Il Trio Metamorphosi mescola le arti con "Beethoven in Vermont"
TERMOLI. Le arti si mescolano di continuo, aggiungendo dettagli e sfumature a storie belle da raccontare. Come in Beethoven in Vermont, spettacolo musicale che si fonde col teatro, che domenica 5 novembre ha portato in scena sul palco del S. Antonio di Termoli un messaggio importante: l’arte, in tutte le sue forme, è lo strumento che permette di appianare le divergenze, accorciare le distanze, creare nuovi legami e punti di partenza per ricostruire.
La storia è quella di tre musicisti, i fratelli Adolf e Hermann Busch insieme all’amico Rudolf Serkin, esuli dalla Germania nazista, che nell’estate del 1951, con le ferite della guerra ancora aperte, stanno approntando la scaletta musicale per l’inaugurazione del Marlboro Festival. Il festival prende il nome dalla cittadina che lo ospita e venne fondato sul sito di un vecchio caseificio, che era divenuto da poco il campus del Marlboro College: ancora oggi, dopo 72 anni, è il punto di riferimento per giovani musicisti che in quel luogo si formano con eminenti maestri da tutto il mondo. I tre, nel capannone intenti a fare le prove, discutono animatamente sul compositore da scegliere, alle cui musiche affidare il loro messaggio di pace e rifiuto di ogni regime autoritario: per quel primo concerto di una formidabile serie che da allora non si è mai interrotta, si troveranno infine d’accordo su Beethoven, la cui musica rappresenta per loro proprio dialogo e fratellanza tra i popoli.
Quest’avventura musicale è stata magistralmente ricostruita dal Trio Metamorphosi, composto da Mauro Lo Guercio (violino), Francesco Pepicelli (violoncello) e Angelo Pepicelli (pianoforte), interpreti beethoveniani di grande calibro: tra le altre, hanno inciso per DECCA l’integrale beethoveniana dei trii per pianoforte (prima incisione di un trio italiano in tutta la storia dell’etichetta), seguiti nel 2020 dal terzo volume e nel 2021 dall’ultimo capitolo del progetto. Uno spettacolo messo in scena grazie alla penna della regista e autrice Maria Letizia Compatangelo, che ha scritto e pubblicato numerose commedie rappresentate in Italia e all’estero e i suoi testi sono stati prodotti, tra gli altri, dai Teatri Stabili di Parma, Roma, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo.
Gli artisti sono stati bravissimi nel tenere la scena, come attori ma soprattutto come musicisti: di Beethoven hanno eseguito brani dal Trio in re maggiore op. 70 n. 1 “Spettri”, dal Trio in sol maggiore op.1 n. 2, dal Trio in mi bemolle maggiore op. 70 n. 2 e dal Trio in si bemolle maggiore op. 97 “L’Arciduca”, un insieme di opere di primissimo piano e di sofisticata esecuzione, accompagnate dalla voce morbida e chiara dell’autrice.
Una storia dal respiro d’altri tempi che tuttavia suona attualissima, e di cui il pubblico ha apprezzato con trasporto ogni sfumatura.