La visita del cardinale Pablo Virgilio David a Guardialfiera
GUARDIALFIERA. Quando la sorte cade su luoghi deliziosi, dalla venuta di Leone IX alla visita a Guardialfiera del neo Cardinale Pablo Virgilio David
Confidenze e riflessioni di Vincenzo Di Sabato.
“Per me la sorte è caduta su questo luogo delizioso e la mia eredità è magnifica” (Sal. 15,6). E’ magnifica perché nell’A.D. 1053, proprio su questo luogo, semplice e ridente, si è riaperto il cuore di Dio alla misericordia: l’altro nome dell’anima. Perché, in un capriccioso mese di giugno di quell’anno, Leone IX - giovane e intrepido papa tedesco 53.enne, slanciato, bello, insigne camminatore - ebbe a fermarsi su questo “luogo”. E si arrestò inerme, sfinito. Era stato ignorato rigettato lungo il tragitto, da contee longobarde in reciproche contrapposizioni e rappresaglie. Giunge - proprio quaggiù - nella valle del Biferno. Avanzava con un codazzo di presuli illustri (narra la “Regesta pontiphicum romanorum) e con un drappello di fanti e cavalieri, alla volta di San Paolo Civitade, per stipulare, lì, un patto di reciproca fides con Roberto il Guiscardo, ostile nei confronti dello Stato Pontificio. “Ma il fiume, fin dalle cime del Matese era stracolmo d’acque per lo sciogliersi delle nevi e, anche per un violento nubifragio, tale da somergere il <Ponte di Annibale>, unico a collegare, dall’una all’altra sponda, la strada verso la Daunia”. Così scriveva GianCarlo Bregantini, Arcivescovo Metropolita di Campobasso, nel febbraio 2015.
E il Papa si sente, perciò, ancor più inquieto e avvilito. Sennonché, d’improvviso, intravede sul crinale della collina dirimpetto, un pugno di case. I suoi cavalli scalano pendii scivolosi e raggiungono la Città: è “Guardien” è Guardialfiera! E lì esplode l’istantaneo tripudio. Irrompe la folla; accorre il clero ed anche Adalpherius, Signore di Città. Leone IX – Brunone dei Conti di Dagsburg, a furor di popolo è riproclamato “Vicario di Cristo in terra”. E, seppur miserevole è la condizione delle piccola comunità, essa assicura al Papa i massimi onori. E’ ospitato, rifocillato, riscaldato assieme ai cortigiani, con estrema finezza. Ne è frastornato. E’commosso. Non riesce a sdebitarsi. Ma - si sa - a un certo punto ci pensa lo Spirito; ed ecco che cade una “sorte impensabile su questo luogo delizioso”. Il Pontefice riflette. E, in un gorgo di emozioni si inventa là per là, in piazza e impartisce al popolo e a tutta l’umanità, la prima forma di “Indulgenza Plenaria Perpetua”. Cioè la dissoluzione, per i fedeli, di tutte le colpe, di tutte le condanne scaturite dalle porcherie e dalle malvagità perpetrate dall’uomo durante tutta la sua vita terrena. Niente Purgatorio! Non si tratta, sicché solo di perdono. Si ha a che fare con una “remissione totale”. E’ incredibile! Ci paga tutte le nostre cambiali trascendentali. Nessuna in protesto. E ci spalanca la trasvolata diretta, dalla biasimevole condizione umana al trionfo perfetto del Cielo. E’ il primo Giubileo della Storia. Il Primo!”. E’ la prima “Porta Santa” della cristianità: 251 anni, addirittura, prima di quella largita da Celestino V (molisano) alla Basilica di Collemaggio all’Aquila ed è anteriore di 247 al Grande Giubileo indetto da Bonifacio VIII alla Città di Roma.
Solo da tanto copioso sussidio di cielo posso spiegare a me stesso, il perché Pablo Virgilio David (già Vescovo di Guardia) abbia prescelto questo “luogo delizioso” per officiare, lunedì 9 dicembre, il suo primo Pontificale Solenne da ”Principe della Chiesa”. Forse per invocare con più umiltà da una periferia di mondo, la forza dirompente dello Spirito, quello capace di scardinare la storia dei potenti e prepotenti, di “rovesciarli dai troni ed innalzare gli umili; di ricolmare di beni gli affamati, e rimandare i ricchi a mani vuote” (Lc.1, 52-53). Dai suoi “mari”, dunque, di cui conosce a memoria la mappa del quotidiano piccolo o grande cabotaggio; e da questo nostro “fiume, sino ai confini della terra” (Sal 71,8) il nostro dolce Pablo Virgilio David, rivestito di porpora, si mette in viaggio, pesante di vita nuova, su un cammino di anore a sconfinare, con il cromosoma divino, e a cambiare la faccia del pianto con il sorriso di gioia e recare al genere umano, una pagina di quel Vangelo secondo cui il verbo amare si traduca sempre e dappertutto, con il verbo donare.