’AUTRICE

Tiziana Iannantuoni - autrice di “Circolo vista mare”- nasce in Svizzera nel 1967, studia e si forma a Roma dove vive e svolge la professione di educatrice d’infanzia. È promotrice di progetti di lettura ad alta voce per le bambine e i bambini. È una lettrice appassionata, si definisce la donna che scrive i racconti dell’anima.

Si sente termolese di adozione: tutte le estati vive a Termoli. S’incanta di fronte alla linea dell’orizzonte che confonde il cielo e il mare, tra i colori accesi dei tramonti, tra gli aliti di vento, anche del garbino, tra i vicoli del borgo vecchio dove abita, ascoltando le storie che le si concedono.

Ha pubblicato quattro Raccolte: Bagliori Suggestioni di bellezza, Apollo Edizioni (2022) e ora ha realizzato “Circolo vista mare” di Cornacchione Editore, ambientata a Termoli: luogo del cuore.

“U SCISCILLE”

Avevo scelto ancora una volta la casa per le vacanze nel vecchio borgo di pescatori sul mare timido, puntellato da uno storico castello, alte mura e un trabucco di legno vivo. Era nato un amore con questo luogo maturato nel tempo, all’inizio era stata una piacevolezza, un’armonia discreta, in seguito era avvenuto l’innamoramento vero, come quando conosci una persona e capisci dal primo sguardo che potrebbe nascere qualcosa ma hai bisogno della frequentazione per scoprire affinità, linee comuni persino discordanze stuzzicanti, così é stato per me questo luogo di vacanza: una relazione costruita, arricchita, curata in singoli dettagli. La casa temporanea per l’estate non doveva soddisfare solo i bisogni primari di una residenza ma garantire un’accoglienza familiare. La casa si era presentata attraverso un incastro di intermediazione: i passi erano stati guidati verso la costruzione bianca con un ballatoio riservato con un tavolinetto tondo e due sedie, un tinello con cucina a vista , una grande camera da letto e un bagno piastrellato di azzurro. Pochi metri quadri, essenziali con le suppellettili necessarie con due punti di forza: una finestra alta che affacciava sul vicolo più bello del borgo e un balcone che permetteva un’immersione totale nel vicolo. Si vedevano i due filari di case, uno che dava direttamente sul mare, uno verso l’interno, alle spalle del duomo imponente di pietra bianca. Il mare entrava come poteva, dalle finestre, dalle porte d’ingresso, dalle viuzze, l’azzurro s’intonava ai fiori colorati dei vasi sospesi e diffusi su tutta la pavimentazione di lastroni di pietra levigata dal tempo. Qua e là mattonelle di ceramica con il nome delle case: una denominazione curiosa che le contraddistingueva le une dalle altre. L’impatto d’insieme di elementi concordanti creava un quadro d’autore senza nome, in mostra fruibile senza bisogno di biglietto d’ingresso.

In queste pennellate di colore c’era qualcosa che solleticava non la mia vista ma l’olfatto: un’aroma di pomodoro fresco in cottura insieme alla nota pungente di peperoni e forse di cipolla, ma non ne ero sicura. Veniva dalla casa più ricca di piante del vicolo: coprivano tutta la facciata, lasciando qualche spiraglio bianco di luce in un verde di intense sfumature. Davanti la porta era seduta una donna di una certa età che mi accoglieva con un bel sorriso di benvenuto. Dopo le presentazioni, i complimenti sulla bellezza delle piante, l’argomento si spostava inevitabilmente al profumo invadente che portava alla bocca un’acquolina insistente. Vittoria, l’istituzione del vicolo, aveva capito la mia curiosità e prendendo fiato cominciava a spiegarmi:- Sto preparando u scicille, una ricetta tipica che si tramanda da generazioni. Ingredienti semplici di una cucina povera di grande gusto: pomodori della nostra terra, cipolla rossa, se possibile quella madre che è più dolce e digeribile, peperoni rossi, gialli e verdi perché ogni colore contribuisce a una nota particolare di gusto al sughetto che deve andare a fuoco lento per molto tempo aggiungendo acqua quanto basta e un pizzico di zucchero per assorbire l’acidità del pomodoro. Questa è la base che deve contenere u scicille. A parte bisogna preparare il composto di mollica di pane, quello di San Michele che è di grano duro cotto a legna, perché la mollica deve essere sostenuta, insieme al pecorino fresco, un po’ di parmigiano, un pizzico di pepe, prezzemolo e uova per legare. L’impasto deve riposare, poi con le mani si fanno delle polpette che si calano nel sughetto. Si fanno cuocere il tempo necessario , si aggiunge basilico fresco e u scicille è pronto.

Vittoria terminava la sua spiegazione come se tutto fosse semplice ma erano quei “quanto basta” che mi lasciavano delle perplessità. Io ero entrata nella mia casa di mare accompagnata da un’aroma antico. Vittoria mi aveva convinto perché alle sue parole era seguito un piattino con quel sughetto speciale con le pallotte di cacio e uova. Mi aveva stupito come con ingredienti di poco conto potesse venire fuori un piatto così gustoso. La mia estate era trascorsa all’insegna del bel mare, il sole, le passeggiate, le chiacchierate con quella che è diventata per me “nonna Vittoria”. Ora sono capace di fare anch’io “u scicille”, ho imparato a cosa corrisponde quel quanto basta, ho riconosciuto le corrette consistenze insieme all’ingrediente segreto: l’amore dei piccoli gesti che custodiscono il passato, le storie di chi è vissuto prima di noi.

Quando vieni nella mia casa, adesso ti posso dire: - U vu assapurà u scicille?

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