Dad, Covid, ordinanze, Regioni e Stato: quando la confusione di poteri e indirizzi regna sovrana
TERMOLI. C’è qualcosa da rivedere nell’assetto di funzioni e poteri. L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 ha messo in evidenza i limiti di una riforma costituzionale, quella del titolo V, che agli sgoccioli della XIII legislatura, quella che si è conclusa nel 2001, prima del secondo Governo Berlusconi. A vararla la maggioranza di centrosinistra che chiuse quel ciclo col Governo Amato, dopo gli esecutivi Prodi e D’Alema (1 e 2). Come sintetizza uno studio dell’Astrid, pubblicato sul sito Bassanini.it, «La riforma del titolo V della Parte II della Costituzione costituisce la più grande riforma costituzionale finora approvata dall’entrata in vigore della Costituzione. Essa trasforma in radice tutto l’assetto del governo territoriale, e sovverte i tradizionali rapporti tra centro e periferia».
Ebbene, come abbiamo avuto modo di vedere in questi quasi due anni, manca poco più di un mese al traguardo biennale dell’epidemia in Italia, il conflitto tra Regioni e Stato centrale, ma anche le autonomie che altri quadri normativi hanno poi concesso, vedi le istituzioni didattiche e scolastiche, non hanno che ingarbugliato non poco la sfera decisionale e il livello di confronto interistituzionale.
Saltiamo a piè pari per il momento il confronto sulla gestione della sanità, dove per molti occorrerebbe tornare al modello del servizio sanitario nazionale centralizzato e non delegato a Regioni e Province autonome, per concentrarci sulla scuola.
Anche l’impatto su questo comparto vitale, ma sempre poco assistito dalle politiche di bilancio nazionali e dagli indirizzi di Governo, il riverbero c’è stato, anche fatta salva l’autonomia, tanto che è dovuta intervenire la Corte costituzionale nel tempo a mettere ordine.
Quanto sta avvenendo in queste ore, con ordinanze dei sindaci che chiudono le scuole in presenza per cercare di contenere la quarta ondata del Covid, contro l’orientamento espresso – politicamente parlando – dal Governo, attraverso decreti, protocolli e circolari, che prediligerebbero invece il rientro in classe, salvo che per i casi previsti, e le Regioni nel mezzo, coi dirigenti scolastici appesi alle asserzioni degli amministratori, rende il quadro dell’estrema frammentazione.
Se riforme istituzionali dovranno esserci, occorre mettere mano anche a questo tipo di conflittualità formali e latenti, sempre nell’auspicio che ci si possa liberare di questa tagliola epidemica quanto prima.