Non insegniamo alle donne a riconoscere le relazioni tossiche, insegniamo ai maschi a essere uomini

La riflessione mer 22 novembre 2023
Editoriale di Alberta Zulli
4min
non insegniamo alle donne a riconoscere le relazioni tossiche, insegniamo agli uomini a essere uomini. ©web
non insegniamo alle donne a riconoscere le relazioni tossiche, insegniamo agli uomini a essere uomini. ©web

TERMOLI. Basta con le giustificazioni. Basta con il “era un bravo ragazzo”. Perché non serve a niente avere una faccia pulita se dentro hai il marcio. 

Basta dire “eh ma quelli con i tatuaggi sono uomini poco seri”. La maggior parte di queste bestie non avevano tatuaggi, avevano tutti la faccia da “bravi ragazzi”, forse babbei che nel mondo, nella società non avrebbero avuto nessun ruolo importante a differenza delle loro ex compagne.

Un raptus. Una lite fra fidanzatini. Una lite finita male. Piantiamola di giustificare l’ingiustificabile. Sono uomini che vogliono prevaricare sull’altra parte, sono uomini piccoli, marci che non sanno accettare un no.

Le azioni che compiono sono razionali, sequenziali, conseguenti, caratterizzate da un’evidente logica di manipolazione e tentativo di farla franca

Basta dire che “dipende tutto dal contesto familiare”. Ogni volta si punta il dito contro le famiglie. Crediamo invece che in queste storie, nella maggior parte dei casi, poi c’è sempre l’eccezione, ci siano 3 soggetti coinvolti: la vittima, la famiglia di quest’ultima e la famiglia dell’aguzzino. Convivere con la vergogna. Con il fallimento di sentirsi genitori di un mostro. Sapendo di averlo cresciuto bene perché era un bravo ragazzo.

Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere.

Serve educazione sessuale e affettiva capillare. Serve insegnare che l’amore non è possesso.

Educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Quella scuola che, ora, viene chiamata in causa ma che viene denigrata da sempre. 

Non basta dire “stiamo lavorando” per questo codice rosso. No. Ma se non se ne parla a scuola, questa scuola tanto gettonata in questo periodo, questo accade, che si parlerà sempre di morti. Donne morte per mano di chi dovrebbe amarle.

Siamo uno dei pochi stati “civilizzati” a non avere l’educazione sessuale a scuola. 

L’11 maggio 2023 gli europarlamentari di Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti al voto per la ratifica della Convenzione di Istanbul, un accordo internazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne, con Alessandra Basso e Susanna Ceccardi (Lega) che hanno votato direttamente contro. 

In Italia l'educazione alla sessualità è da sempre tema di scontro politico, religioso e ideologico. La prima proposta di legge in materia risale al 1975. Da allora se ne sono succedute decine, presentate da parlamentari di diversi orientamenti politici: tutte sfociate in un nulla di fatto.

Porno, musica trap che solo a sentire le prime parole fa venire il voltastomaco. Ragazzi alla mercè di internet e dello schifo che, spesso c’è dietro.

L'89% dei ragazzi e l'84% delle ragazze cerca informazioni legate alla sessualità online. Cercando su internet il rischio è non avere gli strumenti per poter valutare quali sono le fonti attendibili e quali no. C'è poi l'aspetto legato alla pornografia e a tutte le conseguenze che porta con sé: dall'imitazione di pratiche puramente cinematografiche alla reiterazione degli stereotipi. Tra tutti il più pericoloso è quello della donna vista come mero oggetto di piacere, una cosa che ha a che fare anche con le violenze di genere. I giovani che entrano in contatto con il mondo della pornografia, senza aver ricevuto un sistema educativo adeguato, possono prendere per vero tutto ciò che accade sullo schermo. 

Body-shaming, cat-calling, commenti tra amici. 

Noi non siamo roba vostra. E soprattutto non siamo roba. Siamo donne. E sì, a volte, possiamo essere anche superiori a voi. Emergere più di voi. E voi non avete nessun diritto di tarparci le ali, tapparci la bocca e usarci a vostro piacimento.

Se una cosa è no, dovete rassegnarvi.

L’epoca del padre-padrone, nel 2023, non dovrebbe proprio più esistere. E invece continua. Perché viviamo in un mondo dove la donna è paragonata all’ultima ruota del carro.

Dove chi deve proteggerti è il primo a “lasciar correre” perché “sei sicura che non sia colpa tua? Avevi bevuto quella sera? Avevi la minigonna?”.

E anche se avessi bevuto e avessi avuto una minigonna? Perché ledere la mia libertà? Che diritti avete voi di dirmi queste cose? 

“Te la sei cercata”. NO! Tu ti tieni tutte le tue parti del corpo ben nascoste, mani in tasca. 

Io devo essere e sentirmi libera di fare ciò che voglio e tu non sei nessuno per dirmi il contrario. 

Tu non sei nessuno.

Non servono slogan, non servono minuti di silenzio, non servono flash-mob il 25 novembre, se non cambia qualcosa. 

La certezza della pena. Una persona che ammazza un’altra non può avere permessi premio. Una persona che ammazza una donna non può essere dichiarata incapace d’intendere e di volere. No.

Perché l’ha premeditato. Perché lo ha fatto consapevole di quello che stava compiendo. Perché è scappato.

Il papà di Filippo Turetta ha dichiarato, dopo la morte di Giulia e dopo il ritrovamento del figlio che “speravo finisse in un altro modo” e noi donne, tutte lo abbiamo pensato, che quel padre avesse voluto dire “speravo fosse morto”. 

Ma il codardo è riuscito a spezzare solo la vita di Giulia, la sua no.

Perché è più semplice “distruggere l’altra persona” e non sé stesso. 

Quel bravo ragazzo è soltanto l’ennesima bestia di una società machista, mascolina e patriarcale.

Allora no, non insegniamo alle donne a riconoscere le relazioni tossiche, insegniamo agli uomini a essere uomini.

E se non vi va bene questo, fate la vostra valigetta e sparite.

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