Jannik e Matteo: l'altra Italia che incanta (a dispetto del calcio) sul centrale di Wimbledon

Gemelli diversi gio 04 luglio 2024
Editoriale di Emanuele Bracone
2min
Jannik Sinner e Matteo Berrettini ©https://www.facebook.com/groups/242498974395017
Jannik Sinner e Matteo Berrettini ©https://www.facebook.com/groups/242498974395017

TERMOLI. L’altra Italia, quando lo sport eccelle, funziona e viene esportato come modello di riferimento.

Una volta i trionfi calcistici coprivano nel mainstream le lacune delle discipline dove meno eravamo competitivi, soprattutto negli sport individuali, legati alle imprese di pochi singoli, piuttosto che a un sistema di successo.

Il tennis era proprio il rovescio della medaglia, con anni bui in serie C nella Davis e persino anni con un solo giocatore a lambire la top 100.

Oggi, c’è un effluvio di giocatori, 10 nella top hundred e tanti altri che scalpitano dietro.

Il traguardo del terzo turno di uno Slam era considerato utopistico, oggi lo mordiamo a grappoli di giocatori: grinta, tenacia, tecnica, motivazioni.

Tutto quello che è mancato alla laconica nazionale di Luciano Spalletti.

Il campo centrale di Wimbledon, il Wembley del calcio, per intenderci (ma forse ancora più significativo ed esclusivo) si è inchinato ieri – nel rigoroso spirito British – al derby azzurro tra il numero uno al mondo (fatichiamo ancora a realizzare, quando lo scriviamo) Jannik Sinner e l’ex finalista Matteo Berrettini, che un sorteggio crudele ha proposto al secondo turno, avrebbe potuto essere almeno una semifinale.

Uno spettacolo di livello assoluto e sfidiamo chiunque a immaginarlo solo 5 anni fa, su una superficie invisa alla tradizione italiana nella disciplina.

Ma non ci sono soltanto loro, se Lorenzo Sonego ancora non vede i frutti del cambio di guida tecnica, dopo l’addio a Gipo Arbino, lui che sui prati è capace di ottime prestazioni, ci sono i Cobolli, i Musetti, i Darderi.

Più benzina nelle gambe e allora anche gli Arnaldi e i Bellucci riuscirebbero a vincere i match sulla lunga distanza. Che di Fognini, talento assoluto, che avrebbe potuto fare molto di più. Luca Nardi è ancora imbrigliato nel post Djokovic, dopo aver sconfitto l’ex capolista del ranking ha più perso che vinto. Ma stiamo parlando di una vera e propria armata.

Tutto questo, con punte altissime di rendimento, che hanno fruttato il primato Atp, la Coppa Davis (e potevano essere due, visti gli infortuni del 2022) uno Slam, finale, semifinali e quarti come mai prima.

Insomma, tutto quello a cui il derelitto calcio dovrebbe guardare, anche nello spirito fiero ma pieno di amicizia visto ieri sera sul Centre Court.

Non è la prima volta che sconfiniamo nel tennis, sarà un po’ per la passione innata, ma è indubbio che una scalata così repentina in uno sport dalla estrema competitività è una storia da raccontare (e gustare), come peraltro sta avvenendo in atletica e nuoto.

Non solo maschi, ovviamente, perché c’è una Jasmine Paolini in grande spolvero nel singolo, come nel doppio con la stoica Sara Errani, una rampante Cocciaretto e altre giovani da proporre, magari recuperando quella Martina Trevisan che si è smarrita. 

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